Giocare su di un campo disegnato da Donald Ross è un’occasione che non si può dimenticare e la Donald Ross Experience può diventare un viaggio che rimarrà per sempre tra i più bei momenti passati insieme alla propria sacca da golf.

L’esperienza è in realtà un circuito di club i cui campi sono stati disegnati da quel geniale architetto scozzese che nel 1899 si trasferì in North Carolina, uno degli Stati del Sud, dove gli inverni sono brevi, le primavere miti e la calda ospitalità della sua gente non è solo un modo di dire ma di vivere.

Dei 400 campi che disegnò nella sua lunga carriera, 40 si trovano in questo Stato che si affaccia sull’oceano Atlantico e si incunea tra la Virginia, il Tennessee, la Georgia e il South Carolina.

All’epoca non esisteva nemmeno il concetto di signature hole, anche si può dire che il percorso numero 2 di Pinehurst sia il suo massimo capolavoro.

Ma al celeberrimo Club, che oggi propone ben nove campi per un totale di 162 (!) buche, con anche altre firme di famosissimi architetti (Jack Nicklaus, George e Tom Fazio, Gil Hanse, Rees Jones), dedicheremo nei prossimi numeri un dettagliato servizio a sé.

Dall’ingresso di Pinehurst basta una decina di minuti per raggiungere il Pine Needles G.C. (5.885 metri par 71), che venne inaugurato nel 1921 dalla leggenda Peggy Kirk Bell e da suo marito Warren.

La loro filosofia era semplice: giocare a golf divertendosi.

Idearono così il programma ancora attuale del Golfari (Golf + Safari), ovvero l’equilibrio tra imparare a giocare a golf e poi rilassarsi in compagnia di amici, vecchi e nuovi.

Così si fanno nuovi amici affrontando insieme le difficoltà e ci si rilassa ammirando la bellezza del luogo in cui si gioca. La 3 (123 metri par 3) è infatti una delle migliori buche di Donald Ross, nessun fairway, un piccolo lago da volare e un green difeso da innumerevoli bunker.

La 18 (371 metri par 4) propone invece un finale di scenografica bellezza con il suo dogleg a sinistra e la splendida vista della clubhouse.

Esattamente di fronte a Pine Needles troviamo il Mid Pines G.C. (5.638 metri par 72) che venne inaugurato nel 1927. Grazie alla fedele ricostruzione di Kyle Franz del 2013, oggi si può giocare esattamente nelle stesse condizioni immaginate da Ross.

Non è un caso quindi che la sua ultima buca (367 metri par 4) sia considerata la più bella e difficile di tutto il South East.

Infine giungiamo al Southern Pines G.C. (5.601 metri par 72), che si trova poco più distante e su di un terreno molto più in rilievo dei due precedenti.

Fu inaugurato nel 1906 e oggi è affascinante affrontare un percorso così bello e ultacentenario. Fairway e clubhouse avrebbero forse bisogno di maggior cura, ma il campo è magnifico come un secolo fa e poi… avreste mai pensato di poter giocare a Pinehurst con tariffe tra i 40 e i 60 dollari?

Poco più di mezz’ora d’auto e da Pinehurst si arriva alla città di Fayetteville.

Durante l’estate i suoi eventi teatrali e musicali offrono un piacevole invito a conoscere meglio questa regione.

Ma se venite fin qui potete anche giocare a golf nella più grande base americana presente sul territorio degli Stati Uniti: Fort Bragg.

La base si estende su 50 chilometri quadrati, ha 40.000 abitanti e ovviamente un percorso disegnato da Donald Ross: lo Stryker Course G.C. (5.830 metri par 72).

I fairway sono piuttosto piatti e i green più accessibili di quelli di Pinehurst, ma portano inequivocabilmente la firma del nostro amabile scozzese.

In cielo, invece dei falchi, volteggiano gli elicotteri d’attacco Apaches e gli enormi Chinook a due rotori, ma la clubhouse è veramente molto friendly.

Nel nostro viaggio verso ovest, verso quei territori solitari e selvaggi delle Blue Ridge Mountains, raggiungiamo Asheville e incontriamo un altro campo molto interessante.

L’Omni Grove Park Inn è da quasi un secolo un buen retiro per VIP di ogni genere, dai grandi campioni di golf come Bobby Jones, Ben Hogan e Jack Nicklaus, a presidenti come Dwight Eisenhower e Barak Obama.

È un parkland di buona fattura (5.536 metri par 72) e piacevole da giocare, i fairway sono abbastanza larghi e nel 2003 è stato restaurato riportandolo al disegno originario con pochi bunker.

Nove buche sono in piano sul fondovalle e nove sul pendio dove si gioca su notevoli dislivelli. Non è troppo difficile per gli uomini e diventa abbastanza facile per le donne.

Pochi chilometri a ovest e si giunge all’ultima meta del viaggio. Il Waynesville Inn Golf Resort & SPA (5.342 metri par 70) ha quasi un secolo di vita e non gli sono mai mancati i riconoscimenti.

Forse rispetto ai precedenti ha un aspetto un po’ rustico ma è doveroso ricordare che ci si trova tra la Blue Ridge Parkaway, che si snoda per centinaia di chilometri sulle creste di queste montagne, e il Great Smoky Mountains National Park.

Le sue 27 buche (di Ross sono solo le prime 9) si sviluppano tra le quinte di pini, abeti rossi e betulle dell’ampio fondovalle, quasi confondendosi con i boschi solitari che si dipanano sul profilo morbido di queste montagne.

In lontananza, non si intravvede più alcun segno della presenza umana ed è un luogo perfetto per vivere emozioni su un campo di golf.

Giocando in un altro mondo.


Cosa vedere nei dintorni.

Nei pressi di Asheville, cittadina nella parte occidentale del North Carolina, si trova una delle dimore più ammirate e ricche d’America, “la Biltmore House”.

È tuttora di proprietà della famiglia Vanderbilt che durante la Gilded Age (circa 1870-1900), periodo di imponente crescita economica, era la più ricca d’America.

E anche oggi è rimasta la più grande “casa” privata degli Stati Uniti.

Situati tra le verdi e più basse propaggini delle Blue Ridge Mountains, i giardini e il palazzo della famiglia Vanderbilt rappresentano il momento più elevato e simbolico di un’epoca in cui non era sufficiente costruirsi una residenza imponente, ma occorreva gareggiare in fasto e magnificenza con la Belle Epoque europea.

L’aspetto dell’edificio principale è la sintesi di alcuni castelli rinascimentali che si affacciano sulla Loira.

Al suo interno si sviluppano ben 250 stanze, di cui 33 per residenti e ospiti, con ben 43 bagni e 65 camini.

È anche molto varia negli stili, dal salone d’entrata che ospita il giardino d’inverno ad alcune stanze in stile Luigi XV, così come la sua biblioteca di oltre 22.000 volumi è sovrastata dall’affresco settecentesco di Giovanni Antonio Pellegrini, preso da Palazzo Pisani Moretta in Venezia.

Intorno la circonda un parco di oltre 3.200 ettari con un giardino all’italiana, un altro all’inglese, uno botanico e poi una grande fattoria con vigneti.

La storica dimora dei Vanderbilt, costruita fra il 1889 e il 1895, richiese il lavoro di oltre 1.000 operai e 60 fra marmisti e scalpellini. La superficie coperta delle stanze è di quasi 16.700 metri quadrati e quella dell’intera proprietà di 510 chilometri quadrati (!).

Se il Biltmore costituisce l’emblema della ricchezza americana di inizio ‘900, tra le Blue Ridge e le Smoky Mountains si sviluppò, quasi nel medesimo periodo, una cultura dei poveri tra i più poveri: il Moonshine, il whisky illegale.

Nel MidWest era normale distillarsi in proprio il whisky ma con l’avvento delle tasse federali questa attività divenne poco o per niente remunerativa.

Fu allora che le distillerie clandestine si rifugiarono tra le immense foreste di queste montagne.

Questa scelta obbligata ebbe due conseguenze: il tasso alcolico del whisky divenne così alto che a confronto le nostre più robuste grappe sembrano degli aperitivi poco alcolici.

In secondo luogo, i guidatori dei veicoli che lo trasportavano divennero abilissimi piloti, pronti a scappare a rotta di collo per stradine non asfaltate, facendo a sportellate con le auto della polizia e sparendo nella notte in un mondo ancora privo di tutte le diavolerie elettroniche di oggi.

Oggi queste scorribande notturne non sono più possibili ma quella filosofia di guida è rimasta nelle competizioni NASCAR che sono nate proprio qui, nel sudovest, e se ne avete vista almeno una in tv potete farvi un’idea edulcorata di cosa succedeva a quei quei tempi del proibizionismo.