Incredibile, fantastico e bellissimo il ritorno di Tiger Woods sul trono del Masters, 14 anni dopo l’ultimo successo. Per noi una punta di amaro resta perché il sogno di vedere la Giacca Verde sulle spalle di Francesco Molinari l’abbiamo accarezzato a lungo. Ma se il vincitore non ha potuto essere Chicco, quale miglior scelta della Tigre, tornata a ruggire con una forza impensabile meno di due anni fa?
All’inferno e ritorno
La risurrezione dall’altro mondo (sportivo e umano) rende Tiger ancora più monumentale nella storia del golf, e non solo. I problemi famigliari, gli scandali, l’arresto, gli infiniti guai fisici tradotti in una quindicina di operazioni avrebbero abbattuto un toro. Ma lui invece no, è riuscito a risorgere dalle sue ceneri. E oggi, con enorme piacere, siamo felici di esserci sbagliati quando abbiamo messo in forte dubbio le sue possibilità di recupero. Unica consolazione quella che siamo senz’altro in numerosa e qualificata compagnia. Dopo la chiusura della sua storia con Lindsay Vonn sembrava davvero che il Fenomeno fosse finito in una spirale discendente senza fine.
Uno squillo fortissimo era già arrivato lo scorso settembre con il successo nel Tour Championship, atto finale della stagione 2017/2018. Il field era di primissimo livello e l’81° successo di Tiger nei tour mondiali era già stato salutato come una straordinaria rivincita su mille sfortune e disavventure. Ma un major, e per di più il Masters, poteva restare il sogno irraggiungibileLa sua era stata una carriera sportiva esaltante come poche altre, ma pareva avviata verso la fase discendente.
22 anni dopo la prima Giacca Verde al Masters
Nell’armadio della sua reggia a Jupiter, in Florida, quattro giacche verdi erano già arrivate (anche se in realtà ne esiste una sola ed è conservata gelosamente nel suo armadietto personale dell’Augusta National). Ma la quinta, targata 2019, ha un sapore davvero diverso, paragonabile forse solo alla prima, quella del 1997, quando Tiger era poco più di un ragazzino.
I motivi sono molti. Innanzitutto interrompe un digiuno cominciato nel giugno 2008, con lo U.S. Open, il suo major numero 14. Alzi la mano chi avrebbe scommesso un dollaro sul fatto che ci sarebbero voluti ben 11 anni per tornare a dominarne un altro. Questo lungo lasso di tempo, infarcito dalle note vicissitudini cui abbiamo accennato, certifica la sua straordinaria classe. Solo i grandissimi del golf, come Palmer, Nicklaus o Player, per citare i tempi più recenti, sono stati capaci di perpetuare in decenni diversi il loro dominio da veri fuoriclasse.
Sono 22 gli anni che passano dal primo successo al Masters a quello di oggi, un’eternità. E ora Tiger è a un solo successo dal record dell’immancabile Nicklaus, che di Giacche Verdi ne ha indossate ben sei. Ma ovviamente riparte anche la caccia ai 18 major vinti dall’Orso d’Oro, adesso un po’ più vicini, visto che Tiger ne ha aggiunto uno ai precedenti 14. Quello che per Woods era diventato un vero incubo in tutte le conferenze stampa (“Mr. Woods, pensa che riuscirà a battere il record di Nicklaus?” era sempre la domanda più gettonata) adesso può essere visto sotto una luce molto diversa.
Dal Masters il biglietto per i top ten
Recuperato il posto che gli spetta fra i migliori del mondo (la vittoria nel Masters lo riporta fra i top ten, al sesto posto), il 2019 promette di essere un anno spettacolare per Tiger. Tutto il golf, che gli deve moltissimo, è pronto ad accompagnarlo verso nuovi e inaspettati traguardi. E subito l’interesse per il nostro sport, ne siamo certi riprenderà quota. A 43 anni speriamo che Eldrick Tont “Tiger” Woods abbia davanti ancora molte stagioni da numero uno. Perché nessuno sa emozionarci come lui.