È innegabile come negli ultimi anni siano stati fatti incredibili progressi nel golf. Primo tra tutti, il ritorno ai Giochi Olimpici nel 2016, un‘attesa durata 100 anni che ha permesso al nostro sport di entrare nelle case di tutti gli sportivi e appassionati del mondo.
Ma, nonostante i passi avanti, c’è preoccupazione per la carente crescita di nuovi giocatori, a differenza di altre pratiche sportive in cui invece risulta maggiore. E per nuovi golfisti si intende soprattutto la quota rosa.
Donne e ragazze continuano a essere un numero molto ridotto rispetto alla media di golfisti uomini. È per questo motivo che l’R&A ha commissionato all’International Institute for Golf Education un documento che rappresenti una sorta di vademecum per tutti i Paesi, enti e Federazioni. Obiettivo, incentivare sempre più donne ad appassionarsi al golf.
Il documento dovrà aiutare a identificare e analizzare i fattori che influenzano la partecipazione del golf da parte di tutta la famiglia, mogli e figlie comprese.
“La ricerca descrive una serie di utili raccomandazioni pratiche da introdurre nei programmi di sviluppo nazionale delle Federazioni golfistiche. Andranno poi fornite a tutti i golf club per aiutarli a incoraggiare sempre più donne, ragazze e intere famiglie a giocare con più regolarità”. Ha dichiarato Martin Slumbers, amministratore delegato dell’R&A.
I temi chiave identificati nel documento includono:
- L’importanza di creare un ambiente ottimale per la partecipazione dell’intero nucleo familiare
- Uguaglianza di genere nella pratica dello sport e nel lavoro, con sempre più donne al vertice nei processi decisionali nel settore golf
- La consapevolezza che i genitori siano il fattore principale alla base della scelta di giocare a golf e che incitino i figli alla pratica di questo sport al fine di divertirsi, sviluppare amicizie, stare all’aria aperta e migliorare la salute
- Il crescente desiderio di offrire opportunità di socializzazione e di essere flessibili visti i vincoli di tempo e i costi imposti alle famiglie
La famiglia “moderna”
In questa prima sezione si affronta il tema della “famiglia moderna” identificandone il significato e l’impatto che ha nella pratica golfistica.
Tradizionalmente, la “famiglia” era considerata un gruppo composto da due genitori eterosessuali e dai loro figli biologici, comunemente chiamata “famiglia nucleare”. Più recentemente, questo concetto si è evoluto andando incontro all’evidente evoluzione del discorso sui generi.
Si osserva che i cambiamenti sociali abbiano contribuito a una riduzione del numero di nuclei familiari e che le famiglie siano caratterizzate da un numero crescente di persone monoparentali, senza figli o conviventi.
Il nuovo significato di famiglia recita quanto segue:
“Due o più persone che condividono risorse, responsabilità nelle decisioni, valori e obiettivi e si impegnano reciprocamente nel tempo. La famiglia è quel porto sicuro in cui si torna a casa e si condivide la quotidianità, indipendentemente dal sangue, dai legami legali, da adozioni o dal matrimonio”.
L’importanza della parità di genere
L’industria del golf è un importante fonte di lavoro in molti paesi come Gran Bretagna, Irlanda, Stati Uniti, Giappone o Corea del Sud.
Il testo accademico “The Spirit Level: perché le società uguali quasi sempre fanno meglio” (Wilson & Pickett, 2010) è stato applicato al contesto sportivo e ha dimostrato come la presenza del gentil sesso in ruoli decisionali nel settore sportivo sia direttamente proporzionale alla loro partecipazione. In pratica, sembra proprio che l’uguaglianza della partecipazione sportiva sia un riflesso diretto di un’uguaglianza più ampia.
Ecco cosa fare allora: promuovere il messaggio che avere quote rosa nell’ambiente di lavoro del golf provoca un impatto maggiore sulla partecipazione di donne, ragazze e bambine.
Lo studio dell’University Center Myerscough ha anche esaminato l’uguaglianza di genere nella pratica sportiva, prendendo in analisi 25 paesi dell’Unione europea. I risultati hanno rilevato che il superamento delle disparità di sesso nello sport richiede cambiamenti a livello culturale, politico e sociale. Ha anche notato che gli Stati dell’UE con la più alta partecipazione femminile allo sport sono quelli con una lunga storia di politiche social-liberali. Un esempio sono la Norvegia, la Svezia, la Danimarca e la Finlandia. In questi paesi scandinavi lo status sociale delle donne (basato sull’alta percentuale di impego in ruoli legali e politici, di donne che completano l’istruzione superiore e del minimo divario di reddito tra maschi e femmine) è molto più alto rispetto ad altri Stati dell’UE.
Negli ultimi due decenni, soprattutto in Norvegia, c’è stata una diminuzione del divario di genere che ha permesso alle donne di incrementare la propria situazione socioeconomico e, di conseguenza, si è verificato il nettissimo incremento di partecipazione nelle attività sportive.
Dati alla mano, in Norvegia le donne nei consigli di amministrazione sono arrivate al 40,2%.
Questo è uno dei punti su cui fare leva: promuovere la presenza delle donne in posizioni di leadership e in ruoli esecutivi.
Cultura familiare e modelli di comportamento
La famiglia rappresenta il contesto privilegiato per lo sviluppo psicologico e sociale di bambini e ragazzi. È all’interno del sistema familiare che essi imparano a fronteggiare le diverse situazioni che la vita propone. I genitori sono per i bambini una guida, un riferimento imprescindibile per una crescita sana.
Nella vita di tutti i giorni come nello sport, la famiglia è centrale e rappresenta il primo contatto tra bambino e attività fisica prescelta.
In questo contesto rientra la “cultura familiare” il che significa che le idee, le convinzioni, i valori e la conoscenza stessa dell’intero nucleo familiare diventano il fattore principale che sta alla base della loro tendenza a praticare sport.
Sono i genitori, mariti e fidanzati a essere il primo motore che porta un giovane, una moglie o un fidanzato a intraprendere uno sport invece che un altro. Occupare il proprio tempo libero per fare attività sportiva insieme, coinvolgere i figli e assisterli durante gli sport non fa che migliorare la famiglia rendendola un’unità coesa e comunicativa.
Abbattere gli stereotipi
È interessante notare che questo studio ha scoperto che, nelle famiglie in cui ci sono bambini di sesso opposto, nello sport i padri tendevano a essere più coinvolti dai figli e le madri dalle figlie. Le origini di questa dinamica possono derivare dagli stereotipi di genere dei genitori secondo cui i padri tendono a essere gli “allenatori” che introducono i bambini a uno sport. Le madri sono state viste come i “tassisti”, occupandosi solamente di accompagnare i figli nei determinati luoghi dove svolgere attività fisica.
Ciò è particolarmente preoccupante per promuovere il golf femminile e per incoraggiare la partecipazione di madri e figlie. Ma ancora più preoccupante è constatare come entrambi i genitori, in media, tendono a sostenere e incoraggiare maggiormente la partecipazione sportiva dei loro figli maschi, percepiti come più abili e adatti allo sport rispetto alle femmine.
È fondamentale quindi che il golf cerchi di sfidare questi stereotipi di genere e si autopromuova come attività per tutta la famiglia.
Ma non solo. Le scelte possono differire a seconda della classe socioeconomica. Intervistando numerose famiglie tra classe media/benestante e meno abbiente è emerso che le prime vogliono fornire ai propri figli attività sportive che possano fornire loro “competenze per tutta la vita”. Questi genitori vogliono che i loro figli prendano parte ad attività che aiutino a costruirne il carattere, sviluppare abilità sociali e indipendenza, fare amicizia al di fuori della sfera familiare e rafforzare abitudini sane. Le famiglie operaie e povere, invece, tendono a rendere i propri passatempi poco costosi ma piacevoli per l’intera famiglia. L’obiettivo comune di questo gruppo è quello di raggiungere l’unione e il legame familiare e aiutare a tenere i loro figli lontani dalle cattive compagnie.
Le varie associazioni di golf dovrebbero quindi considerare attentamente i fattori trainanti della scelta sportiva a livello individuale, familiare e socioculturale.
Il retaggio più grande
Arriviamo al punto che tutti conosciamo, quello che noi amanti del golf e del settore preme maggiormente mettere in evidenza. Il retaggio che vede il golf come uno sport esclusivamente per persone abbienti.
Continuando con i sondaggi è emerso che le persone cercano attività meno costose e più informali rispetto al golf. L’80% degli intervistati ha una percezione distorta del nostro sport e dei suoi costi, aumentando il divario tra le aspettative e la realtà.
È quindi importante che le strategie di marketing di tutte le Federazioni golfistiche e associazioni siano focalizzate sul rendere questo gap sempre più ridotto fidelizzando le persone e portandole sul campo da golf.
Facciamo degli esempi concreti di gente intervistata in Inghilterra. “Si ha la percezione che il golf sia uno sport costoso, ma in realtà non lo è. L’iscrizione per mio figlio con tariffa junior è di 100 sterline l’anno, praticamente 2 sterline a settimana. Questo vuol dire che è più economico di un’iscrizione a una squadra di calcio. Quindi, penso che il settore golfistico debba lavorare proprio sul debellare l’idea alla radice e facendo capire a tutti che giocare a golf non è esclusiva dei ricchi”.
E ancora: “Bisogna cambiare la percezione che si ha del golf. Se le persone iniziassero a guardare realmente i costi di questa attività paragonandoli con altre, si renderebbe conto che tutto quello che credeva fino a poco tempo prima svanirebbe. Magari ci sono costi iniziali superiori rispetto ad altri sport ma poi tutto diventa più flessibile. Un set di ferri dilazionato nel tempo costa molto meno rispetto a racchette da tennis, a sci e ad altra attrezzatura ritenuta più accessibile per tutti”.
Ormai tutti i circoli, indipendentemente dallo Stato in cui si vive, hanno tariffe agevolate per iniziare a giocare, pacchetti dedicati alle coppie, alle famiglie e alle diverse fasce di età. Bisogna solo incrementare la comunicazione con le persone.
Donne e tee di partenza
Concludiamo questo articolo con un argomento sulla bocca di tutti nei diversi golf club: i tee di partenza. Quante volte alle donne è stata rivolta la frase: “Facile fare par per te che parti 30 metri più avanti”. Bene, è ora di sfatare questo tabù.
Gli Stati Uniti, avanti anni luce da noi per quanto riguarda il golf, hanno esaminato le percezioni dei golfisti (uomini) sulle capacità golfistiche delle giocatrici. È stato riscontrato che la disposizione dei tee di partenza “ridicolizza” le donne classificando i loro tee marker come irregolari mentre quelli degli uomini sarebbero regolari.
Le golfiste subiscono atteggiamenti stereotipati relativi alla loro presunta abilità con driver e palline e tutto ciò influisce sulla loro partecipazione continuativa. La ricerca dell’International Institute for Golf Education ha anche scoperto che molte dilettanti si erano sentite ignorate, trascurate nei diversi contesti golfistici.
Se è vero che la capacità media delle giocatrici è nettamente inferiore rispetto a quella degli uomini, è anche vero che esiste una fascia di donne con un handicap di gioco basso. Questo fenomeno è noto come “discriminazione statistica”, in cui uno stereotipo individuale viene applicato erroneamente al gruppo e gli individui di quel gruppo vengono trattati come se possedessero quelle qualità e caratteristiche indipendentemente dalle loro singole capacità. La posizione del tee marker dovrebbe essere basata sull’abilità di gioco piuttosto che sul sesso o sull’età, aiutando così a ridurre le difficoltà e le frustrazioni delle golfiste e migliorandone le esperienze sul campo.