“È solo una cosa naturale”, tentò di difendersi Hootie Johnson, ai tempi numero uno dell’Augusta National, prima del Masters del 2002. “È andata avanti per secoli e secoli: agli uomini piace stare insieme agli uomini ogni tanto, e alle donne piace stare insieme alle donne ogni tanto. Questa situazione è solo un semplice fatto della vita in America”.
In qualità di leader del club di golf più famoso degli Stati Uniti, Johnson parlò a nome non solo dell’Augusta National, ma di un ecosistema di golf esclusivamente maschili che stavano avvertendo un crescente disprezzo per le loro regole.
“Il campo da golf è sempre stato il rifugio del fratello, dell’amico, dell’uomo d’affari laborioso, del marito oberato di impegni”, scriveva Alan Shipnuck nel libro ‘The Battle for Augusta National’. “Ha sempre avuto quella connotazione. Alcuni club lo hanno codificato e hanno limitato l’accesso alle donne. Alcuni sono andati fino in fondo e hanno deciso di accettare iscrizioni solo maschili.”
Al momento dei commenti di Johnson, meno di una ventina di anni fa, negli Stati Uniti c’erano 24 golf club per soli uomini, molto meno dell’1% di tutti i campi da golf in America. Ma fra quei 24 ce n’erano due veramente iconici negli Stati Uniti e non solo. Erano l’Augusta National, ospite del Masters, e Pine Valley, considerato da molti (incluso Golf Digest) il più bel percorso d’America e del mondo. La situazione non era dissimile oltreoceano, dove più sedi dell’Open Championship, tra cui Muirfield e Royal St George’s, dove si è disputato l’Open di quest’anno, non volevano donne come membri.
Cambio di rotta in Gran Bretagna
Da allora i circoli del Regno Unito hanno modificato totalmente le loro politiche. Negli Stati Uniti invece sono rimaste ancora un paio di manciate di club tutti maschili. Quel numero 24 si è ridotto di almeno due, tuttavia, poiché Augusta e Pine Valley hanno entrambi aperto le loro porte a soci femminili.
“Il golf ha finalmente messo deciso di mettere fine a una situazione paradossale”, ha scritto l’editorialista di USA Today Christine Brennan, i cui articoli hanno svolto un ruolo fondamentale nel cambiamento della politica dell’Augusta National. “Certamente 50 anni fa, ma anche fino a 10 anni fa, c’era questo segnale di stop che risuonava nel mondo: ‘Non giocate a golf, donne. Non giocate a golf, ragazze.’”
Nel 1988, le migliori dilettanti femminili provenienti da Stati Uniti, Gran Bretagna e Irlanda arrivarono al Royal St George’s per la Curtis Cup semestrale. Furono accolte da un cartello che diceva: “No Women, No Dogs in the Clubhouse” (No Donne, No Cani in Clubhouse”). Il cartello è stato rimosso prima dell’Open Championship 2011 al Royal St George’s. Ma la politica di appartenenza maschile è rimasta ferma e la spinosa questione è tornata a galla nei titoli dei giornali.
L’evoluzione dell’R&A
Nonostante sia il più antico organo di governo del golf e supervisioni i tornei femminili, il Royal and Ancient Golf Club di St Andrews ha ammesso solo uomini come membri per i primi 260 anni della sua storia. Le cose sono cambiate solo nel 2014, due anni dopo il cambio di politica ad Augusta e un anno prima che l’Open tornasse a St Andrews, dove il quartier generale della R&A si trova proprio dietro il primo tee e il 18esimo green dell’Old Course.
“Penso che il livello di imbarazzo stesse crescendo”, affermava il corrispondente europeo di Golf Digest John Huggan. “La R&A stava facendo le regole per tutti e non si poteva permettere di discriminare metà della popolazione mondiale. Era attesa da tempo una decisione che mettesse a posto questa situazione anacronistica e profondamente ingiusta”.
L’attenzione si è spostata rapidamente sugli altri due club dell’Open per soli soci uomini: Royal St George’s e Muirfield. Meno di sei mesi dopo, un 90% dei membri del Royal St George’s votò per consentire l’accesso alle donne. Tutti gli occhi, quindi, si sono poi puntati su Muirfield e sulla sua Honourable Company of Golfers di Edimburgo. Il club scozzese aveva ospitato l’Open 15 volte, il maggior numero di eventi dopo St Andrews. Ma non era stato più inserito nella rotazione per un futuro Open a causa del suo atteggiamento discriminatorio.
Le votazioni di Muirfield
Nel 2016, apparentemente proprio per tornare in gioco, il club ha tenuto una votazione. Ma non si riuscì a raggiungere la maggioranza dei due terzi necessaria per cambiare le regole. Il primo ministro scozzese definì quel voto “semplicemente indifendibile”.
“L’R&A ha preso in considerazione la decisione odierna in merito all’Open Championship”, ha dichiarato l’R&A in una nota lo stesso giorno. “L’Open è uno dei grandi eventi sportivi del mondo e in futuro non organizzeremo il campionato in un luogo che non ammette donne come membri”.
Meno di un anno dopo, il club si riunì per una seconda votazione. Questa volta, l’80,2 per cento dei soci di Muirfield votò a favore dell’allargamento della platea dei soci, dopo 273 anni di esclusività maschile.
“È estremamente importante per noi organizzare uno dei più grandi eventi sportivi del mondo dove le donne possano diventare socie di tutti i nostri club ospitanti”, ha affermato Martin Slumbers, che è succeduto a Dawson come capo dell’R&A. “E adesso non vedo l’ora di portare a Muirfield il campionato in futuro”.
Gli ultimi golf club irriducibili
Sebbene i club di golf su entrambe le sponde dell’Atlantico abbiano compiuto passi decisivi verso l’inclusione negli ultimi anni, a causa di pressioni esterne o di un senso interno di equità in evoluzione, esistono ancora Circoli per soli uomini. C’i sono Butler National e Bob O’Link e Old Elm e Black Sheep Golf Club vicino a Chicago, Preston Trail a Dallas, Lochinvar in Texas, Burning Tree nel Maryland, Garden City a New York e The Plantation in California, solo per citarne alcuni.
Club come Augusta National, Royal St George’s, Muirfield e Pine Valley hanno dovuto alla fine ammettere che i loro club sono troppo importanti per essere additati come pessimo esempio. Pochi altri sono fermi all’idea che un club privato ha il diritto di fare le proprie regole, che il mondo esterno approvi o meno. Un atteggiamento a dir poco opinabile e davvero fuori dai tempi.
Libera traduzione da Daniel Rapaport, Golf Digest