Seppur lavorando nella gestione delle emozioni quotidianamente, posso garantirvi che il nervosismo e l’esaltazione sono comunque presenti durante un torneo.

Questi sentimenti sono uno dei grandi motivi per cui amo competere e mettermi alla prova al livello più alto.

Ma come si riesce a gestire al meglio le proprie emozioni, che si tratti della domenica pomeriggio durante un major o semplicemente di una partita con amici il fine settimana?

Non bisogna diventare dei supereroi e tirare fuori improvvisamente colpi che non si hanno mai realizzato prima di quel momento.

Il vostro obiettivo dovrebbe essere quello di mettervi in condizione di giocare il più vicino possibile al vostro gioco abituale.

Questo è quello che ad esempio ho fatto io nell’ultima fase dell’Open Championship 2018 a Carnoustie, quando ho giocato al fianco di Jordan Spieth.

Ho commesso alcuni errori legati al nervosismo all’inizio di quel giro ma poi, più le buche passavano, mi sono trovato sempre più a mio agio e ho iniziato a infilare importanti birdie che mi hanno portato in testa al fianco di Francesco Molinari.

Ho purtroppo segato bogey alla 17 e ho chiuso secondo dietro a Chicco, che ha vinto il suo primo major meritatamente.

Sotto certi punti di vista questo esempio potrebbe sembrare un fallimento ma per me è stata invece una fantastica esperienza: ho capito di sapere giocare normalmente e senza affanno anche nei momenti cruciali di un torneo.

È chiaramente un processo ancora in corso: quando ero ragazzino avevo la tendenza a stringere molto il grip, con conseguente irrigidimento delle mani e degli avambracci, convinto che in quel modo potessi eseguire un colpo ancora più potente e incisivo del solito.

Ma quando le tue braccia sono tese, il tuo swing non si comporta come al solito.

È come quando giochi in un giorno di pioggia e le tue mani sono un po’ bagnate o il grip è scivoloso: stringi in modo troppo forte il bastone e la testa non viene rilasciata nella maniera corretta.

Blocchi il colpo e termini a destra del fairway con il primo drive, poi nel secondo provi a chiudere il bastone e finisci per fare un grosso gancio a sinistra.

Sul successivo tee sei in preda al panico, perché non sei più sicuro in quale direzione andrà il tuo prossimo drive. Inizi a swingare sulla difensiva, provando a guidare la palla invece di lasciarla partire in modo naturale.

Questo esempio vi fa capire quanto sia importante la pressione sul grip: io ora la controllo prima di ogni tiro, sia nei  colpi pieni che negli approcci e nel gioco corto.

Presto particolare attenzione a come sento il bastone nelle mani e cerco sempre di avere la stessa sensazione naturale di un colpo effettuato durante un giro di prova campo.

Il solo rituale di sentire il grip nelle dita e fare swing morbidi prima del colpo è rilassante.

Mi ricorda anche di tenere la mascella morbida anziché contratta, così come le spalle e il collo, fluidi e flessibili.

Essere più in contatto e consapevoli di ciò che il proprio corpo sta facendo è una strategia diversa rispetto a ciò che si sente da alcuni giocatori o performance coach, che invece sono convinti che “azzerare la mente e ogni pensiero” sia l’obiettivo da raggiungere prima di tirare un colpo decisivo sotto pressione.

Io invece voglio essere consapevole, perché esserlo significa avere maggior controllo delle proprie azioni anziché lasciarti trasportare dagli eventi.

Io ad esempio controllo spesso il polso quando gioco, perché un battito superiore alla media è la prima indicazione che si avverte quando si è sotto pressione.

Quando la tensione inizia a crescere questa si traduce in una frequenza cardiaca più veloce.

Sii consapevole di questo: uno smartwatch o un fitness tracker possono monitorarlo oppure puoi prendere il polso contando i battiti per 15 secondi e moltiplicando per quattro.

Di solito il mio è di circa 100 battiti al minuto quando gioco, ma può salire fino ai 140 nei momenti importanti di un torneo.

Sapere quando il tuo cuore inizia a battere più intensamente significa poter prendere delle contromisure per tenerlo sotto controllo durante il gioco.

Io ci riesco attraverso una tecnica di respirazione particolare che rallenta il battito.

Concentrandomi su come respirare, tengo inoltre la mente occupata, rendendo più difficile soffermarmi su aspetti che farebbero crescere il nervosismo.

Chiunque può respirare meglio ed è qualcosa su cui si può iniziare a lavorare in qualsiasi momento.

Provate a inspirare dal naso per quattro secondi e sentire l’aria che scende verso il plesso solare.

Espira ora attraverso la bocca, assicurandoti di mantenere la mascella rilassata.

L’elemento temporale è fondamentale, perché se inizi a respirare troppo velocemente andrai in iperventilazione, il che aumenterebbe semplicemente il battito cardiaco.

Ogni volta che cammino verso il tee, arrivo sulla palla o inizio la routine per effettuare un colpo durante una buca, uso questa tecnica di respirazione per tenere sotto controllo la frequenza cardiaca.

Proprio come la mia routine pre-colpo, anche quella della respirazione rimane sempre identica, non importa se si tratta di una buca di pratica o di un approccio alla 17esima buca del quarto giro in un torneo in cui sono in testa.

È importante, perché se si cambia atteggiamento nei momenti cruciali rispetto a quelli normali si provoca soltanto un aumento di nervosismo contro producente sotto ogni aspetto, mentale, fisico e di risultato.

Tutti i colpi che tiriamo non sono uguali ovviamente, ma più riesci a gestirli allo stesso modo più sarà la tua azione, e non il tuo livello di stress, a determinare il risultato finale.

Pochi mesi dopo l’Open Championship 2018, chiuso al secondo posto a due colpi da Francesco Molinari, sono tornato in lotta per un altro titolo importante, quello del HSBC Champions in Cina, torneo valido per il World Golf Championships.

La buca 18 del Sheshan Golf Club di Shanghai è consigliabile giocarla in fade, l’opposto della mio colpo abituale in draw, specialmente con il driver, ma questa situazione non mi ha disturbato più di tanto.

Perché?

Avevo provato quel tipo di colpo sia martedì che mercoledì durante i giri di prova prima del torneo.

Volevo essere sicuro di potermi fidare e sentirmi assolutamente a mio agio nel momento in cui mi sarei trovato a giocare quel colpo quando contava davvero in gara.

Nell’ultima buca del torneo ho fatto un ottimo tee shot, tagliandolo l’angolo della buca sul bordo di un pericoloso bunker, per poi segnare un birdie decisivo che mi ha portato al playoff con Tony Finau.

La buca da giocare era ancora una volta la 18, quindi ho dovuto tornare su quel tee e rieffettuare lo stesso delicato colpo in fade di pochi minuti prima.

Ho ricominciato la routine, visualizzando nella mia mente il tee shot perfetto che avevo giocato alla 72esima buca.

Seppur sotto la massima pressione sono riuscito a tirare ancora un fade perfetto e superare il bunker, risultato che mi ha poi permesso di segnare ancora una volta birdie alla 18 e vincere il torneo.

Prova superata.