Sono trascorsi 11 anni da quel suo primo major in carriera. Carnoustie non fu tenero in quell’occasione con l’allora nuovo volto del golf italiano, esploso l’anno precedente con la vittoria nell’Open d’Italia a Tolcinasco. Due giri e taglio mancato la dura legge del links più famoso e complicato al mondo.
Da allora Francesco Molinari di strada ne ha fatta tanta. Colpo dopo colpo con la precisione e la professionalità che da sempre lo contraddistingue, ha scalato classifiche, vinto tornei, la World Cup con il fratello Edoardo e giocato due volte la Ryder Cup. Poche settimane fa, in America, la consacrazione definitiva come il più vincente italiano nella storia del golf, grazie al trionfo nel Quicken Loans, suo quinto titolo in carriera. Da quel luglio di 11 anni fa Chicco di major ne ha giocati 35, con 2 tagli passati e 10 top ten. Lo scorso anno a Quail Hollow nel PGA Championship ha accarezzato il sogno di diventare il primo italiano a vincere un major, chiudendo il torneo a soli due colpi da Justin Thomas.
Lo incontriamo in campo pratica, al lavoro come sua abitudine, in compagnia di colui il quale ha contribuito forse più di tutti alla crescita esponenziale del suo gioco e della sua convinzione in campo, Dave Alred, coach che ha portato Luke Donald ad essere il numero uno al mondo per chi non lo conoscesse. Il lavoro è metodico, assiduo, severo per certi aspetti, ma vincente. E Chicco in questo non si è mai tirato indietro, anzi.
“Quando inizio un rapporto con un giocatore – ci ha raccontato Alred – metto subito le cose in chiaro: ci prendiamo qualche giorno di prova per vedere che tipo di lavoro esigo e al termine di questo periodo si prende una decisione se iniziare o meno. Mi piace essere chiaro fin dall’inizio con i professionisti che seguo ed è fondamentale che siano d’accordo con la mia filosofia”.
Con Molinari è stato amore a prima vista e da qualche anno Alred segue come un ombra il nostro Chicco e, considerando i suoi attuali risultati, non si può che pensare che i due si siano davvero trovati. “Mi fa lavorare duro – sorride Molinari – sono diventato uno stakanovista…”.
I colleghi di Golf Channel lo vogliono prima di andare in campo per il giro di prova del mercoledì e lui non si tira come sempre indietro. È una delle stelle di questa edizione, forse il giocatore che arriva a questo major con il miglior stato di forma del field. Sognare non è mai stato quindi più lecito di oggi.
“Sto bene, la fiducia cresce, ogni parte del mio gioco mi soddisfa. Lo scorso anno a Royal Birkdale non ho passato il taglio motivo per cui ho voluto affrontare una programmazione pre Open Championship completamente diversa rispetto al 2018; niente Europa e fino alla settimana prima ho giocato in America”. La sua striscia degli ultimi tornei giocati è da pelle d’oca: negli ultimi 16 giri disputati ha uno score totale di 78 sotto il par… nessuno può vantare qualcosa di lontanamente simile a Carnoustie.
“Non è un campo dove si necessita spesso il driver – ci racconta – almeno se le condizioni rimarranno quelle di questa vigilia, con campo estremamente secco e duro e leggermente più corto del 2007. I rough poi non sono estremamente punitivi; conterà la precisione e l’abilità di gestire i momenti cruciali del torneo. Il vento poi sarà la variabile che determinerà strategie e scelta dei bastoni ovviamente ma sono pronto a giocare tutte le mie chance fino al termine”. Good luck Chicco, da domani la parola al campo.