Scordatevi l’Algarve, i suoi bellissimi campi e i suoi green fee altrettanto superlativi, e pensate a un altro Portogallo, a scenari diversi ma non meno incantevoli, a destinazioni alternative ma non per questo meno suggestive. Anzi, forse ancor più meritevoli di un viaggio. Quindi allacciate le cinture, chiudete i tavolini, alzate gli schienali e decolliamo alla volta di due posti che un vero turista appassionato di golf non dovrebbe perdersi: Obidos e Madeira.
La prima è una graziosissima cittadina medievale che si staglia su una collina a un centinaio di chilometri a Nord di Lisbona. La seconda è la famosissima isola al largo del Marocco dove è sempre primavera. E se per la capitale del Portogallo i voli diretti dall’Italia non sono né una novità né un problema, da quest’anno anche arrivare a Madeira è diventato facilissimo grazie al volo diretto introdotto da Ryanair da Orio al Serio.
Obidos, con la sua cinta muraria, le sue viuzze lastricate, il suo castello medievale, vi aspetta per farvi fare un tuffo indietro nel tempo. Ma i quattro meravigliosi campi costruiti uno di fianco all’altro proprio a ridosso del mare vi faranno fare un viaggio nel futuro. Si tratta di quattro percorsi di recente costruzione, che in pochi anni hanno conquistato sempre maggiori riconoscimenti e che garantiscono una splendida alternanza di gioco passando da veri e propri links ai più classici dei parkland.
Cominciamo la nostra visita dal campo più sorprendente e spettacolare: West Cliffs.
Aperto al gioco nel 2017, ha subito conquistato il premio come miglior nuovo campo al mondo (World Golf Awards) e nel 2018 è stato insignito dalla rivista Sports Daily come secondo miglior campo del Portogallo. Titoli più che meritati per questo percorso, scolpito nella natura incontaminata da Cythia Dye, nipote del leggendario Pete Dye. “In realtà non ho dovuto cambiare molto – ha dichiarato – perché il campo era già lì, disegnato dalla natura. Io l’ho soltanto assecondata”. La vista spazia dall’Oceano Atlantico alle isole Berlengas alla laguna di Obidos.
Una volta visitata la modernissima club house, scendiamo in campo. Le buche più spettacolari sono forse quelle che vanno dalla 7 alla 11, dove la vista spazia sul maestoso oceano, ma particolarmente suggestive sono anche la 3, un par 4 costeggiato per tutta la sua lunghezza da un lago, la 17 un insidioso par 4 dogleg a destra, e la 18, un lungo par 4 con il green quasi completamente circondato dall’acqua.
Le buche si snodano al fianco di splendide dune sabbiose e vegetazione costiera lasciata scrupolosamente allo stato naturale. E qui viene il bello (o il brutto), perché questi ostacoli naturali sono dei veri “risucchia palline” che non lasciano scampo: prendi i verdissimi e immacolati fairway o puoi dire addio alla tua pallina e vai di provvisoria. Praticamente ogni tee shot di questo campo super tecnico e altamente spettacolare costringe a superare di volo ostacoli più o meno lunghi, per questo diventa imperativo ascoltare con umiltà i consigli dello starter e scegliere il battitore più appropriato. L’arroganza qui non paga, anzi si paga in termine di colpi (e palline) persi.
Non si paga tanto, invece, il green fee che ha costi decisamente più “umani” rispetto ai campi dell’Algarve: per il 2023 si andrà dai 63 euro in su a seconda della stagione ma sono disponibili pacchetti che permettono di giocare anche sul percorso “fratello” di Praia d’El Rey e di soggiornare nello splendido resort della Marriot.
Praia d’El Rey, aperto nel 1997 e disegnato da Cabel B. Robinson, fa parte dello stesso resort e presenta standard qualitativi altrettanto alti ma ha caratteristiche molto diverse. Innanzitutto, è un percorso più “friendly” per il giocatore occasionale perché i suoi ampissimi fairway concedono più margine all’errore e ai recuperi. In secondo luogo, perché, di fatto, sono due campi in uno: a buche in perfetto stile parkland, immerse in una profumatissima pineta marittima, fanno da contrasto altre buche in pieno stile links. Impossibile scegliere, entrambe hanno il loro fascino.
A un drive di distanza da queste due gemme, altri due percorsi appartenenti a resort diversi. Royal Obidos, 18 buche firmate nientemeno che da Severiano Ballesteros. Le prime 9 buche sono rivolte all’interno verso la laguna di Obidos mentre le seconde 9 si affacciano sull’Atlantico offrendo viste mozzafiato. Terreno ondulato ma piuttosto aperto, ostacoli d’acqua e bunker piazzati strategicamente sono le caratteristiche di un campo sfidante ed emozionante. Anche in questo caso una splendida club house ed un hotel a 5 stelle completano l’offerta. Ma non finisce qui, perché questo spicchio di Portogallo offre un quarto campo sempre a pochi passi di distanza. Si tratta di Bom Sucesso, disegnato da Donald Steel e aperto nel 2008. Le prime 9 buche scorrono via abbastanza pianeggianti mentre le seconde 9 sono caratterizzate da salite e discese a volte anche decise. Particolarmente spettacolare l’arrivo sul green della 16, sito nel punto più alto del comprensorio, da dove si gode di una vista impareggiabile.
Dopo quattro giorni passati sulla costa non resta che prendere un volo da Lisbona per completare la settimana sulla meravigliosa isola di Madeira, la perla dell’Atlantico, che ci aspetta con altri due campi (ma è già in fase di avanzata progettazione un terzo, disegnato da Sir Nick Faldo) oltre a quello di Porto Santo, isoletta a due ore di traghetto, disegnato da Severiano Ballesteros.
Forte di una natura incontaminata e di un clima invidiabile, il termometro non scende mai sotto i 18 gradi e non supera che di rado i 30, oltre a numerose escursioni Madeira offre al golfista due sfide interessanti. Cominciamo con Palheiro, un 18 buche disegnato da Cabell Robinson che si snoda all’interno di una tenuta privata. Buche non molto lunghe ma molto tecniche e ondulate sfidano continuamente il giocatore, che a volte avrà a che fare con colpi ciechi e non avrà mai i piedi in piano. Un campo da conoscere e da rispettare per poter avere soddisfazioni anche nello score oltre che dall’esperienza: sì, perché da tutte e 18 le sue buche Palheiro garantisce la vista sul mare e domina dall’alto la capitale Funchal.
Ma l’attrattiva principale non può non essere il campo a 27 buche di Santo da Serra, una meraviglia disegnata da Robert Trent Jones che trasuda storia e fascino. È dal 1930 che questo percorso assai spettacolare, e presentato sempre in condizioni immacolate, ospita tornei internazionali di ogni livello. Qui hanno giocato i più grandi campioni (e campionesse) europei e i loro nomi e foto fanno bella mostra nella piccola ma affascinante club house. Percorso piacevolmente mosso, con fairway e green generosi ma di difficile lettura, Santo da Serra è una pace per gli occhi e una sfida ad imitare i grandi pro con colpi da manuale.