È raro trovare qualcuno che dopo aver visitato la città di San Francisco non se ne sia innamorato almeno un po’.
La baia su cui si affaccia è così grande che talvolta è difficile scorgerne la riva opposta e il suo “Gate”, il cancello che si apre alle rotte transoceaniche, era considerato uno dei più maestosi spettacoli naturali della costa occidentale d’America.
E questo ben prima che fosse costruito il suo famoso ponte, il Golden Gate per l’appunto.
I due bellissimi promontori che lo creano offrono un panorama unico al mondo, ma da ogni quartiere si possono rivolgere magnifici sguardi sulla città, la baia o il Pacifico.
Oppure la si ama per la sua atmosfera così unica. Benché la sua popolazione non arrivi al milione di abitanti la sua vita, così cosmopolita, tollerante, inclusiva, multietnica, sempre all’avanguardia nella scienza e nell’arte è l’espressione attuale di un possibile mondo del futuro a misura d’uomo.
È inoltre una delle poche città americane che è preferibile visitare a piedi perché, anche se ha continuato a crescere, lo ha fatto soprattutto in altezza.
Poiché la sua natura è sempre in divenire, la sua stessa skyline è uno spettacolo in continuo mutamento. Ogni volta che vi si ritorna è sempre un po’ diversa, sia che la si veda dal battello che fa il tour della baia, sia che la si ammiri da uno dei lounge bar e ristoranti che occupano gli ultimi piani dei numerosi grattacieli svettanti intorno a Union Square, il cuore della città.
Dal punto di vista golfistico sono invece i suoi immensi parchi ad attirare la nostra attenzione.
I due principali sono quello del Presidio, una base militare diventata Parco Nazionale e completamente riconvertita all’utilizzo pubblico, e l’immensa distesa di verde intorno al Lake Merced, che ospita diversi campi da golf.
Due di essi sono “public course”, ma occorre sottolineare che sette dei primi dieci centri urbani con il reddito pro capite più alto della California si situano tutti intorno a questa parte della baia, San Francisco inclusa.
Questi pay and play sono perciò dei meravigliosi parkland con fairway perfetti e green impeccabili, incastonati come gioielli all’interno del tessuto urbano.
E davvero non possono mancare nell’esperienza di qualsiasi golfista che giunga fin qui.
La sede del pga Championship 2020?
Il primo in assoluto è lo Harding Park Golf Course (6.259 metri par 72). Il fatto che quest’anno potrebbe ospitare un major è di per sé indicativo della sua eccellente qualità.
L’appuntamento con il PGA Championship era fissato dal 14 al 17 maggio, ma come ben sappiamo è stato posticipato a causa della pandemia del COVID-19.
Se si riuscirà a recuperarlo secondo l’attuale calendario, dovrebbe tenersi dal 6 al 9 di agosto, ma forse a porte chiuse.
Non è la prima volta che lo Harding Park è in prima linea, poiché già negli anni ’60 ospitò alcuni eventi del Tour.
Più recentemente si sono disputate qui la WGC-American Express Championship, vinta da Tiger Woods nel 2005, la Presidents Cup 2009 (si giocherà nuovamente qui nel 2025) e la Cadillac Match Play 2015 vinta da Rory McIlroy.
Questo percorso che presto compirà il secolo vede il suo perimetro a triangolo incunearsi nello specchio del Lake Merced.
Il terreno è leggermente ondulato, con i fairway divisi da quinte di eucalipti e cipressi californiani. Deve il suo nome al 29° Presidente degli Stati Uniti, molto appassionato di golf, Warren G. Harding, e venne aperto nel 1925 su disegno di William Watson e Sam Whiting, due nomi che si associano alla Golden Age dell’architettura del golf.
Le linee di tiro piuttosto strette e i green piccoli e veloci ci accompagnano lungo tutto il percorso.
Ma se le prime due buche lasciano il tempo per scaldarsi, la quattro (530 metri par 5) già non concede più distrazioni con il suo dogleg posizionato a un terzo della lunghezza.
Tuttavia sono le nove di ritorno a costituire la parte più affascinante e soprattutto dal green della 13 (370 metri par 4) fino alla 17 (160 metri par 3), stretti tra i cipressi di Monterey a destra e la riva del Lake Merced a sinistra.
L’ultima infine (402 metri par 4), come non succede di frequente, è la signature hole con uno spettacolare arrivo al green proprio davanti alla clubhouse. Il tee invita malignamente a tagliare sull’acqua per accorciare la mezzaluna del suo tracciato presagendo un facile birdie.
Rischiosissimo a dire il vero, perché i numerosi bunker disposti lungo le diverse opzioni di tiro, il fairway in pendenza verso il lago e un lungo approccio a un difficile green, lo rendono un’impresa molto difficile.
Al cospetto del Golden Gate
Il Presidio è uno dei luoghi più iconici di San Francisco, un parco vastissimo che si trova all’estremo nord della città.
La zona è quella del promontorio che chiude a sud la baia e sul quale si trova uno dei piloni dell’iconico Golden Gate.
È interamente ricoperto di eucalipti e pini di Monterey secolari e si affaccia sulla baia ad est e sull’oceano ad ovest.
Qui si gioca a golf dal 1895 e quando l’attuale Presidio Golf Course (5.580 metri par 72) ha aperto i battenti nel ’95 ne ha sostanzialmente mantenuto il tracciato originale di Herbert Fowler del 1921.
Solo i bunker hanno subito un totale restyling da parte della Suny Zokol e in molti casi dallo stesso course superintendent Brian Nettz.
Si tratta di un percorso con notevoli dislivelli che si dipana tra lunghe e magnifiche quinte di alberi secolari.
Ma sono proprio i bunker, dai margini estremamente irregolari, a dare il nerbo del gioco e a imporre scelte difficili e coraggiose.
Tanto per dare un’idea, all’interno dei più grandi troviamo larghe isole di rough. La clubhouse ci accoglie infine con la sua preziosa boiserie, il caminetto in pietra e le immense vetrate, che incorniciano un vero capolavoro di architettura verde realizzato intorno ai tee di partenza e ai green d’arrivo.
Benvenuto, straniero!
Tornando nuovamente sulle rive del Merced Lake troviamo il Lake Merced Golf Club (6.090 metri par 72).
Pur essendo un Circolo di lunga tradizione e dalla vita sociale intensa, offre ai giocatori overseas un’accoglienza decisamente amichevole.
Anche quest’ultimo si avvicina al secolo di attività e già nel 1923, quando venne disegnato da Willie Lock sulle dune costiere ad ovest della città, fu considerato uno dei migliori di tutta la California del nord.
Nel 1929 l’architetto dell’Augusta National, Alister MacKenzie, ne ridisegnò i bunker e le aree intorno ai green.
Fu qui che nel 1990 Tiger Woods, ancora junior, debuttò nell’USGA Championship.
Più recentemente Rees Jones, nel 1996 prima e nel 2014 poi, ha attuato gli ultimi aggiornamenti aggiungendo back tee e elevando il contenuto tecnico del campo, che ora ha uno slope rating di 131.
Qui si torna a giocare su dislivelli impegnativi e i green ben difesi non perdonano tiri malaccorti poiché non c’è quasi differenza di taglio tra fairway e green.
La storia del Merced è sintetizzata dalla 7 (handicap 1) che prende il nome proprio da Alister MacKenzie.
Oggi è un lungo par 4 di 466 metri, che rispetta ancora il tracciato del vecchio percorso ma piega da destra a sinistra, per terminare su un green suddiviso in tre aree, contornato da insidiosi e profondi bunker.