Vi raccontiamo l’incredibile viaggio lungo 152 anni della Claret Jug, l’ambito trofeo consegnato al vincitore dell’Open Championship.

È stata in un bar di Minneapolis, ha brindato in un ristorante Hooters in Texas, si dice che sia stata addirittura maltrattata a una partita di football australiano a Down Under, è stata in un drive-in di McDonald’s e ha persino dormito accanto a un custode molto riconoscente.

È stata il contenitore di innumerevoli bevande, la maggior parte delle quali alcoliche, visto che tra l’altro è proprio per questo che è stato creata…

Le origini della Claret Jug

Chiamato ufficialmente Golf Champion Trophy, la Clare Jug è in realtà un decanter per vino.

Quando fu creata nel 1872, era davvero il premio perfetto per il vincitore del titolo Champion Golfer of the Year.

Non che non sia un decanter molto speciale, composto al 92,5% di argento sterling.

Gli organizzatori dell’Open Championship al Prestwick Club, che ha ospitato le prime 12 edizioni, nel 1871 si trovarono senza un premio da assegnare al loro campione perché Tom Morris Jr. era fuggito con il precedente, la Challenge Belt, dopo aver vinto l’Open per tre anni di fila.

Pertanto, non avendo un trofeo, gli organizzatori decisero che non ci sarebbe stato alcun torneo nemmeno quell’anno.

Con la ripresa dell’Open nel 1872, si decise di far ruotare il torneo tra Prestwick, il Royal & Ancient Golf Club di St. Andrews e l’Honourable Company of Edinburgh Golfers (allora con sede a Musselburgh e ora a Murifield).

I tre club contribuirono con 10 sterline ciascuno alla realizzazione di un nuovo trofeo, una brocca di 21¾ pollici di altezza, 5½ pollici di diametro e del peso di 5½ sterline.

Tom Morris Jr. vinse ancora una volta il titolo, ma non la brocca, che non era stata completata in tempo.

Tom Kidd, che vinse a St. Andrews nel 1873, fu il primo destinatario della Clare Jug originale.

La forma e la funzione della Claret Jug

Gli organizzatori optarono proprio per un decanter da vino come nuovo simbolo della supremazia del golf, data l’affinità britannica per il cibo e le bevande.

Una delle scelte più popolari tra l’alta borghesia era un vino rosso secco noto come claret e, considerando che il vino era tra i premi più appropriati dell’epoca per le gare sportive o le scommesse, sembrava logico che un recipiente fosse non solo appropriato ma anche ben accetto.

Repliche e aneddoti legati sulla Claret Jug

Nessun vincitore ha in ogni caso più detenuto l’originale Clare Jug dal 1926, quando Bobby Jones vinse il suo secondo titolo.

In tempo per l’Open del ’27, vinto anch’esso da Jones, la R&A (che nel frattempo aveva assunto il controllo del campionato) commissionò la creazione di una replica, ritenendo che quella vera fosse troppo preziosa per essere sbandierata in giro per il mondo.

Oltretutto attraversava regolarmente l’Atlantico, come fece per la maggior parte degli anni ’20 con gli americani Jones, Walter Hagen, Jock Hutchison e Jim Barnes.

Nel novembre del 1925, il premio originale dell’U.S. Amateur, l’Havemayer Trophy, in possesso di Jones ed esposto all’East Lake Golf Club di Atlanta, andò perso in un incendio.

Walter Hagen e la Claret Jug

Nel ’26, Walter Hagen dichiarò di aver perso il Wanamaker Trophy in un taxi di New York, ma l’enorme trofeo del PGA Championship fu ritrovato quattro anni dopo in un magazzino di Detroit che, guarda caso, era di proprietà della Walter Hagen Company.

Per coincidenza, Hagen avrebbe posseduto la replica in scala reale della Clare Jug nel 1928 e nel ’29.

Edoardo, Principe del Galles, presentò la nuova versione ad Hagen nel ’28 al Royal St. George’s, e quando “The Haig” tornò l’anno successivo a Muirfield, il campione non riuscì a nascondere l’ammaccatura su un lato.

Da allora, si ritiene che l’R&A abbia creato altre tre repliche “ufficiali”, tra cui una per la World Golf Hall of Fame, mentre una è custodita ed esposta nella hall del R&A insieme al trofeo Amateur e alla Championship Belt.

E questo è un bene. Perché la sue repliche hanno subito numerosi infortuni.

Gli incidenti nella storia della Claret Jug

Il più grave, probabilmente, si è verificato nel 1996, quando Holly, la figlia di Tom Lehman, decise di giocare con le bambole e in qualche modo piegò la brocca alla base con un angolo di 45 gradi.

Lehman a quel punto la fece riparare da un argentiere.

Nove anni prima, nel 19987, quando Nick Faldo vinse il suo primo Open dovette immediatamente restituirla all’R&A per le riparazioni, visto che il precedente detentore, Greg Norman, sembra che l’avesse rovinata con diverse ammaccature.

Faldo aveva così dichiarato a un giornalista della BBC: – Quando ti svegli al mattino puoi alzarti nel buio, toccare ed esclamare – ’Porca miseria è proprio la Claret Jug’-.

La Claret Jug da Hooter in Texas, colpa di Daly?

Si narra addirittura che la Claret Jug sia arrivata in un Hooters di McKinney, in Texas…ma non date la colpa a John Daly, che ha un accordo di sponsorizzazione con la catena di ristoranti, ma a Todd Hamilton.

Lo stesso Hamilton infatti si è fermato da Hooters con gli amici dopo una partita di golf una settimana dopo la sua vittoria del 2004, pensando che sarebbe stato divertente bere un sorso di champagne dalla caraffa con le ali.

“Credo che nessuno lì dentro sapesse cosa fosse, probabilmente pensavano che fosse una specie di trofeo NASCAR”, ha detto lo stesso Hamilton.

Subito dopo la vittoria a St. Andrews nel 1995, si dice che John Daly abbia attraversato il Tay Bridge fino a Dundee per festeggiare fermandosi in un McDonald.

C’è solo un giocatore in vita che non solo ha tenuto in mano la Claret Jug originale, ma l’ha portata a casa con sé.

La storia di Tom Watson

Si tratta di Tom Watson. Nessuno ha saputo o voluto spiegare le circostanze che hanno portato Watson a ricevere l’autentica coppa nel 1982 proprio al Royal Troon, sede dell’imminente British Open e sede quest’anno della 152esima edizione.

All’epoca non lo sapeva, ma Watson lo capì, accidentalmente, quando notò l’usura sotto il labbro dove erano stati aggiunti i nomi dei campioni dopo che non c’era più spazio sul pannello frontale.

Non c’è alcun mistero su come si verifichi l’usura, ma l’originale in suo possesso non ne aveva così tanta come la replica che aveva tenuto in mano dopo le precedenti vittorie.

A quanto pare, bere dalla brocca è un fenomeno più moderno. I nomi sull’originale erano usurati ma comunque un po’ più leggibili.

Non se ne sarebbe mai accorto se non avesse piegato il labbro facendo cadere la caraffa dalla scrivania con un ferro 6 mentre si esercitava a spingare nel suo ufficio di Kansas City.

“L’ho guardato e non c’era nessuna piega. Non c’erano rotture”, ha spiegato Watson – “Così ho deciso, visto che l’argento è così morbido, di ripararlo da solo. L’ho avvolto nel feltro e l’ho piegato con una morsa2.

“Avevo un piano di riserva. Avevo un bravo argentiere a Kansas City che avrebbe potuto ripararlo se i miei sforzi fossero falliti e si fosse creata una crepa. Ma riuscii a riportarlo nella sua posizione originale senza crepe. Nessuno si accorse della differenza”.

Watson ha poi difeso con successo il suo titolo nel 1983 al Royal Birkdale di Southport, in Inghilterra. Quella volta però, dopo aver ricevuto la replica, vide che i nomi sotto il labbro erano quasi scomparsi.

British Open o Open Championship?

Il nome dell’ultimo major maschile della stagione golfistica è oggetto di continue discussioni.

Il nome ufficiale dell’evento, come spiegato in questo articolo dell’ex presidente dell’R&A Ian Pattinson, è Open Championship.

Ma poiché molti appassionati di golf degli Stati Uniti continuano a chiamarlo British Open e a cercare le notizie sull’evento di conseguenza, Golf Digest e tante testate e siti giornalistici continuano a utilizzare entrambi i nomi nei loro servizi.

(Fonte Golf Digest)