Siamo alla resa dei conti. Nel giro finale del 119° U.S. Open, ogni giocatore nella parte alta della classifica ha un proprio motivo per puntare con determinazione a sfoderare la grinta indispensabile per vincere.
Gary Woodland cerca di passare da giocatore di talento, ma stravagante, a campione che ha tutte le carte in regola per vincere un major.
Justin Rose cerca di staccare il suo biglietto vincente che lo porti direttamente alla Hall of Fame del golf mondiale.
Brooks Koepka è alla ricerca del triplete che lo farebbe passare alla storia.
Matt Kuchar può dimostrare come l’età anagrafica sia solo un numero per vincere di nuovo.
Luis Oosthuizen cerca quel successo che manca dall’Open Championship 2010.
Chez Reavie può essere la voce fuori dal coro che riesce a sbaragliare i numeri uno mondiali.
Rory McIlroy deve dimostrare, in primis a se stesso, di essere il giocatore che è sempre stato destinato a essere.
A rendere la competizione più accesa c’è lui, Pebble Beach, in una condizione favorevole a tutti i giocatori che, per una volta, hanno apprezzato il lavoro della USGA nel non rendere il percorso troppo punitivo.
Il campo basta da solo a complicare nel momento giusto la vita ai giocatori. Come ha raccontato in conferenza stampa l’ex campione Masters Danny Willett “è un percorso che se giochi bene ti permette di fare risultato, non favorisce nessuno, nessun bombardiere, ma solo il bel gioco e la giusta strategia. Se non centri il fairway la probabilità di segnare un bogey è molto elevata ma se riesci a domarlo ne sarai ricompensato.”
Siamo curiosi quindi di vedere come si comporteranno i top player della parte alta della classifica, primo tra tutti il leader, Gary Woodland.
Vedremo se non si farà cogliere dall’emozione e dalla tensione come al PGA Championship dell’anno scorso, quando in contention fino alla fine si vide sorpassare da Koepka.
L’americano, attualmente numero 25 del mondo ed ex giocatore di basket del suo College, è sempre stato uno dei grandi misteri del PGA Tour. Giocatore di estremo talento, possente, spalle larghe, spavaldo e con una velocità impressionante nell’impatto e nella rotazione, non ha mai brillato e ottenuto i risultati che tutti si sarebbero aspettati da lui.
Ora però il recente lavoro sul gioco corto con il nuovo coach Pete Cowen ha infuso in Woodland una fiducia mai provata prima. Durante il terzo giro, in particolar modo, abbiamo visto un giocatore metterci quella grinta che trasforma un possibile contendente al titolo in un vero campione.
“Non ho bisogno di cambiare nulla del mio gioco domenica” – ha detto al termine del terzo giro – “ma solo godermi questo momento. In fondo, siamo tutti qui per lo stesso motivo. Questo è il momento per cui lavoriamo duramente e non voglio lasciarmelo sfuggire. Non questa volta”.