Non poteva finire nel migliore dei modi la carriera di Suzann Pettersen.
Qualche istante dopo aver imbucato quel putt di due metri alla buca 18, aver consegnato la vittoria alla squadra europea di Solheim Cup ed essere così entrata nella storia del golf, la 38enne ha annunciato il suo ritiro alle competizioni.
“Penso che questa sia la chiusura del cerchio perfetta, non c’è modo migliore per terminare la mia carriera professionale. Quattro mesi fa non avrei mai pensato di essere qui fino a quando non ho incontrato Beany (Catriona Matthew).
Questo addio ha un profumo ancora più speciale”
Suzann Pettersen lascia il golf dopo aver vinto due major, 15 titoli sull’LPGA e sette sul Ladies European Tour.
La rock star, così viene chiamata dalle sue compagne, ha preso parte a nove Solheim Cup vincendo 18 match, la terza nella lista europea di tutti i tempi al fianco di Catriona Matthew e dietro solo a Laura Davies e Annika Sorenstam.
Il 2013 è stato l’anno di maggior successo nel quale ha vinto ben cinque tornei in tutto il mondo, è arrivata per 11 volte entro le prime dieci posizioni in classifica e ha concluso la stagione al secondo posto nel World Ranking dietro Inbee Park.
La norvegese aveva giocato solo due volte in questa stagione a seguito della nascita di suo figlio Herman, lo scorso settembre, ma è stata la scelta – vincente – della capitana Catriona Matthew.
Vittoria in coppia con la rookie Anne Van Dam e il trionfo domenica che ha messo il sigillo su una rimonta storica che difficilmente si dimenticherà.
Tante le parole e i complimenti dal mondo del golf a partire dalla sua compagna di squadre Anna Nordqvist.
“Suzann è stata un grande modello per me e per tutte le ragazze. Ricordo ancora la mia prima Solheim Cup, era il 2009 e avevo avuto la fortuna di giocare in coppia con lei. Ecco, quello è stato uno dei momenti più incredibili della mia carriera professionale. Ci mancherà molto, è una vera rock star, un personaggio eccezionale e un grande modello per tutti noi”
Nessun ci credeva, tranne la capitana, che l’ha fortemente voluta nella squadra nonostante avesse giocato appena tre volte negli ultimi tre anni.
Nessuno immaginava un trionfo della compagine europea, nettamente sfavorita all’inizio del torneo.
Ma le critiche sono superflue perché, ancora una volta, sia che si parli di Solheim o di Ryder Cup, la squadra europea ha dimostrato che per alzare la coppa al cielo il ranking e la tecnica da soli non bastano.