Non importa quante volte tu abbia giocato il Masters o quante tu lo abbia vinto.
Quando ti alzano la sbarra dell’Augusta National Golf Club e inizi a percorrere Magnolia Lane, l’emozione che ti invade il corpo è sempre la stessa.
Sogni di poter indossare l’ambita Giacca Verde al tramonto di domenica pomeriggio e sai che stai comunque per goderti la settimana più bella e affascinante dell’anno. Sei anche conscio di dover essere al top della forma fisica e mentale per affrontare tutte le insidie che il campo cercherà di mettere sul tuo cammino.
Il vento che cambia spesso sia di intensità che di direzione. I green duri, veloci e ondulati e le posizioni delle bandiere che nascondono sempre un tranello rappresentano davvero un duro test sia per i caddie che per i migliori giocatori al mondo.
Tutto ciò, unito alla tensione del palcoscenico golfistico più importante del mondo, ti fa capire che ad Augusta non puoi distrarti neppure per un secondo.
Un piccolo errore può costarti con facilità tre colpi sullo score
Andiamo a scoprire quali sono i segreti e le difficoltà del percorso più famoso al mondo, insieme all’Old Course di St Andrews ovviamente.
Tutto parte da quando ti consegnano le posizioni delle bandiere, un momento che vale la pena vivere in un solo luogo, la Caddie House, ovvero la stanza dove ti viene assegnata la famosa tuta bianca. Un buon caddie capisce subito, a seconda del vento, quali sono le bandiere da attaccare, quelle da rispettare e quelle davvero impossibili da prendere.
La strategia è infatti fondamentale al Masters
La decidi solo quando vieni a conoscenza di come hanno fatto il set up del campo.
In molte occasioni è infatti preferibile finire in bunker o avere un approccio piuttosto che prendere il green dalla parte sbagliata. Difficile quindi definire a priori quali siano le buche più difficili e quelle più facili, come ho sottolineato prima, dipende esclusivamente dal vento e dalla posizione delle bandiere.
Buche come la 6, par 3 di media distanza, con l’asta lunga a destra tira fuori le unghie e mette a dura prova i giocatori, mentre con l’asta corta a sinistra diventa docile e ti da addirittura la possibilità di poter provare a fare buca in uno.
A mio parere le buche chiave dell’ultimo giro, quelle che solitamente ti fanno indossare la Giacca Verde o te la strappano di dosso alla prima distrazione, sono sicuramente la classica 12, pronta a ingannarti con le imprevedibili folate di vento, e i due par 5, la 13 e la 15.
Quest’ultimi, essendo raggiungibili con il secondo colpo, ti invitano ad attaccare ma devi essere molto preciso e devi utilizzare traiettorie molto alte per fermare la palla sui green duri e ben difesi dall’acqua. In quelle buche puoi guadagnare o perdere colpi con estrema facilità e molto spesso addirittura con colpi simili.
Il green della 15 in particolare ha sempre regalato parecchie emozioni al pubblico e altrettanti dolori ai giocatori perché anche quando giochi la buca in sicurezza il terzo colpo non è mai scontato: il backspin può farti tornare la palla in acqua con estrema facilità.
Anche la famosa buca 16, che con le aste a destra non ti dà respiro stringendo il margine di errore laterale a due metri, nella giornata finale porge la guancia e molto spesso fa registrare buche in uno con palle che battono fino ad otto metri a destra dell’asta.
Il bello dì Augusta è che dal tee sembra darti abbastanza respiro per il fatto che il rough è praticamente inesistente e che il sottobosco è composto da un soffice letto di aghi di pino che ti permette di aggirare gli alberi creando gli effetti di volo di palla desiderati.
Ma in realtà molte bandiere possono essere attaccate solo da determinati punti del fairway e quindi anche il tee shot va studiato bene e piazzato nel posto giusto.
Una delle chiavi di questo meraviglioso percorso è senza dubbio il controllo della distanza sui colpi al green
Se nella maggior parte dei campi del tour il raggio di errore può allargarsi spesso fino a otto metri senza alcuna pericolosa conseguenza, al Masters il più delle volte un paio di metri possono fare la differenza. Si è molto discusso sul fatto che il disegno del percorso avvantaggi i giocatori che lavorano la palla da destra a sinistra in quanto vi sono parecchi tees shot nei quali il draw ti accorcia decisamente la buca.
In base alla mia esperienza in passato in qualità di caddie di Matteo Manassero, le buche nelle quali se vuoi attaccare puoi farlo solo con il draw sono la 2, 9, 10, 13 e, prima che cadesse la famosa pianta che portava il nome del presidente americano Eisenhower sul bordo sinistro del fairway, anche la 17.
Per questo motivo molto spesso i giocatori cambiano l’assetto del proprio driver per riuscire a far girare più facilmente la palla da destra a sinistra, aumentando il loft o mettendo il bastone leggermente più up-right.
Mai come quest’anno la lotta al titolo non vede un vero favorito e sarà aperta a tanti giocatori
Il vantaggio dei “veterani” sta nel fatto che conoscono a memoria il campo e tutte le pendenze dei difficili green ma per vincere il Masters devi sempre e comunque tirare la palla bene, perché Augusta non fa sconti a nessuno.
Francesco Molinari e Guido Migliozzi saranno i nostri due atleti in questa 86esima edizione. Entrambi utilizzano voli dì palla dal tee molto neutri e hanno dalla loro parte il vantaggio di essere degli ottimi giocatori di ferri. La differenza la farà quindi il putt, che dovrà per forza di cose essere “caldissimo” vista la purezza e la difficoltà dei green.
Chicco ci ha già fatto sognare nel 2019, andando vicinissimo al successo in uno storico duello con Tiger Woods, speriamo dì poter rivivere le stesse emozioni anche in questa edizione.
I nostri atleti sognano la Giacca Verde, noi sogniamo di poterci godere lo spettacolo seduti davanti alla TV
Si può dire con certezza che Augusta ti incolla al televisore come nessun altro torneo al mondo. Quando nell’ultima giornata i leader passano davanti alla club house per andare sul tee della 10 si ha la stessa sensazione che si vive guardando il finale di un capolavoro del cinema.
Il sole si abbassa, la tensione sale, le ombre degli alberi disegnano i fairway e il boato del pubblico interrompe il silenzio attirando la tua curiosità e spaventando gli avversari.
In quel momento per un appassionato golfista non c’è posto migliore al mondo dove essere.