A un giorno dal via del suo 14° U.S. Open in carriera (con una vittoria, quella al Congressional nel 2011), Rory McIlroy si è presentato davanti ai media a Brookline per la tradizionale conferenza stampa pre torneo offrendo un’interpretazione onesta dell’attuale caotica situazione in cui verte il professionismo maschile.
Quattro mesi fa, interpellato sulla Superlega, il nordirlandese disse che sarebbe stato un buco nell’acqua. La LIV Golf Invitational Series invece ha preso il via ufficialmente il 9 giugno portandosi con sè altri giocatori del PGA e del DP World Tour.
“Penso di aver preso molte dichiarazioni dei miei colleghi troppo alla lettera – ha detto -. Immagino sia quello che ho frainteso. Alcuni di loro si erano impegnati con il PGA Tour e poi sono tornati sulle loro posizioni. Li ho presi in parola all’inizio e mi sono sbagliato”.
McIlroy in passato ha vissuto per un periodo a Dubai, quindi ha familiarità con il mondo arabo. Ma, come ha chiarito con fermezza più volte, non ha alcuna intenzione di cambiare e di cedere alle sirene dell’Arabia Saudita. I
l nordirlandese si sente parte del PGA Tour, anche se ha voluto precisare: “Io non devo reclutare nessuno, non lavoro per il tour, sono loro che lavorano per me. Il PGA Tour è stato creato da leggende del golf che ci hanno preceduto, come Jack Nicklaus e Arnold Palmer. Hanno dato vita a qualcosa che ha cambiato in meglio il professionismo e hanno lavorato duramente per ottenerlo.
Mi dà fastidio vedere denigrato il loro sforzo per farlo crescere negli anni. Il PGA Tour mi ha sicuramente dato tante opportunità e io ne ho tratto molti vantaggi personali. Bisogna osservare le cose sotto ogni angolo in un’immagine d’insieme per avere una visione corretta. Penso solo che quello che sto facendo sia la cosa giusta in questo momento. Non credo che tra colleghi ci sarà una rottura di relazioni tra chi ha scelto di lasciare il Tour per il LIV, ognuno ha preso una decisione di vita e professionale.
Phil Mickelson ad esempio ha vinto un major solo 13 mesi fa, il coronamento di un’eccezionale carriera e uno dei risultati più impressionanti nella storia del golf. Sono rimasto deluso da come ha affrontato la questione LIV ma è anche vero che poi ha dichiarato di aver sbagliato nel gestire alcune situazioni. Chi sono io per sedermi qui e dire a Mickelson come deve fare certe cose? Se mi spiace che abbia scelto di andarsene? Sì certo, ma lo rispetto ancora moltissimo”.
A McIlroy è stato chiesto di confrontare la propria decisione di attraversare l’Atlantico alla ricerca, tra le altre cose, di montepremi più grandi. Ancora una volta non ha perso tempo nell’identificare importanti distinzioni tra la sua esperienza e quella di coloro che hanno aderito al LIV.
“Negli Stati Uniti ci sono 4/5 tornei imperdibili – ha detto -. Il viaggio diventa sempre più difficile da gestire andando avanti e indietro tra Europa e Stati Uniti. Per darmi quindi maggiori possibilità di performare al meglio e provare a vincere i major l’America era il posto dove dovevo stare. Non credo che fosse tutto e solo una questione di denaro. Certamente nulla era garantito, dovevi scendere in campo e giocare bene per guadagnarti titoli e soldi. Un po’ diverso da quello che invece si vede ora…. L’ho detto anche qualche giorno fa, i soldi non comprano la fama e tantomeno la storia”.