Coppa del Presidente 2020 – Biella Betulle – 18 buche virtuali con il Presidente.
Caro Amico, quest’anno giocherai con me, come potrà fare ogni socio UILG, la Coppa del Presidente. Tu sarai il giocatore, così come ogni socio UILG che lo vorrà, io sarò il tuo marcatore e insieme faremo le 18 buche. Il golf di Biella Betulle è posto sulla collina morenica che separa il territorio biellese da quello di Ivrea, terreno ideale per un campo di golf perché drena velocemente l’acqua. Le buche tutte diverse l’una dall’altra, sono delimitate quasi sempre da alberi, famoso per la velocità e le pendenze dei suoi green. È il percorso che si è aggiudicato per il maggior numero di anni la classifica di “miglior campo italiano“. Fondato nel 1958 è stato progettato da John Morrison. Ha una club house in stile inglese, con pavimenti in rovere che portano i segni dei chiodi delle scarpe.
Presidente: “Carissimo Amico “Gildo” (questo il tuo nome oggi, tipico del biellese), benvenuto a Biella, spero che il viaggio sia andato bene, prendiamoci un caffè e partiamo, siamo fortunati: abbiamo trovato una bella giornata primaverile, il terreno è asciutto, ci regalerà qualche metro di rotolo. Ecco lei è Maria, il tuo caddy, io tengo il tuo score e ti ricordo che qui oggi giochi 18 e che si piazza“. L’amico “Gildo“, che sfoggia la sua sacca UILG, si infila il guanto, piazza la palla sul tee e inizia, da protagonista, la sua giornata di golf.
Gildo: Buon gioco a tutti, gioco una Nike 4 con dei puntini rossi. Mi ricordo questa buca, devo superare il bunker al centro del fairway, non devo andare a destra, c’è un fosso. Gioco il drive, la palla arriva a sinistra del bunker, sono a 170 metri, green in salita difeso da un grande bunker sulla destra. Piazzo bene la palla, legno 3, vola ma batte sulla sponda del green e la pallina torna giù rimanendo a metà collinetta. Bandiera a metà green sulla destra, il caddy Maria, mi dice che è meglio stare corto o di fianco per non avere un putt in discesa. Approccio con il wedge, un po’ troppo attaccato, batte in bandiera, la supera e la pendenza porta la palla a destra in alto un paio di metri. Tocca a me, “la tocchi adagio – dice Maria – sul bordo destro”. Mi sembra di non averla toccata, la pallina parte, arriva in zona buca, sta di fianco a destra, la supera e poi piega a sinistra a 60 /70 centimetri per un putt centro buca in salita. Ok centro buca un po’ allegro, la palla tiene la linea e faccio 5. Uno sopra, ma per me è par, visto che ho un colpo a buca.
Pochi metri e sono al battitore della buca 2, un par tre diritto 175 metri più o meno. Green difeso da bunker a destra ed a sinistra, a destra una fila di alberi a protezione del battitore della tre. Penso: devo essere preciso, arrivare in green di volo. Legno 3, diritto, batte proprio prima del green prosegue veloce esce dal green in fondo di 50/60 centimetri. Bandiera posta a due/tre metri da inizio green sulla destra verso la buca tre. Ho un putt di 10 e più metri in discesa con pendenza verso destra. “Tenga giù la testa, stia fermo“ tuona Maria, direzione mezzo metro a sinistra della buca. Vado: la palla parte bene, non ho osato stare troppo a sinistra, inizia a prendere un po’ di pendenza, ma quando si ferma è un metro di fianco a destra della buca. Si può fare: “non sotto – sentenzia Maria – siamo in piano”. Bene, adagio adagio la pallina arriva al bordo buca e con l’ultimo respiro cade dentro. Tre, par, metto un colpo in cascina. Ricevo i complimenti del Presidente.
Sono soddisfatto, sto giocando meglio di tutto il team. Ci spostiamo di 10 metri e siamo alla buca 3, me la ricordo, buca ostica. Un dog leg, quasi a U, par 4, con ruscello a sinistra che poi attraversa il fairway, green al termine di una salita, bunker sulla sinistra e dietro al green. Tocca a me, ho l’onore per il par alla due. Non è un drive dei migliori, parte a destra, l’ho guardata un po’ troppo e mi piazzo appena fuori fairway, non vedo il green e ho sulla sinistra la fila di alberi e di traverso tutto il ruscello. Meglio uscire con un ferro 9, mi dico, e mettersi davanti al ruscello, in sicurezza, inutile tentare di superarlo. Ci provo, l’erba del rough è folta, esce un colpo pesante che mi lascia più indietro di quanto previsto, vedo il green, ma devo fare 150 metri in salita. “Ci vuole un ferro in più“ dice Maria, meglio il ferro 5. OK, ci provo, un po’ slice, non avevo i piedi in piano, la palla batte a destra del green prende la discesa rotola a 20/25 metri a fianco green, sul pulito. Bandiera cattiva, a inizio green, in fondo alla pendenza. Tiro il quarto, ”verso il centro green – suggerisce Maria – poi cade da sola”. E’ così, però va lunga appena fuori green a tre metri dalla buca. Prendo il putt e provo, per il 5, sempre giocando sopra la buca, -“cactus“- sono corto, alto, ancora un metro in leggera discesa. Non è un colpo semplice sia per la velocità che per la pendenza, “a sinistra” la voce di Maria. Mi alzo a guardare, la palla pende verso destra, tocca leggermente il bordo buca e non entra. Faccio 7, non serve. Non mi sembra di aver fatto una brutta buca, dei gravi errori, ma il risultato è pessimo. Il Presidente fa 6.
Pochi passi e siamo alla buca 4. Dog leg a sinistra, par 4. Drive diritto, a sinistra ci sono alberi e così a destra a delimitare il fairway. Poi ci sarà un colpo lungo, per un green in discesa con entrata in alto a destra. Gioco per ultimo a causa della X, parte un drive che non è il massimo, rimango a destra verso gli alberi che delimitano la buca, impossibile arrivare in green, devo stare attento a un bunker sulla destra a circa 130 metri, devo giocare lì, se vado a sinistra la palla infila il bordo della scarpata verso la buca 5 e non si sa dove finisce. Un buon colpo, dopo il bunker, da lì gioco un pitch terzo colpo al green, devo battere in green e in alto corto perché la palla rotolerà verso la bandiera posta in fondo in basso. È così, ma un po’ troppo corto: la palla scende ma resta almeno un paio di metri prima della bandiera. Siamo tutti più o meno lì, vedo la palla degli altri, anche Maria dice che piega a destra, un po’ in discesa. Ci provo per il par, non va, un po’ veloce vado dietro la buca di mezzo metro e chiudo in 5, uno sopra. Due punti.
Scendiamo di una decina di metri e siamo alla 5. Un par 3 con acqua davanti, due laghetti e un ruscello sulla sinistra, se si va a destra si entra in un boschetto con palla da ritrovare in luogo imprevedibile. Green a due piani, a fagiolo, con bunker davanti a difesa. Da 160 a 170 metri, in relazione ai tee di partenza. Mi era sempre sembrata una buca semplice, oggi mi pare difficile, non mi sento sicuro. “Non vada a guardare“ così dice Maria, che ha già capito il mio difetto. “Un bel movimento, completo“, mi sistemo sul tee con in mano il legno 3, parte la palla, verso il green, batte prima e finisce in bunker dove si ferma. Ho una uscita corta, il bunker confina con il green, la bandiera è sul piano alto, un po’ in fondo. Tra me penso: l’importante è uscire, sabbia e palla, sotto, senza fermare il movimento. Tanta sabbia, colpo corto, rimango sul piano basso, tiro il terzo con la consapevolezza di non poter imbucare: esce un colpo mediocre. Sono ancora a tre metri dall’asta, batto il quarto, diritto e in piano, non va, ancora corto e storto a mezzo metro. Imbuco per il 5. Un punto, buca persa o recuperata? Sicuramente giocata senza cuore, preoccupato solo di non rimanere in bunker. Il Presidente ha giocato meglio di tutti, palla un po’ corta a 50/60 metri dal green, wedge in bandiera, bel putt e ha fatto 3, è tutto contento, parla un po’ di più!
Lasciamo il green e andiamo alla 6, par 4 dog leg a sinistra, una volta c’era un grande albero a infastidire il drive, posto quasi in mezzo al fairway, da qualche anno strada libera, meglio non andare a sinistra per non precludersi il colpo al green, ancorché lunghissimo, ma che si può tentare soprattutto con il terreno asciutto giocando sulla destra. Cambio la palla, prendo una Callaway, magari è più fortunata della Nike che usavo prima. Drive a destra in buona posizione, ma non abbastanza lungo, per me da li ci vorrebbe il cannone. Provo con un legno tre da terra, esce un “rattone“ commerciale, che non fa danni e resto a 50 metri da inizio green, ma in centro fairway. Ferro 11, per il terzo colpo, perfetto, sono in bandiera, corto un metro o poco più. Devo imbucare, Maria guarda la linea ”è diritta, non stia corto“, mi concentro, metto il putt bene tra le mani, faccio una prova, devo farlo oscillare con la testa diritta, non chiudere con le mani, via, parte la palla, diritta, piega leggermente a destra ma entra in buca lo stesso. Un bel 4, par e tre punti sullo score. Sono a 11 punti in 6 buche. Poche parole del Presidente: “bella buca!”
Una piccola salita per arrivare al battitore della 7, posizionato in alto rispetto al fairway. Par 5 leggero dog leg a sinistra, bunker a destra sul drive, bunker a centro pista sul secondo colpo, bunker intorno al green, rialzato di 10 metri, a due piani. È il mio turno, bisogna eseguire un colpo diritto, a destra la buca è delimitata da alberi, a sinistra si va in rough. Un buon drive, diritto con un po’ di rotolo, sul secondo colpo ho tutto il fairway a disposizione. Meglio stare a sinistra facendo attenzione a non andare in bunker, se si gioca a destra è più difficile tirare al green e sul terzo colpo si rischia di entrare in un bunker profondo, stile Scozia. Preferisco non rischiare il legno, provo con un rescue 22, che mi da più fiducia. Preso bene, ma la distanza non è sufficiente per mettermi in grado di arrivare in green con il terzo. Ho ancora 160/170 metri, una distanza che posso fare con un legno 3 preso bene, ma qui c’è il green in salita e poi non me la sento, decido di piazzare il colpo davanti al green, per un approccio più sicuro. La bandiera dovrebbe essere in fondo, sul rialzo e il green è anche stretto. Maria non approva, ma io chiedo il ferro sette. Non voglio neppure andare troppo lungo perché preferisco fare un colpo pieno con il ferro 11 e non un wedge. Va bene, rimango a 35/40 metri inizio green, circa 60 dalla bandiera. Tiro il quarto colpo, ferro 11, purtroppo prendo troppa terra, sollevo una “bisteccona“ la palla, molle, si alza e atterra ancora fuori green di un paio di metri. Maria mi passa il wedge per l’approccio, ma io non sono più sicuro, ho paura di ripetere il tiraccio di prima, decido per un pitch a correre, poco volo basso e tanta corsa, per far salire la palla sul piano alto del green. Un quinti colpo discreto, sale ma prende la pendenza e scivola tanto verso destra a bordo green, 3 metri dalla bandiera. Putt diritto, si avvicina, si ferma 30 centimetri a sinistra della buca. Infilo per il 7, e mi prendo un punto. Nessuno parla, siamo tutti concentrati.
Passiamo alla 8, par 4 dog leg a destra, alberi al limite a sinistra e a destra. Fairway in pendenza destra alta e sinistra in basso. Il drive deve essere lungo, per riuscire a vedere il green, se si sta corti o troppo a destra si deve giocare un colpo di avvicinamento. Parto con il drive, centrale, ma non lunghissimo, sono indietro, la possibilità di giocare verso il green è ostacolata dal bosco di destra. Non posso neppure giocare un colpo lungo perché a sinistra ci sono altri alberi e un spiazzo con un rough penalizzante che tante volte impedisce di trovare la palla. Quindi per il secondo posso giocare un ferro 6 o un rescue e devo stare in fairway. Operazione riuscita, rescue a centro pista, 100 metri da centro green. Il green è stretto e lungo con pendenza e su un rialzo, se si esce la palla resta nel raffettino in basso. Ci provo con un ferro 9, parte bene alta, un po’ agganciata, batte in green ed esce sulla sinistra di un paio di metri altezza bandiera. Maria mi passa il wedge, non devo sbagliare, mi immagino il colpo, piccolo volo verso la bandiera, un po’ di rotolo. “giochi sopra“ dice Maria. Così è, quarto colpo buono, resto sopra un po’ di traverso, un metro e mezzo dalla buca. Sono soddisfatto. Quando vado sulla palla per il putt, mi accorgo che è un colpo difficile, in discesa, di traverso. Maria mi dice, “basta toccarla“ e mi indica il percorso che dovrebbe fare la palla, una mezza luna a sinistra e poi la palla dovrebbe rientrare a destra e trovare la buca. Ci devo credere… io avrei tirato sul bordo sinistro, ma non di più. Maria mi ha anche indicato un punto, un pezzettino di green con una macchia scura, “lei giochi qui, non vada a guardare“ ci provo, è vero la palla passa sulla macchia, va avanti ancora un po’, cala sulla destra e si trova sulla traiettoria la buca ed entra. Un magnifico 5, che vale due punti. Fatto per merito di Maria. Il nostro team è perfetto, si parla poco, il necessario, non si raccontano barzellette, battute, non abbiamo mai perso palline, grazie anche a Maria e al caddy del Presidente che trovano tutto. Sorriso del presidente che mi fa il segno… della fortuna… rotondo!
Una cinquantina di metri e siamo alla buca 9, par 5 tutta diritta, green con grande pendenza protetto, oltre che da bunker, anche da un fossato però con erba. È obbligo giocare tre colpi diritti, non andare soprattutto negli alberi di destra. Drive discreto, diritto quasi al piantone sulla destra. Adesso devo prendere un legno tre preciso e stare in centro fairway. Va bene, non è lunghissimo, ma non mi metto nei guai. Sono a 150/160 metri, distanza delicata per il mio gioco. Se si va lunghi in fondo al green o fuori green con il colpo successivo è difficile tenere la palla in green a causa della forte pendenza. Se si resta corti si finisce nel fossato o sulla sponda e si deve giocare un wedge alla bandiera. Provo con un legno 5, parte a sinistra, un po’ forzato con le mani per dargli di più. La palla atterra in rough appena sopra al fossato a sinistra dove ci sono tre o quattro betulle. Speriamo in bene. La palla è dietro a una betulla, giocabile ma non alla bandiera che è posizionata in basso. Devo giocarla un po’ alta e sperare che scenda. Tiro il quarto colpo. La palla è alta, ma veloce, attraversa il green, sta ancora alta, esce dal green e si ferma un metro fuori. Sono a circa 4 metri dalla bandiera, in alto. Un colpo difficile! Ho anche un metro di erbetta prima del green, non mi fido a giocare un ferro, un wedge o altro, rischio il putt e Maria mi indica dove giocare, anche qui la palla deve entrare in green arrivare sul prolungamento della bandiera e poi “morire“ scendendo verso la buca. Deve passare l’erba non dia troppo piano, ma per me non è facile, ho paura di attaccare la palla e di finire fuori green al bordo del fosso. Ci provo, seguo le istruzioni, palla morbida, passa l’erbetta, appena sente il green accelera e tiene la linea, è sopra di un metro e mezzo alla bandiera, quasi si ferma e inizia a scendere verso la buca la supera e si ferma 20 centimetri a sinistra. Uno spettacolo! Ricevo i complimenti da tutti, anche da Maria e dal Presidente. Chiudo in 6 colpi e prendo due punti. Questa buca mi è piaciuta, sono rimasto concentrato e ho avuto anche un po’ di fortuna. Sulle prime 9 conto 16 punti. Decidiamo tutti di fermarci poco alla buvette, in club house, non abbiamo mai aspettato e non abbiamo nessuno dietro, dobbiamo tenere questo passo, siamo tutti concentrati, io devo fare un buon risultato per la classifica del Trophy. Una mezza minerale e un panino da mangiare strada facendo e ci troviamo subito alla 10.
“Gildo hai l’onore!” Dice il Presidente. Inizio le mie seconde nove buche. La buca 10 è un par tre con green in salita, 170/180 metri, betulle a sinistra, bunker sotto le betulle e a destra del green. Provo con un legno 3, la palla, centrale, si ferma sotto il green a circa 30 metri dalla bandiera. Prendo il wedge, ma Maria mi dice ”meglio il pitch”, la palla quando arriva in green deve correre per 10 metri. Ci provo, è così, la palla entra in green di un paio di metri e poi corre verso la buca restando davanti a un metro o poco più! Grazie Maria… guardo la linea del putt: diritta. Ok Maria indica il bordo sinistro, “ci deve arrivare“ dice… non ci penso troppo, diritta e plac, palla in buca! Un bel tre e tre punti sullo score, che goduria. Il presidente alza la sua bottiglietta di acqua Lauretana in segno di un ben augurante cin cin, rispondo al brindisi.
Buca 11 par 5, me la ricordo bene, dog leg a destra al secondo colpo, sul terzo ostacolo d’acqua che attraversa il fairway e laghetto sulla sinistra. Green a due piani. Tocca a me per il par. Sono “gasato“ non capita spesso di giocare con il Presidente, poi a casa sua a Biella, e sento di essere giudicato, ma sono tranquillo. Drive, non lungo ma a centro pista, un po’ più avanti di tutti, così vedo dove giocano. Non vedo il green ho la coda degli alberi a destra. Maria mi indica un gruppo di alberi sulla sinistra a 170/180 metri, “giochi lì, tanto non arriva”, grazie! Che fiducia! Ma ha già visto come gioco e quali sono le mie distanze. Legno 5 per il secondo colpo, vado in quella direzione. Palla buona ancora in fairway. Quando sono lì non vedo il fosso, scusa Presidente, non c’era un fosso? È vero, ma da 5 o 6 anni l’hanno chiuso, non c’è più, risponde il Pres. Maria mi passa il ferro 6 e mi dice: ”ci vuole tutto, movimento completo anche davanti!“ Non ho un caddy, ho un maestro! Perfetto, non è mondiale, esce un tiro basso ma arriva in green e sono l’unico a essere qui “in regulation“ , cioè con due putt da tirare per segnare il par. Aspetto l’arrivo degli altri con aria soddisfatta. Bandiera sul rialzo del green, io sono in basso a 5 metri più o meno. Vedo gli altri putt, quando salgono le palline vanno a destra. Maria mi indica un punto della salita dove devo passare: “qui, giù la testa e ci deve arrivare“, ho capito che non devo stare corto. Attacco e passo dove mi ha indicato, la palla poi piega a destra, prosegue, prende l’asta della bandiera, non entra ma si ferma a 30 centimetri. “Che obice!” esclama il Presidente, se non prendeva l’asta eri a Magnano (il paese a 2 km dal golf). Io subito replico… no, è sfortuna, poteva anche entrare! Comunque stampo un cinque, par! e sono due par di seguito! Sei punti in due buche. Maria sorride, il Presidente mi fa vedere che segna “giusto“ sul mio score, un bel cinque!
Buca 12. Il Presidente, tanto per incoraggiarmi, mi dice che le prossime 4 buche, tutte par 4, sono considerate ”l’Amen Corner” di Biella, qui bisogna portare a casa la pelle, qui si vince o si perde! Grazie, penso, potevi anche fare a meno di dirmelo! Tocca sempre a me. Piazzo la mia Callaway fortunata, Maria mi indica il paletto dei 150, lontano sulla destra dove inizia il bosco “quella è la direzione“. Fosso su tutta la buca a sinistra per chi vuole tagliare, poi bosco. A destra percorso più lungo, ma tranquillo… quello indicato da Maria. Drive verso i 150, ma sono indietro di una ventina di metri, in centro pista. Il green è in fondo a sinistra, costeggiato dal fosso, davanti e sulla destra i bunker. Vedo gli altri e il colpo del Presidente, tutti fanno un colpo di avvicinamento cercando di stare in centro pista, le palline rotolano a sinistra verso il fosso. Sono a 170 metri, Maria mi passa il ferro 6 e mi dice di giocare verso il bunker di destra, non ci arrivo, ma la palla quando è li, dovrebbe scendere a sinistra verso il green. Ci provo, sempre un ferro 6 un po’ basso, ma corre… arriva una ventina di metri prima del bunker, perde velocità, rotola a sinistra e si ferma. OK è andata bene. Siamo tutti sorridenti, anche chi sbaglia non “smoccola“, non serve a migliorare il gioco! – cactus – ho ancora davanti un pezzo di bunker, devo volarlo per arrivare in green con un colpo di 15 metri e fermare la palla: dietro alla bandiera c’è ancora un po’ di green e poi il fosso! “Cosa vuole“ chiede Maria che non sa che colpo voglio fare! Sand Iron, dico, cerco di fare un lob. “Non trattenga il bastone“ dice Maria. OK è vero, non devo “giocare con le mani”, devo passare sotto alla palla, pulito e non fermare il colpo. Tiro il terzo, bello… la palla vola sopra al bunker, picchia in green fa poco più di un metro e si ferma a tre metri dalla buca. Sento: “da professionista“ è il complimento del Presidente, anche gli altri dicono: “Bella palla, colpo difficile”. Patto per il par, tre metri con buca un po’ a sinistra e green che pende da quella parte. Penso: mi piacerebbe fare il par, ma non mi devo mangiare il bogey, quindi, Gildo, cerca di stare vicino alla buca! Non va, con questa paura rimango corto, serve ancora un putt. Faccio cinque che però vuol dire due punti. Non male, il primo Amen è andato bene!
Buca 13. Sempre par 4, partenza con corridoio stretto tra gli alberi, a destra e sinistra, per arrivare in fairway. Colpo delicato, Maria suggerisce un legno 3, c’è meno rischio di sbagliare. Colpo diritto, un po’ basso, un po’ di paura. Arriva in fairway per una decina di metri. Il green è su una collinetta, tre bunker a destra, a sinistra il fosso della 11. I piedi non sono mai in piano. Da qui non posso arrivare in green. Gioco ai piedi della collinetta, devo stare attento a non fare un gancio! OK missione compiuta. Adesso devo salire in green, la bandiera è un po’ lunga sulla sinistra. Ho imparato la lezione, pitch per arrivare appena in green e poi rotolo, come alla 10. Va abbastanza bene, un po’ di paura, mi sono adressato troppo in centro e rimango li a quattro metri circa dalla bandiera. Putt in piano, non si vede pendenza. “C’è discesa“ è la voce di Maria, “bordo destro“, ci provo. Un po’ troppo veloce, la discesa c’era eccome, mi metto un metro, un metro e mezzo oltre la buca. Non devo sbagliare, mi dico! Aspetto il mio turno. Ok diritta, entra, bene un altro bogey e due punti. Abbonato, dice il Presidente, altri due punti. Sulle seconde in quattro buche ho fatto 10 punti, non male, sono a 26!
Buca 14. Te la ricordi? Dice il Presidente, “Lungo e diritto, è un dog leg a sinistra e poi troviamo un fosso per il colpo al green, è una delle buche più difficili”. Maria mi passa il drive e mi indica un albero lontano, un po’ a sinistra, e mi dice: “giochi là”. Ci provo, Questa volta lo prendo bene, palla alta il giusto, batte in centro pista e rotola. Bella palla, i commenti dei compagni di gioco. Sono sulla palla per il secondo colpo, il green è lontanissimo, in discesa, una cinquantina di metri dopo il fosso, bunker a destra e a sinistra. Che faccio ? Ci ragiono: con un legno 5 o 3 posso passare il fosso, ma non arrivo in green, rischio per nulla, meglio piazzarsi prima del fosso e poi ho un colpo di 70/80 metri per il green. Maria vorrebbe sempre che giocassi all’attacco, ma io non me la sento. Ferro 8 per stare nel piano prima del fosso. Parte un bel ferro, oltre le aspettative, sono in alto e tiro in basso, batte un po’ prima del fosso e non si vede dove va. Cerchiamo la palla, fuori dall’ostacolo non c’è. Non è in acqua. Maria passa dall’altra parte e la vede ferma a metà sulla sponda del fosso. Ci penso, ma viste le facce di tutti, compresa quella del Presidente, capisco che è meglio dichiararla in giocabile, quindi droppo dietro, paletti gialli, scegliendo un posto con buona erba, dove avrei voluto essere con il secondo, invece tiro il quarto. I metri sono quasi 100, tiro il ferro 9. Uno spettacolo, altro bello, centro green. La bandiera è a sinistra, sono a 6/7 metri. Tocca a me, vedo la linea, non corto – mi dico – e vado, rotola, rotola, buona 40 centimetri a destra. Un piccolo putt e imbuco per il sei. Doppio bogey, prendo un punto e sono a 27. Il Presidente mi dice che è andata bene, che ho recuperato alla grande! Ci credo, se lo dice lui!
Pochi passi e siamo alla 15. Me la ricordo bene! Buca in salita, bella ripida, green su tre piani, velocissimo. Non tocca a me, il Presidente ha tempo per dire: “attenzione qui si può arrivare in due in green ed essere fuori con il terzo!” Green pericoloso! Va bene: drive che non deve entrare nel bunker di destra, ma non ci arrivo. Secondo da giocare con tutto quello che ho in canna, la salita porta via uno o due ferri. Piazzo la palla e tiro un legno 3, buono, ma non basta, mi fermo a destra prima del green e dei bunker. La bandiera è sul piano di mezzo, il più fetente, se sono corto ho un putt in salita, se sono lungo non riesco a fermare il putt in discesa ed esco dal green. Devo fare circa 30 metri per essere in bandiera, ne più né meno. Provo, ferro 11, parte bene, batte dopo la buca, sale leggermente verso il piano superiore, poi scende, scende, ma resta sul piano della bandiera, un po’ più in basso a destra un paio di metri. È andata bene! Gli altri se la cavano, il Presidente tira un pitch a correre che sale sul piano bandiera e si ferma dalla parte opposta alla mia. Tocca a lui, così vedo la pendenza, dove scenderà la palla. Il Presidente imbuca e fa 5, aveva perso un colpo strada facendo. Così ho visto poco. Chiamo in soccorso Maria, “salita, mezzo metro sopra bordo destro“ e mi indica un punto. OK, ci credo. Palla che va a destra, poi cade a sinistra e si ferma prima della buca, corto. Piccolo putt con attenzione per imbucare, cinque, come il Pres. e altri due punti per un totale di 29. Bevo un po’ d’acqua, è stata una buca che mi ha asciugato la bocca!
Buca 16. La “signature hole“ delle Betulle, il Presidente dice una delle più belle d’Europa e del Mondo, l’unica italiana pubblicata, qualche anno fa, su una rivista mondiale del settore che riportava le 20 più belle buche del Mondo. Par 5, mi ricordo che sul secondo si gioca alla cieca dall’alto verso il basso, in una valletta con al centro due grandi massi e devi pregare di non finirci sotto o poco dietro. Non ci si deve far distrarre dal panorama, sul secondo colpo, si vedono le Prealpi Biellesi e Oropa. Un momento di sosta per riprendere fiato dopo la salita, sentire le storie del Presidente e si parte. Sul drive non ci dovrebbero essere problemi, meglio stare a destra, dice Maria, ma attenzione al bunker, che è proprio a destra nella parte migliore per battere il secondo colpo. Arrivo quasi di fianco bunker, un buon colpo, per le mie capacità. Quando sono sulla palla e vedo come hanno giocato gli altri, mi accorgo che per scendere verso i famosi massi, ci sono ancora 130/140 metri di fairway e poi 60/70 metri di discesa verso il piano. I miei compagni di gioco, Presidente compreso, hanno giocato un ferro per arrivare sul bordo della scarpata. Decido di osare, provo a scendere, e mi faccio passare il legno 5 con il quale mi sento più sicuro. Il mio caddy Maria va sul bordo della discesa per controllare dove finirà la palla. Piazzo e tiro, abbastanza bene, ma quando forzo il tiro la palla prende un po’ di slice, perché mi “ tolgo “. Comunque supera il bordo della scarpata e poi… Maria dice “vista“ e così vado avanti. La palla è andata nello slargo a destra, prima del boschetto che delimita la 14, i massi sono lontani a sinistra, ma da qui ci sono quasi 200 metri alla bandiera. Non devo stare a destra, il green è posto a sinistra verso la sponda di una collinetta, a destra c’è una scarpata che è meglio evitare. Gioco a sinistra, tanto non arrivo, altro legno 5 per il terzo colpo, ben preso va verso il bordo della collinetta, una trentina di metri prima del green. Nessuno parla, guardo Maria e lei dice “bunker“. Non lo sapevo, non si vedeva e d’altra parte giocavo lì e il colpo era anche buono. È vero sono in bunker, è quasi confinante con il green. La bandiera è dalla mia parte, avanti ancora 10/12 metri. È un bunker basso senza tanta sponda, potrei tentare con il putter “faccio con il putter” dico, Maria me lo passa e mi raccomanda: “colpo pieno, giù la testa, ben accompagnato con le mani“. Provo il movimento fuori dal bunker, poi entro e mi metto sulla palla, ripasso la lezione e gioco, parte la palla, striscia sulla sabbia, si impenna sul bordo, ricade sulla sponda dietro al bunker e rotola in green verso la buca. “Gran colpo di ferro 16” commenta il Presidente, anch’io non mi aspettavo un risultato così buono. Sono rimasto indietro un paio di metri, direzione alla buca. Tengo in mano il putter, lo pulisco e vado a tirare il quinto colpo per il par. “In buca bordo sinistro“ così Maria, sono perplesso non vedevo la pendenza da quella parte. Ci provo, colpo diritto, attaccato, entra in buca senza muoversi. Un bel par, se non fosse entrato avrei fatto un paio di metri ma ha tenuto la linea perché era veloce. Meglio così! Prendo tre punti e vado a 32.
Scendiamo dal green, attraversiamo il battitore della 14, ed arriviamo alla 17, par tre. Tocca subito a me per il par precedente, a Biella si rispetta questa regola, ormai desueta e immolata sull’altare della velocità di gioco. La bandiera si vede a 160/170 metri, a sinistra e dietro il green ci sono dei bunker, questa buca è handicap 18, dovrebbe essere la più semplice. Prendo il legno tre, Maria consiglia il cinque, “dietro ci sono i bunker e lo sporco“ meglio di misura o corto. OK, vado con il legno 5. Resto sul bordo del green, indietro un metro, gli altri compagni di gioco sono sulla sponda della valletta che porta al green. La bandiera è in mezzo al green, in una specie di canalone del terreno, in discesa. Vedo le palline dei compagni, arrivano in green e corrono nel canalone allontanandosi dalla buca. Ci provo io, con il putter, Maria mi indica un punto a sinistra, in alto prima della bandiera. “Qui“. Ok, faccio il possibile, vado in quella direzione, è vero la palla arriva a sinistra, poi perde velocità e torna in basso un metro davanti all’asta. Bene, mi gusto un altro par. Sono l’ultimo a giocare, mi sento tutti gli occhi addosso, “bordo sinistro”, ho capito, dico tra me, e tiro, mi alzo a guardare e apro la testa del putter, palla a destra 30 centimetri a fianco buca, par mangiato! “non ditemi niente!“ e faccio quattro come tutti gli altri. Becco lo stesso due punti, e vado a 34.
Ho ancora l’onore per il par alla buca 16, e guardo la buca 18, un par 5 che, mi dice il Presidente, è stata allungata di una cinquantina di metri per renderla più difficile, soprattutto nei casi in cui si dovesse giocare uno spareggio. Drive con attenzione al bunker che è davanti, ok rimango appena a sinistra e lo supero di una decina di metri. Con il secondo devo stare diritto in mezzo al fairway, perché a sinistra c ‘è un laghetto e a destra una fila di bunker. Legno tre, va bene un po’ a destra, ma in fairway. Da qui si poteva tirare al vecchio green, ma adesso è spostato di 50/60 metri e per me è irraggiungibile. Sono a più di 200 metri. Decido di giocare in sicurezza, senza forzare e ne parlo con Maria, quindi un rescue e poi un pitch, questa è la tattica. Sono piazzato a destra e il green è in fondo sulla sinistra, non ho i piedi in piano e prendo l’address, parte il colpo, sto un po’ aperto, e resto troppo a destra, sulla scarpata che porta alla club house, nel rough che frena la palla e che mi lascia a più di 100 metri dal green. Quindi ferro 9 per il quarto colpo, dal rough, palla in salita, green a sinistra. Colpo pesante, prendo troppo terra prima della palla, rattone che va in fairway, ma sono ancora a 60 metri dall’asta. Ferro 11 per il quinto colpo e ci arrivo appena perché la palla non rotola batte un metro prima ed entra di poco in green. Il green è recente, ben rasato e piatto, Maria mi indica la linea e decidiamo di lasciare dentro l’asta.”Bordo destro, deve arrivare”, attacco il putt da circa 10 metri, va, va , ancora un po’. La palla si ferma a destra, un 50 centimetri prima della buca. Si può fare, ma ho già tirato il sesto colpo. Sono l’ultimo, qualcuno ha finito, il Presidente ha finito i colpi e ha alzato la palla senza chiudere. Non devo sbagliare… ho un po’ di paura, “in buca“ dice Maria. Mi concentro, provo il movimento, la pallina parte leggera, lentamente arriva in buca. Chiudo in sette, un punto e sono 35 totali. Sospiro, vorrei esplodere di gioia, dire qualcosa a voce alta, ma qui non si può. “Usciamo dal green, ci salutiamo dopo e controlliamo gli score” il Presidente ci richiama al dovere. Ci fermiamo sulla stradina della club house, controlliamo gli score, le firme, nessuna correzione, tutto a posto. Maria prende la mia sacca e mi dice: “pulisco i ferri e la metto vicino alla sua macchina“. Grazie Maria, grazie anche per i suggerimenti, Maria è stata preziosa, il suo nome è importante, non ti sarai reso conto, ma hai giocato con l’aiuto della “Provvidenza“ o, se credi poco, della “Dea Fortuna”, quella che invocano sempre i golfisti. Andiamo tutti verso il bar, ricevo tanti complimenti dai miei compagni di gioco e dal Presidente Piero, che rimarca una sua regola personale: “chi gioca con il Presidente va a premio“. Io, Gildo, sono contento e tu socio UILG che sei “me“ giocatore, spero sarai soddisfatto di queste tue 18 buche giocate a Biella con il Presidente, in tempo di coronavirus.