Ci sono campi in cui basta semplicemente nominarli per far venire la pelle d’oca anche ai più forti giocatori dei Tour maggiori.
Bene, senza troppi giri di parole, possiamo tranquillamente dichiarare che il Marco Simone da lunedì sarà annoverato tra questi.
La bellezze del tracciato ha lasciato a bocca aperta addetti ai lavori e spettatori.
Un disegno mai scontato che buca dopo buca diventa un escalation di difficoltà e spettacolarità.
Ma quello che più di tutto ha lasciato attoniti sono i green.
Impossibile descriverne l’estrema difficoltà con le sue triple pendenze, una velocità che non ha nulla da invidiare ai grandi tornei sul PGA Tour.
Oggi, al termine del moving day del 78° DS Automobiles Italian Open i green del Marco Simone hanno mietuto le sue vittime.
Se si sbaglia settore di atterraggio i tre putt sono pressoché assicurati.
Nei putt lunghi sembra che inizialmente la pallina si muova nella giusta traiettoria e con i giri calcolati al millimetro, ma superati i primi dieci metri, acquista una velocità tale da finire spesso oltre i quattro metri. Insomma, con determinate posizione di bandiera, chiudere una buca con soli tre putt è un vero lusso.
Dalla 1 alla 18 non c’è un momento di tranquillità
La 17esima buca è stata nel terzo giro in assoluto quella che ha creato più problemi con una media di 3.75. Un numero impressionante se si pensa che a calcare i green sono alcuni tra i giocatori più in forma del momento.
Per non dimenticare anche i quattro se non cinque putt. Sì, non è un scherzo.
Oggi Victor Dubuisson ha concluso la sua 15 con cinque putt…
Non c’è giocatore quindi che non abbia perso almeno tre colpi sui questi grandi “mostri verdi romani”. E i numeri parlano chiaro.
Statistiche alla mano si scopre che intanto l’Open d’Italia è il torneo con lo speed meter più alto di tutti i tornei dello European Tour e la media putt si avvicina a quella del PGA Tour. Circuito che, sappiamo, presenta sempre in ogni suo evento una difficoltà e una velocità dei green al limite dell’impossibile.