Stephen Curry, da atleta bistrattato per la sua poca fisicità, è diventato uno dei cestisti migliori di sempre della NBA. Una storia di riscatto e una passione incondizionata per il golf che sfrutta a suo vantaggio, rendendo il nostro sport più inclusivo e abbordabile da tutte le comunità americane.
Il personaggio Stephen Curry
Stephen Curry è un fenomeno a tutto tondo e lo sta dimostrando anche nel golf dopo aver fatto incetta di record individuali e di titoli NBA con i Golden State Warriors.
Da ragazzino snobbato dai migliori college perché considerato troppo basso e mingherlino a miglior tiratore della storia del basket, nonché uno tra i più grandi e influenti cestisti di sempre.
Golfista appassionato con un handicap di gioco di -3 è, a oggi, la celebrità sportiva più forte sulla piazza e non nasconde il suo desiderio di passare professionista, una volta che smetterà con il suo attuale lavoro.
Obiettivo dichiarato quello di dedicarsi a tempo pieno al nostro sport entrando sul PGA Tour Champions, il circuito americano Over 50.
Il sogno di giocare come professionista nel PGA Tour Champions
“Non ho idea di quale sia il percorso che dovrò intraprendere ma quando avrò finito con il basket metterò tutto me stesso nel golf per vedere quanto possa migliorare e dove mi porterà tra 14 anni questa passione”.
In occasione di un servizio fotografico per Golf Digest i tecnici hanno registrato lo swing di Curry su un sistema di analisi biomeccanica chiamato GEARS.
Il suo fondatore, Michael Neff, era rimasto senza parole dai risultati ottenuti riscontrando pochissime differenze con la media dei protagonisti del PGA Tour.
“Abbiamo testato centinaia di giocatori e la maggior parte dei numeri di Stephen erano esattamente gli stessi, sono sbalordito”.
Jordan Spieth, per fare un nome, ha più volte dichiarato che dovesse fare un match-play passerebbe a Curry appena sei colpi ed è convinto che, qualora dovesse riuscire nell’impresa di passare professionista e giocare sul PGA Tour Champions, sarebbe uno dei più lunghi.
L’impegno di Curry nel sociale e per lo sviluppo del golf
Questa passione e amore per il golf Curry la sta trasformando in opportunità non solo per se stesso ma, soprattutto, per gli altri.
Tra i grandi nomi del golf mondiale, il numero di professionisti di colore si può contare sulle dita di una mano e anche nel mondo dilettantistico e tra gli atleti universitari la situazione non è molto diversa.
Sono numerose le organizzazioni a sfondo benefico che si sono prodigate per far conoscere il golf a tutti quei bambini di colore che, altrimenti, non avrebbero mai potuto prendere un ferro in mano.
Ma se parliamo dello step successivo, ovvero quello di fare in modo che questi ragazzi con una grande potenzialità e talento continuino nel proprio percorso e, magari, un giorno questo possa sfociare in una carriera da professionista, il processo è praticamente fermo.
Sulle orme di Tiger Woods
Partiamo da un dato certo. È innegabile che l’impatto culturale di Tiger Woods sia stato profondo.
Grazie al Fenomeno californiano, il numero di persone di ogni estrazione sociale e culturale che oggi giocano a golf, o che semplicemente lo considerano uno sport da prendere in considerazione, è incalcolabile.
Tiger è riuscito a entrare nelle case di tutti, rompendo le barriere dei pregiudizi razziali e creando attorno a sé un’aura quasi divina capace di smuovere gli animi di chiunque.
La TGR Foundation ha avuto un impatto commisurato alla sua fama nel campo dell’istruzione, contribuendo alla crescita scolastica di tantissime realtà disagiate.
Ecco, quindi, che il prossimo nome il cui potenziale mediatico e sportivo può far sì che il golf si diffonda a macchia d’olio tra tutte le comunità è proprio quello del playmaker dei Golden State Warriors, in grado di raggiungere un pubblico che i giocatori di golf, anche i più conosciuti, non riuscirebbero a toccare.
E questo grazie a un nuovo periodo di slancio per il golf, una sorta di seconda rinascita post-pandemia, concentrata soprattutto nei campi pratica e nei centri con simulatori situati in contesti urbani.
Secondo la National Golf Foundation ci sono 5,6 milioni di nuovi golfisti di colore che si sono appassionati a questo mondo e giocano in questi contesti.
Un bacino sempre più ampio dal quale attingere per invogliare le persone a provare il golf nella sua essenza più pura.
La nuova missione di Stephen Curry
Qui entra in gioco Stephen Curry, il cui viaggio da outsider del basket l’ha plasmato fino a farlo diventare per tre volte il miglior giocatore dell’NBA.
Nel 2023 usciva il documentario “Stephen Curry: Underrated” nel cui nome, che letteralmente significa “sottovalutato”, sta tutto ciò che per Curry ha rappresentato l’inizio della sua carriera.
A 15 anni era alto sì e no 175 centimetri, era escluso potesse sfondare in NBA, connessa a un gigantismo e a una fisicità sempre più esasperati.
In Underrated si racconta così la difficile genesi di un ragazzino che ha trionfato contro ogni pronostico e avversità, persino contro la parte più debole e fragile di sé stesso, tanto da far diventare questo termine un vero e proprio business.
Nasce così l’Underrated Golf Tour, un’iniziativa imprenditoriale guidata da uno scopo ben preciso: offrire equità, accesso e opportunità agli studenti-atleti di ogni comunità, riequilibrando la partecipazione a questo sport affinché possa realmente riflettere la società americana.
Meno del 2% di tutti i golfisti sono infatti di colore o di origine latina e Curry sta lavorando proprio per cambiare questa statistica, con l’obiettivo di aumentare la partecipazione di queste comunità fino al 26%.
Le parole di Stephen Curry
“Siamo impegnati a promuovere un cambiamento concreto, creando percorsi per i giovani dei contesti meno avvantaggiati affinché possano accedere a tutte le opportunità che il golf offre e aiutarli a realizzare il proprio potenziale influenzando positivamente lo sport”, ha più volte dichiarato il cestista statunitense.
Per un golf più inclusivo
La pratica del golf come sbocco per un futuro più accessibile da parte di tutti.
Il principale ostacolo che le comunità sottorappresentate devono affrontare è la mancanza di accesso ai campi da golf e all’attrezzatura, dovuta all’alto costo dei green fee e alla natura privata e riservata di molte strutture.
Ma il problema non si ferma qui.
La mancanza di accesso si accumula nel corso della vita di una persona, portando a meno opportunità.
Il golf è così un catalizzatore importante, aiuta a fare amicizie e, da lì, costruire reti, sviluppare relazioni e coltivare idee e iniziative imprenditoriali.
Se le “chiavi di accesso” non vengono mai condivise, allora le occasioni ispiratrici e di impatto che questo gioco offre non sono mai a portata di mano per tanti giovani.
Ecco che Underrated Golf si impegna a girare quella chiave e ad aprire porte per tutti i ragazzi, affinché possano sperimentare la gioia del golf e, alla fine, i benefici sociali e professionali dello sport, senza che i limiti finanziari li trattengano.
Queste opportunità si concretizzano sotto forma di borse di studio universitarie, sviluppo professionale, seminari ed esercizi di team-building a riprova di quanto il golf sia un potente connettore in ogni ambito del mondo.
Come si sviluppo il progetto Underrated Golf Tour?
Nello specifico, attraverso le competizioni regionali, si identificavano e riconoscono giovani golfisti di talento, la cui passione e il cui potenziale meritano attenzione.
In questa stagione 2024 i migliori 26 ragazzi e ragazze dell’Underrated Golf Tour hanno conquistato 26 posti per competere nel campionato di fine stagione.
Quest’anno a maggio è stata inoltre aggiunta anche la versione europea del tour, partita a Walton Heath, a Londra.
Il circuito copre tutti i costi di gestione di ogni singolo atleta coinvolto (voli, hotel, pasti e trasporti) e può contare su un certo numero di partner come la United Airlines, che offre la maggior parte dei voli, Subway, che fornisce i pranzi e aziende che sponsorizzano i tornei, come KPMG e CDW.
E poi c’è Stephen Curry, che ha avviato il tour con un assegno personale di 1,6 milioni di dollari nonostante gli avvertimenti che lo mettevano in guardia sulla fattibilità del progetto.
Secondo alcuni non sarebbe riuscito a trovare abbastanza golfisti competitivi di colore per renderlo legittimo.
Gran parte del denaro iniziale è stato infatti speso in missioni di reclutamento in tornei giovanili in tutto il Paese e nonostante il peso della stella dei Golden State Warriors, in molti non erano esattamente entusiasti di fornire i nomi e i contatti dei loro migliori giocatori per un nuovo tour che cercava di sottrarli.
E invece gli sforzi sono stati ampiamente ripagati.
I primi risultati del progetto di Stephen Curry
Nel giugno scorso, in occasione dello U.S. Open a Pinehurst, Curry ha ricevuto il Charlie Sifford Award, un riconoscimento per la promozione delle diversità nel golf.
Sifford, per chi non lo conoscesse, è stato il primo afroamericano a giocare sul PGA Tour nel 1952, l’uomo che ha abbattuto la barriera del pregiudizio razziale sul massimo circuito americano, dominato fino ad allora dai bianchi.
Ogni grande cosa nel mondo inizia con una persona e un’idea poi, cresce e si sviluppa da lì.
Ora però la domanda è: quanto tempo, energie e lavoro serviranno allo staff di Underrated Golf Tour per far sì che il sogno di un ragazzino di 18 anni possa diventare realtà?
L’enormità del compito di coltivare significativamente più golfisti di colore e di altre etnie in un mondo segnato da ampi divari di ricchezza sembrerebbe richiedere molto più dell’impegno di un solo, sebbene straordinario, individuo come Curry.
(Fonte Golf Digest)
di Max Adler_ foto di Rob Liggins e Getty Images