Di questi tempi ogni tanto mi viene il dubbio che il Padreterno non giochi a golf. È l’eresia di un istante, uno sbandamento momentaneo, il tarlo di un secondo.
Perché subito dopo mi convinco che il Creatore ci ha messo sei giorni a mettere in piedi tutto l’universo solo per potersi dedicare, il settimo, a rincorrere una pallina candida sugli eterei green dell’infinito.
È vero che il pasticcere in genere non è goloso dei dolci che sforna, ma li assaggia e li assapora, se non altro per accertarsi che gli siano venuti bene.
L’Altissimo è troppo onnisciente per non aver capito all’istante che quel passatempo con mazze e bastoni rappresentava, per l’umanità, una sorta di aperitivo del paradiso.
E ci scommetterei che da qualche parte ha provato a far volare un ferro 7 in bandiera. Anche solo per sentirsi dire: tu sì che giochi da Dio.
Convinzioni ferree, quasi dogmatiche, che mi porto dentro da sempre, ma che non sono riuscite a fare da argine al dubbio satanico che mi ha assalito nei giorni scorsi.
Mi spiego: dopo anni e anni il golf approda finalmente alle Olimpiadi e ha in questo modo l’occasione di diffondersi ancora di più nell’orbe terracqueo.
Gli occhi elettronici delle telecamere di mezzo mondo hanno la possibilità di trasferire verdi panorami, swing armoniosi, putt chirurgici nei salotti di tutto il pianeta.
Si è visto cosa è successo con il curling: quando i riflettori olimpici si sono accesi su uno sport praticato da qualche migliaio di persone in tutto l’universo, gli abitanti del globo hanno sentito l’insopprimibile desiderio di sfidarsi alla petanque sul ghiaccio.
E volete mettere l’appeal di un fairway con quello di una bocciofila surgelata?
Bene, il golf approda ai Giochi e quattro anni fa si scontra con il virus Zika, quello che a Rio de Janiero assottigliò la compagine di giocatori in partenza per il Brasile.
Non pochi, compreso il nostro Francesco Molinari, alzarono bandiera bianca di fronte al rischio di contrarre un’infezione. E ne uscirono tornei ridimensionati.
Questa volta, in vista di Tokyo, è stato il Covid-19 a costringere il Comitato Olimpico Internazionale alla decisione più dolorosa, lo slittamento dei Giochi al 2021.
Che poi, a pensarci bene, le preoccupazioni per i tornei olimpici sono del tutto marginali rispetto a quelle, ben più pressanti e fosche, che si addensano sul mondo del golf in generale e su quello nostrano in particolare.
In un momento di grande difficoltà per i Circoli italiani, la chiusura forzata dei campi e il conseguente crollo degli incassi rischiano di dare la spallata definitiva a molti club con bilanci in affanno.
Per di più nel momento del risveglio primaverile, quando massima è la fame di green, slice e rattoni. La mia sacca giace da tempo malinconica in un angolo del garage.
Non potendo andare al Circolo, come tutti ho provato a inventarmi delle alternative da quarantena: una pitching area in terrazzo, un putting green in corridoio, una buca sulla moquette. In alcuni momenti ci ho anche preso gusto e a tratti mi sono convinto che grazie a questa ginnastica casalinga mi sarei ripresentato in campo tecnicamente in forma e con maggiori chance di birdie.
Ma giocare a golf in terrazzo è come vedere un porno: può aumentare l’eccitazione, ma mai rimuovere il desiderio.