Ha atteso l’ultimo momento, come si addice alle grandi star, per comunicare al mondo intero la sua attesissima decisione finale. Tiger Woods gioca l’86° Masters.
Dopo meno di 14 mesi dal pauroso incidente stradale in cui ha rischiato la vita, il Fenomeno ci regala un altro miracolo sportivo degno della sua leggenda, quella di un uomo che, con le sue imprese, ha cambiato il golf come nessun’altro nella storia di questo sport.
Ci sono voluti tre giorni a stretto contatto con l’Augusta National e tornare a respirare la sua magica atmosfera per fargli prendere una decisione definitiva, anche se forse lui questa scelta l’aveva già fatta molti giorni prima di varcare i cancelli di Magnolia Lane.
Nei giri di prova campo gli occhi di decine di migliaia di spettatori, tornati finalmente ad affollare l’Augusta National, erano tutti e solo per lui, per scovare nei suoi movimenti e nei suoi sguardi un gesto di assenso, la parola tanto attesa, quel sì che avrebbe cambiato il volto di questa 86esima edizione.
Lo swing di sempre, le mani magiche a disegnare in modo impeccabile ogni colpo intorno e sui green, forza e solidità come il Tiger di prima dell’incidente, e una palla che esce dalla faccia del driver a oltre 170 miglia all’ora.
Tiger è un perfezionista, sin da ragazzino non ha mai lasciato nulla al caso e così ha fatto fin da quando a grippato per la prima volta un bastone e per tutto il resto della sua vita.
Non sarebbe mai sceso in campo al Masters di quest’anno se non avesse capito di essere veramente in grado di poter competere per il titolo. Il ruolo da comprimario non è nel suo DNA. Nella sua testa c’è solo una parola, la vittoria.
Prima ancora di giocare questo Masters è lui il vincitore morale di questa edizione. Tiger ha lasciato di nuovo il mondo a bocca aperta, riuscendo nell’ennesima missione impossibile della sua incredibile carriera.
Sarà il suo 24° Masters in carriera. In 23 partecipazioni dal 1995 al 2020 (ha saltato solo quattro edizioni, 2014, 2016, 2017 e 2021) ha conquistato cinque titoli (1997, 2001, 2002, 2005 e 2019), 12 Top 5, 14 Top 10 e ha passato il taglio 22 volte (solo nel 1996, ancora da amateur, si fermò dopo 36 buche), con una media score di 70,9.
Il Masters senza di lui non sarebbe stato vero Masters, appesantito anche dall’assenza del suo eterno amico-rivale, Phil Mickelson, otto Giacche Verdi in due. Nel suo 25° anno da professionista Tiger torna così al centro dell’attenzione mediatica di tutto il mondo, sul palcoscenico che ama più di ogni altro e che lo rappresenta maggiormente.
È stato un cammino difficile, come lui stesso ha dichiarato martedì in conferenza stampa, nel quale ha lavorato sodo per lunghi e intensi mesi, a riflettori spenti, insieme al suo team per arrivare pronto all’appuntamento che sognava più di qualunque altro.
Giocherà con dolore ma, alla domanda, ha risposto con un sorriso ironico, come a ricordare a tutti che lui, con una gamba rotta, nel 2008 vinse lo U.S. Open a Torrey Pines dopo un epico playoff di 18 buche contro Rocco Mediate.
Il dolore lo sa gestire, non è un problema, il dubbio nella sua testa è sempre e stato uno solo: essere in grado di swingare come prima e soprattutto essere ancora capace di trovarsi in contention domenica pomeriggio per il titolo come nel 2019.
L’ennesimo miracolo sportivo di Tiger è frutto della sua straordinaria forza di volontà, quella che gli ha permesso di rendere epica una carriera già di per sé straordinaria.
L’Augusta National ritrova così il suo campione più leggendario, paladino di mille battaglie, di colpi memorabili passati alla storia e di un sogno ancora vivissimo, indossare la sesta Giacca Verde a 45 anni.
Jack Nicklaus nel 1986 vinse il suo sesto Masters a 46, a 23 anni di distanza dal primo, nel 1963. Jack e Tiger, l’eterna sfida non è ancora finita.