Dopo Tiger Woods, il giocatore che riesce a smuovere gli animi ed essere sempre tema di dibattito è lui, Rory McIlroy. Che il nord-irlandese sia di fatto il giocatore da anni con più talento in circolazione è un dato di fatto inconfutabile. Che poi in questi anni lo abbia un po’ sperperato questo talento è un’evidenza sotto gli occhi di tutti.
Alti e bassi che gli hanno impedito di aumentare soprattutto il suo bottino nei major, fermo a quota quattro, l’ultimo addirittura nel 2014 (PGA Championship ad agosto).
Ma il suo curriculum parla da solo: 33 titoli da professionista di cui ben 21 sul PGA Tour, l’ultimo la settimana scorsa nell’RCB Canadian Open.
Ora a domanda sorge spontanea. Rory ce la farà questa volta a conquistare questo tanto agognato quinto major?
Al PGA Championship, a Southern Hills il mese scorso sembrava pronto per una svolta prendendo subito il comando al termine del primo giro per poi svanire nel secondo e recuperare in extremis al termine del torneo accontentandosi dell’ottavo posto.
“Sono due major consecutivo che parto bene e sto giro spero di continuare su questa strada. È dal 2014 che non vinco un major e desidero con tutte le mie forze mettere le mani su quel trofeo”
Oltre a superare gli ostacoli che governano la sua testa, McIlroy dovrà anche fare i conti con un po’ di storia. Sembra che vincere l’RBC Canadian Open della scorsa settimana rappresenti un ulteriore sfida.
Negli ultimi 60 anni, infatti, nessun giocatore ha vinto lo U.S. Open nella settimana immediatamente successiva a un titolo sul PGA Tour.
Quello che più si era avvicinato a sfatare questa superstizione è stato Arnold Palmer proprio al The Country Club di Brookline nel 1963. Fresco vincitore del Thunderbird Classic Invitational, Palmer ha perso il major al playoff contro Julius Boros .