Fin dalle prime ore del mattino, quella domenica 3 febbraio 2019, a Scottsdale Arizona, grandi nuvole che spaziavano dal grigio scuro fino a minacciose tonalità di viola e nero non lasciavano presagire niente di buono dal punto di vista meteorologico.
L’ultimo giro del Waste Management Phoenix Open, quinta gara giocata con le nuove regole in vigore dal primo gennaio 2019, stava per partire con Ricky Fowler al comando.
Come previsto, la pioggia fece la sua comparsa e iniziò a cadere incessantemente, ma non vi era alcun pericolo di temporale e quindi non c’era motivo di sospendere il gioco che, in ogni caso, scorreva regolarmente coi giocatori, assistiti dai loro capaci caddie, che dovevano asciugare i grip prima di ogni colpo, ripararsi abilmente sotto l’ombrello per non inzupparsi troppo e facendo attenzione a non far bagnare il guanto.
Arrivato alla buca 11, un par 4 di 473 yard, Fowler aveva mancato il green col secondo colpo, dovendo quindi giocare un approccio di recupero cercando di mettere la palla il più vicino possibile all’asta per salvare il par.
La pioggia iniziava a essere insistente e il colpo del talento di Murrieta, California, risultò – per usare un termine mutuato dalla spada (Murrieta è, secondo la leggenda, il personaggio realmente esistito che ispirò la figura di Zorro) – in un “affondo” piuttosto pesante; la palla rimbalzò in green e lo precorse interamente uscendo dalla parte posteriore dove, una ripida discesa, fece rotolare la palla nell’area di penalità appena dietro.
La regola 17.1d(3) consente al giocatore, la cui palla è in un’area di penalità rossa, di droppare, con un colpo di penalità e senza avvicinarsi alla buca, entro due bastoni dal punto in cui la palla ha attraversato per l’ultima volta il bordo dell’area, ed è questa l’opzione che Fowler decise di utilizzare.
Trovandosi in una zona piuttosto scoscesa, la palla, appena droppata, rotolò, senza fermarsi, nuovamente nell’acqua.
La regola 14.3c(2) stabilisce che in questo caso la palla debba essere droppata nuovamente.
La natura del terreno fece rotolare la palla nell’acqua anche dopo il secondo droppaggio; la stessa regola 14.3c(2) ci dice che se una palla, droppata la seconda volta, dovesse uscire dall’area dove ovviare, deve essere piazzata nel punto in cui ha toccato terra la prima volta dopo che è stata droppata la seconda volta.
Fowler così fece e la palla, finalmente ferma sul terreno, tornò a essere in gioco.
Mentre il leader del torneo stava studiando il suo colpo di recupero al green, la palla, senza un apparente motivo, inizio a oscillare e sotto il suo stesso peso, iniziò a muoversi, rotolando inesorabilmente nell’area di penalità, sotto gli occhi attoniti di Fowler e del suo caddie.
La Regola 9.3 ci dice chiaramente che se una palla in gioco si dovesse muovere a causa delle cosiddette “forze naturali” (tra le altre cose, vento, acqua e anche la forza di gravità), a meno che non ci si trovi in green (di questo ne parleremo tra poco) il giocatore deve giocare la palla dalla nuova posizione.
Poiché la palla di Fowler si trovava – in una zona da cui era impossibile giocare – nell’area di penalità, l’unica opzione che restava al giocatore, era quella di procedere nuovamente secondo la Regola 17.1d(3), con un ulteriore colpo di penalità.
L’americano procedette di nuovo secondo la regola dell’area di penalità e, accelerando molto le operazioni per giocare il suo colpo al green, fece approccio e putt, totalizzando 7 colpi, che però non gli impedirono di vincere il torneo con due colpi di vantaggio sul sudafricano Branden Grace.
In green le cose sono invece un po’ diverse. Per spiegare bene la situazione e perché siamo arrivati ad avere la nuova versione delle regole, dobbiamo fare un salto indietro all’Augusta Masters del 2016.
L’americano Billy Horschel arrivò alla buca 15, un insidioso par 5 per la natura del suo green e i venti della Georgia che soffiano inesorabili verso la vicina area di penalità, approcciando molto bene e fermando la palla a pochi metri dall’asta.
Per paura che il vento potesse spingere la palla lontano dalla buca, Horschel fece una corsetta per marcare e alzare la palla, per poi studiare un putt molto importante per la sua classifica (avrebbe puttato per l’eagle).
Ripiazzata la palla al suo posto sul green, i venti di Augusta decisero di entrare in scena, muovendo la palla del giocatore della Florida, spingendola in acqua.
A quel tempo le regole non distinguevano tra green e fuori green; se una palla si fosse mossa a causa del vento, avrebbe dovuto essere giocata dalla nuova posizione. Il risultato fu che Horschel, a pochi metri dall’eagle, si ritrovò a puttare per il bogey.
Quest’episodio fu quello che portò alla modifica delle regole e a redigere, in maniera più “fair” per il giocatore, la Regola 13.1d(2), “Palla mossa in green dalle forze naturali”.
Analogamente a quanto accade fuori dal green, se la palla non è ancora stata marcata, alzata e ripiazzata, se questa dovesse muoversi a causa del vento, acqua o forza di gravità, dovrà essere giocata dalla nuova posizione, ma se invece la palla in green è già stata marcata, alzata e ripiazzata, e una forza naturale la muovesse, il giocatore deve ripiazzare la palla sul punto da cui è stata mossa dal vento, senza penalità; il povero Billy Horschel ha avuto la sfortuna di confrontarsi con questa regola con tre anni di anticipio…
Ricapitolando, se la palla del giocatore che si trova fuori green, dovesse essere mossa da una forza naturale (vento, acqua forza di gravità o senza un apparente motivo), la palla – Regola 9.3 – deve essere giocata dalla nuova posizione.
Se invece la palla del giocatore fosse in green, dipende se la palla era già stata marcata, alzata e ripiazzata; se non lo era ancora, si procede come nella 9.3 (si gioca dalla nuova posizione), se invece il giocatore aveva marcato, alzato e ripiazzato la palla, questa, dopo essere stata mossa da una forza naturale, deve essere ripiazzata, senza penalità, sul punto da cui è stata mossa.
Le situazioni citate sono molto importanti per ricordare quanto sia fondamentale la lealtà del giocatore.
Il golf è uno sport per “gentiluomini” e non esiste che un giocatore provochi un movimento anche minimo della palla senza procedere nel rispetto delle regole in base all’area del campo in cui si trova la palla, attribuendo per esempio il movimento alle forze naturali per evitare un’eventuale penalità.