Niente rimonta al contrario stile Medinah per gli Stati Uniti di Zach Johnson. L’Europa riporta a casa la Ryder Cup a cinque anni di distanza dal successo di Parigi.
E lo fa meritatamente, anche in una giornata difficile in cui gli Stati Uniti hanno fatto di tutto per colmare un divario enorme.
Otto punti e mezzo infatti sarebbero serviti al team USA per salire domani mattina sul volo che gli avrebbe riportati in patria da eroi.
La maledizione continua quindi, visto che gli USA non vincono in terra europea da 30 anni e che dovranno attendere ora l’Adare Manor in Irlanda nel 2027 per riprovarci.
Trionfo del gruppo
È stato il trionfo del gruppo, di un team compatto nello spirito e nelle difficoltà (poche) incontrate in questi tre giorni di gara al Marco Simone. La dimostrazione, l’ennesima che questo è e continua ad essere un torneo in cui le individualità e le primedonne non servono a portare punti ma solo a creare scompensi.
Donald trionfa con un’impeccabile strategia, supportato passo dopo passo da ottimi vicecapitani, alcuni di loro alla guida di epici trionfi passati quali Olazabal e Bjorn. Ma non dimentichiamoci di Nicolas Colsaerts, capace di animare come pochi i fan sulle tribune, e dei nostri Edoardo e Francesco Molinari, chiave per statistiche e per creare quello spirito di gruppo che tanto stava a cuore a Donald sin dall’inizio della sua avventura.
Si vince e si perde in dodici aveva detto il capitano inglese alla vigilia.
Ma dopo la due giorni di doppi era ormai chiaro che nemmeno un miracolo romano poteva salvare dalla sconfitta gli Stati Uniti, più preoccupati a ironizzare sul gesto di sventolare il cappello fatto dal pubblico europeo al passaggio di Patrick Cantlay e compagni dopo il fattaccio di ieri pomeriggio nei fourball con protagonista il suo caddie Joe LaCava.
Tommy Fleetwood
A portare il punto decisivo non poteva che essere uno degli uomini simbolo di questa nuova generazione di eroi europei di Ryder, Tommy Fleetwood, che ha regolato uno spento Rickie Fowler alla 17, ma già alla 16, 2up e dormie, non poteva ormai più perdere.
Servivano quattro punti nei singoli per mettere la ciliegina sulla torta alla storica prima edizione italiana della Ryder Cup. Punti portati oltre che da Fleewood da Viktor Hovland, Rory McIlroy, Tyrrell Hatton, vincitori dei propri match, e dal pareggio di Jon Rahm strappato alla 18 contro Scottie Scheffler.
La matematica vittoria con ancora in campo tre match ha dato il via alla festa di giocatori e di decine di migliaia fan, una folla enorme, un fiume in piena che sin dalle prime ore del mattino è giunta al Marco Simone per godersi lo spettacolo della Ryder in prima fila.
La coppa che resta in Europa suggella un’edizione memorabile per il nostro Paese, un trionfo meritato per il golf italiano, la Federazione e il Marco Simone che con un encomiabile lavoro hanno dimostrato al mondo ancora una volta che cosa siamo in grado di fare.
Ora è il momento della festa, di alzare la coppa orgogliosi al cielo e delle meritate celebrazioni per incoronare dodici eroi e il loro capitano, già entrati nella storia dalla porta principale, quella della Città Eterna.