Alcuni campioni sono destinati a diventare grandi, i loro trionfi non sono sorprendenti ma quasi naturali. Matt Fitzpatrick non è uno di questi… parole sue, non nostre. Vincere lo U.S. Amateur a 18 anni ed entrare a far parte della squadra della Ryder Cup prima dei 22 potrebbe farvi pensare che Fitzpatrick fosse convinto di meritarsi un posto tra i big. In realtà, prima di quest’anno Fitz e il suo allenatore, Mike Walker, sapevano che, nonostante quei risultati e il fatto che ormai fosse stabilmente tra i primi 50 del mondo, il suo gioco non era ancora all’altezza dei migliori in assoluto.
“Ricordo che Matt giocò con Brooks Koepka e Justin Thomas il Masters del 2020 – racconta Walker -. Alla 11 tirò un legno 7 mentre i due americani giocarono dei ferri corti. Fitz non aveva la minima possibilità, dovevamo fare dei passi da gigante se voleva davvero raggiungere il loro livello”.
La natura analitica di Fitzpatrick ha alimentato il suo desiderio di cercare di ottenere il massimo dai suoi 175 centimetri di altezza. “Alcune persone hanno la velocità nel loro DNA, io invece ho dovuto costruirla” ci racconta.
Con questo obiettivo in mente Fitzpatrick iniziò a consultare un coach per lo swing, uno per il putt, un esperto di statistica, un personal trainer, un biomeccanico e un performance coach. Ha iniziato così a registrare ogni colpo eseguito in gara e a studiare attentamente i dati come se fosse un analista finanziario. “Non tralascia nulla pur di trovare quell’1% in più – ci ricorda Walker -, e poi torna in campo pratica e si allena ancora più assiduamente”. Il duro lavoro lo ha finalmente ripagato a giugno, quando al Country Club ha vinto lo U.S. Open, diventando l’unico giocatore insieme a Jack Nicklaus a vincere lo U.S. Amateur e lo U.S. Open nello stesso campo. Nelle pagine seguenti Fitzpatrick ha voluto condividere con noi alcuni passaggi fondamentali del viaggio che ha intrapreso per diventare finalmente un vero top player.
PER AVERE PIÙ POTENZA OTTENETE IL MASSIMO DAL VOSTRO BACKSWING
All’inizio della mia carriera c’erano molte settimane in cui scendevo in campo sapendo che non potevo competere con gli altri perché non tiravo la palla abbastanza lunga. Volevo allungarmi, ovviamente, ma non volevo cambiare radicalmente il mio swing sacrificando la mia precisione. Io e il mio coach abbiamo deciso di consultare l’esperto di biomeccanica Sasho MacKenzie, che ci ha aiutato a elaborare un piano per aumentare gradualmente la mia velocità. Ho anche lavorato con il mio personal trainer, Matt Roberts, per assicurarmi che il mio corpo potesse supportare i cambiamenti. Ha funzionato a meraviglia, ho aggiunto circa 13 chilometri all’ora di velocità alla testa del bastone negli ultimi tre anni, e in media sto facendo 14 metri in più dal tee (277,8 metri di media quest’anno). La sto tirando più lunga di gente che prima la tirava più lunga di me e, vi assicuro, è una bellissima sensazione.
Parte della mia velocità deriva dallo stacco molto veloce. Sì, proprio lo stacco. A voi potrebbero avervi detto che è meglio portare il bastone indietro lentamente ma se rispettate la giusta sequenza staccarlo più velocemente vi farà solo guadagnare maggiore potenza. Non abbiate paura di aggiungere un po’ di velocità al vostro backswing. Il mio stacco quando faccio un drive normale è molto più veloce di quello che si vede di solito sul Tour.
Se voglio dargli davvero forte, quando ad esempio sono a un par 5 largo o ho bisogno di volare un bunker, uso un trucchetto che mi ha insegnato il dottor MacKenzie: sollevo il tallone sinistro da terra nel backswing (foto a destra). Questo mi permette di fare una rotazione più ampia, caricando bene il peso sul piede destro, prima di iniziare a scendere e picchiare la palla.
APPIATTITE IL POLSO PER UN CONTATTO PIÙ PULITO
Alla fine dell’anno scorso abbiamo analizzato le mie statistiche e abbiamo trovato una debolezza evidente nel mio gioco: i colpi al green. Guardate i migliori giocatori nella classifica dei colpi guadagnati con i colpi al green sul PGA Tour: ci sono tutti quelli che sono in cima al World Ranking. Se volevo quindi competere davvero contro di loro allora i miei ferri dovevano migliorare.
Se guardate queste due foto noterete che il mio backswing è cambiato. (Quello nuovo è a destra.) Uno dei problemi più grandi che avevo con i ferri era mantenere il controllo nel downswing. Il punto più basso del mio movimento non era costante e non colpivo la palla in modo pulito.
Mike e io abbiamo deciso di togliere un po’ di azione dei polsi per ottenere una maggiore regolarità. Il mio polso sinistro era un po’ piegato (foto a sinistra) all’apice del back e volevamo metterlo in una posizione molto più neutrale, piatta. Quando ho iniziato a portare il bastone all’apice con il polso sinistro più piatto mi sentivo come se stessi facendo lo swing con le braccia dritte e rigide di Bryson DeChambeau. Ora invece mi sembra di fare uno swing normale e il mio contatto di palla con i ferri è molto migliorato.
Provate a tenere il polso piatto quando andate indietro. Se lo piegate poi dovrete comunque farlo tornare piatto durante il downswing. Questa mossa potrebbe danneggiare la vostra regolarità.
PROVATE A METTERE LA MANO SINISTRA SOTTO PER UN GIOCO CORTO PIÙ ORDINATO
Ho iniziato ad approcciare col grip inverso, o “cack-handed” come diciamo in Inghilterra, solo perché avrebbe dovuto aiutarmi nella pratica, ma ha funzionato talmente bene che ho deciso di usarlo anche in gara. Tenere il bastone con la mano sinistra più in basso rispetto alla destra (foto a sinistra) ha contribuito a eliminare la mia tendenza negli approcci a spingere il manico verso il bersaglio all’impatto, cosa che mi portava ad avere un contatto poco costante. Se si fa la stessa cosa con il grip inverso, usciranno solo shank, top o flappe.
Un’altra cosa che mi piace dell’usare questo grip è che di solito so già cosa farà la palla. Quando impugnavo il bastone col grip normale a volte prendevo la palla con la parte alta della faccia del bastone, quindi spinnava molto, mentre altre volte invece facevo un colpo totalmente privo di spin. Questa differenza era frustrante e mi costava dei colpi. Ho tenuto traccia delle mie prestazioni durante l’allenamento, sia approcciando normalmente che usando il grip inverso, e i risultati sono stati chiarissimi. Ho capito quale dovevo scegliere.
Mi rendo conto che potrebbe volerci un po’ di convinzione e di coraggio per passare a questo modo insolito, ma penso che resterete stupiti da quanto sia efficace per migliorare il contatto di palla. In realtà mi piace così tanto che sto lavorando per estendere questo grip anche a colpi più lontani dalla buca. Mi piacerebbe ad esempio riuscire a usare il grip inverso per i colpi dai 70 metri.
PER CONTROLLARE MEGLIO LA FORZA FATE UN MOVIMENTO RITMATO
Sono sempre stato un bravo puttatore, soprattutto so far partire la palla sulla linea giusta. Ma puttare è molto più di questo. Forse la cosa più importante è controllare la velocità. A volte faccio un movimento veloce quando vado indietro, rallento quando inverto la direzione del movimento e poi accelero di nuovo quando attraverso la palla. Ma non bisogna accelerare in questo ultimo passaggio. La velocità dev’essere costante. Il mio coach sul putt, Phil Kenyon, e io abbiamo lavorato su un esercizio per migliorare il ritmo, che aiuta ad avere un contatto costante. Quello è un pre-requisito per controllare la velocità. Metto un penny sul retro del mio putter (foto in alto) ed eseguo un colpo. Se il penny cade a terra mentre inizio il mio movimento in avanti (foto sopra a sinistra), la mia velocità è costante quando attraverso la palla.
SFIDATE VOI STESSI PER UNA PRATICA MIGLIORE
Non sono uno che si allena solo in campo ma non sono neanche uno che tira centinaia di palle, in modo insensato, in driving range. Sto lavorando con il performance coach Steven Robinson da alcuni anni per imparare a ottenere il massimo dalla mia pratica e identificare i colpi che devo migliore. Steve è bravissimo a rendere le cose divertenti e stimolanti, come fosse un gioco, altrimenti mi annoierei.
Ecco uno dei miei giochi preferiti. Iniziate tirando un colpo che si avvicini il più possibile ai 70 metri ma non meno. Poi colpitene uno che sia il più vicino possibile ai 100, senza andare più lunghi. Poi riprovateci. Supponiamo che il primo colpo sia andato a 74 metri e il secondo a 96, questo significa che l’area di atterraggio è ora ancora più ristretta, tra 74 e 96 metri. L’obiettivo è quello di colpire il maggior numero possibile di colpi finché le distanze non si incontrano nel mezzo. Che si tratti di questo esercizio o di un altro, ad esempio quello di alternare un approccio corto alla bandiera a uno lungo, provate a simulare la reale pressione della gara. Vi sentirete più a vostro agio quando sarà il momento di fare le cose sul serio.
LA MIA MAPPETTA
Sembra un pò esagerato ma tutti questi codici hanno un significato ben preciso.
Mi reputo un giocatore veloce e ho pubblicamente criticato il gioco lento più di una volta, così ho ideato una sorta di codice per la mia mappetta che mi permette di annotare rapidamente le informazioni rilevanti. Non voglio rallentare il mio flight mentre scelgo quale bastone giocare.
Scrivo l’esito di ogni colpo sulla mia mappetta e poi inserisco i risultati in un programma che fornisce le statistiche, sviluppato da Edoardo Molinari. So che sembra un po’ esagerato ma registrare tutti quei numeri e poi rivederli fornisce una valutazione onesta del mio gioco. Un dilettante medio probabilmente non ci pensa due volte a dire che fa 140 metri col ferro 7, ma poi li fa davvero? Oppure scoprire che sbaglia a destra più spesso che a sinistra potrebbe influenzare la sua mira. Le statistiche non mentono mai.
Tornando al codice nelle mie mappette questa è la buca 18 dello U.S. Open di quest’anno (foto a destra). Ci sono voci diverse per ciascuno dei giri. Domenica, all’ultima decisiva buca del torneo, ho tirato il legno 3 nel bunker di sinistra e poi ho giocato il colpo della vita per salvare il par e vincere lo U.S. Open.