La Valtellina è una valle bizzarra. Intanto perché, al contrario della maggior parte delle vallate alpine, non corre dalle cime verso la pianura, cioè in direzione Nord-Sud, ma parallelamente alle catene montuose, in direzione Ovest-Est.
Questa curiosità orografica fa sì che i due versanti della valle siano assolutamente differenti: esposto al sole quello che sale verso le Alpi Retiche e che divide il corso dell’Adda dai Grigioni svizzeri; in ombra per buona parte dell’anno quello adagiato sulle Orobie, confine naturale con le province di Lecco, Bergamo e Brescia.
Ma sole e ombra giocano subito a rimpiattino non appena si lascia il fondovalle e si sale di quota, verso le località turistiche, gli alpeggi, i rifugi e le vette.
Altra caratteristica della valle è l’ostinazione della sua gente. Abituata a misurarsi con la montagna, che non regala niente e con una terra che va conquistata metro a metro.
I terrazzamenti sui quali da secoli si coltivano, con amore e sudore, i vini che hanno reso famose in mezzo mondo queste zone, sono il miglior esempio della caparbietà degli abitanti.
Ogni zona di produzione ha una sua specificità, così che l’unico vitigno, il “nebbiolo” o “chiavennasca”, si moltiplica in mille sfumature e caratteristiche dando origine a Sassella, Inferno e Grumello.
Come il vino, anche il golf in Valtellina ha i suoi “cru”, con caratteristiche peculiari e diverse le une dalle altre.
Il Golf Club Livigno, ad esempio, rispecchia esattamente l’inventiva dei livignaschi che nei secoli hanno sempre dovuto escogitare qualcosa che non li tenesse lontani dall’Italia e dalla Svizzera.
Il “Piccolo Tibet”, come lo chiamano gli “aficionandos” è sì territorio italiano, ma al di là dello spartiacque. Il torrente Aqua Granda, che lo attraversa, passato il confine si chiama Spöl, finisce nell’Inn e poi nel Danubio.
Per convincere i turisti italiani e svizzeri a salire ai 1.800 metri di quota del paesino, da sempre i livignaschi sono costretti a inventarsi qualcosa di nuovo.
A parte i vantaggi della zona franca (benzina 1,057 euro al litro, gasolio 0,941; liquori, profumi, tabacchi ed elettronica a prezzi depurati dalle tasse e dall’Iva), Livigno è sempre stata all’avanguardia nelle proposte di vacanze sportive.
Lo sci, il fondo, la mountain bike, le escursioni a cavallo qui sono di casa. Il golf, dopo l’apparizione di un campo pratica, si era un po’ arenato.
Ci hanno pensato gli entusiasti animatori del locale golf club a rianimarlo utilizzando, come al solito, la fantasia. Su uno dei prati che costeggia l’abitato è stata realizzata la “Training Area”.
Ci trovano posto il driving range con il pro Jorge Daniel Tudino a dispensare consigli e lezioni, bunker e green di pratica per approcci e putt.
E poi un percorso “bonsai” con tre green sintetici, ognuno con tre partenze diverse per distanza e inclinazione del colpo.
Morale: nove par 3 per un totale di 600 metri che a prima vista sembrano una sciocchezzuola, ma che mettono a dura prova precisione e colpo d’occhio.
I green poi, sono impressionanti per velocità e pendenze. Chi imbuca qui, sul gioco corto è a posto per la vita.
A Bormio il golf di montagna si svela nella sua forma più completa. Per lo scenario, con le vette e le piste di Coppa del Mondo a fare da contorno al verde curatissimo del percorso.
Per la manutenzione impeccabile delle nove buche del tracciato (sei par 4 e tre par 3) disegnato dall’architetto Mario Verderi di St. Moritz.
Per la conformazione del terreno che costringe spesso a fare i conti con fairway in contropendenza, a ragionare sulla tattica, a misurare ogni colpo.
I green, perfetti, nascondono pendenze insidiose che occorre leggere con attenzione prima di avventurarsi in putt maldestri.
Anche qui la struttura – sulla quale sovraintende con professionalità il direttore Luca Caspani – è completata dal campo pratica con 11 postazioni coperte (pure qui è Jorge Daniel Tudino il nume tutelare per imparare o affinare lo swing), putting green e pitching green.
La chicca è poi rappresentata dal Ristorante Buca 19, uno chalet realizzato una quindicina di anni fa accanto alla club house, dove lo chef Pierino Canclini riesce a far dimenticare con i suoi piatti anche fuori limite devastanti e rattoni ingloriosi.
Nel fondovalle, a Caiolo, dove i grappoli di nebbiolo maturano al sole, il Valtellina Golf Club fa da raccordo perfetto tra i campi di montagna e quelli di pianura.
Dei primi ha l’aria fresca che arriva dalle vette e dal lago, dei secondi la dolcezza delle pendenze e gli spazi.
Siamo alle porte di Sondrio, nella piana che costeggia l’aeroclub. Una posizione baricentrica rispetto a tutti i centri turistici della valle e quindi raggiungibile con facilità.
Il panorama rischia di far scaricare le batterie del cellulare a furia di foto: da una parte il Disgrazia, dall’altra l’Adamello.
E in mezzo i boschi dei due versanti della valle che ogni giorno svelano nuove tonalità di verde.
Le 18 buche lambite dall’Adda sono un gioiellino di 6.171 metri par 71 (quattro par 5, nove par 4 e cinque par 3), disegnate da Fulvio Bani e Fernando Grattirola che hanno ampliato il precedente percorso a 9 buche rendendolo armonico e interessante.
Tutte le bandiere richiedono una buona precisione, alcune anche una discreta lunghezza per conquistare il par.
Nessuna è banale e ognuna è diversa dalle altre.
Un campo completo, insomma, con fairway curati e green all’altezza dei migliori campi di pianura. In clubhouse regna Eleonora Carollo, appassionata, sorridente e competente direttrice del percorso.
Al ristorante Corrado Carnazzola dallo scorso mese di marzo allevia a mezzogiorno e cena con le sue specialità l’appetito dei giocatori.
Ovviamente fanno da contorno il campo pratica coordinato da Marco Guerisoli con cinque postazioni coperte e dieci scoperte, zone per il gioco corto, putting green e bunker di pratica.
Semplici, ma ampi e funzionali, gli spogliatoi.