Oggi al Royal Troon abbiamo imparato che le vie del golf sono infinite. Un mancino che gioca da destro (Stenson) e un destro che gioca da mancino (Mickelson) hanno moltiplicato i pani e i birdie. Hanno dipinto la Cappella Sistina del golf. Hanno portato giù, a sud delle nuvole, fino in terra, gli dei di St Andrews ad applaudire uno spettacolo umano inimmaginabile.
Eppure nulla su un campo da golf è mai sembrato essere più semplice e lineare di quello a cui abbiamo assistito. Anche se tutto al rovescio, con un mancino che gioca da destro e un destro da mancino. Perché, in fondo, cos’è il genio se non la capacità di rendere semplicissima una cosa complicatissima?
Bill Gates coi computer, Giotto coi cerchi, Pete Sampras col tennis, Einstein con l’universo. E poi oggi Henrik Stenson e Phil Mickelson con il golf.
Vedete: c’è chi va al Louvre a cercare di carpire i segreti della Gioconda, chi va a Roma per ammirare la simmetria di Piazza san Pietro e poi c’è chi oggi era al Royal Troon e ha assistito a una partita perfetta che altro non è stata se non la piena metafora della vita: un rullo, un flusso continuo di momenti unici dove le scelte non sono mai state gesti dimostrativi senza conseguenze, ma sempre e solo decisioni significative. Per tutte le 18 buche, colpo dopo colpo.
Per questo dico: oggi al Royal Troon nessuno ha perso. Oggi ha vinto il golf.