Nei suoi disegni originali, Pete Dye aveva progetti molto diversi per la buca 17 del TPC Sawgrass.
Se non è la buca più famosa del golf, la 17 dello Stadium Course del TPC Sawgrass è sicuramente sul podio, forse insieme a un paio di altre buche di due iconici percorsi, come la 7 di Pebble Beach e alla 12 dell’Augusta National.
Ma il green a isola non è il risultato di un piano architettonico divino, bensì una soluzione creativa a un problema imprevisto.
Il progetto originario della buca 17 del TPC di Sawgrass
In effetti, la buca non doveva nemmeno essere un’isola nel progetto originale.
Rispetto al progetto definitivo, il piano originale di Dye per la buca 17 era piuttosto benigno.
Come si può vedere nel disegno iniziale qui sotto, la buca doveva essere un par 3 convenzionale con un piccolo stagno a destra del green.
“Non ci sono dettagli sui bunker o su altre caratteristiche”, racconta Ron Whitten, emerito redattore di architettura nell’episodio della serie The Hole At di Golf Digest “ma sono sicuro che Pete stesse immaginando qualcosa di simile alla buca 17 di Harbour Town, dove l’acqua non è realmente in gioco”.
Un primo disegno dello Stadium Course del TPC Sawgrass mostra una buca 17 relativamente semplice, senza green a isola (Credit Golf Digest)
Ma cosa è successo alla fine? Come ha fatto Dye a cambiare in modo così drastica il progetto iniziale rendendo la 17 una delle buche più temute dai golfisti di tutto il mondo?
Possiamo dire che è stato più per necessità che per scelta.
L’evoluzione della buca 17 del TPC di Sawgrass
Una tendenza della moderna architettura dei campi da golf è quella di lasciare che siano i contorni naturali del terreno a dettare il progetto.
Questo approccio non avrebbe funzionato quando l’allora commissario del PGA Tour Deane Beman incaricò Dye di creare un percorso da campionato adatto agli spettatori nella palude della Florida settentrionale.
Per costruire un campo nella palude, il team di Dye ha prima scavato un fossato intorno al perimetro del campo inizialmente progettato.
Tutto questo lavoro di scavo ha lasciato però tonnellate di terra in tutto il sito, che difficilmente favorisce la crescita dell’erba.
Il team di Dye ha poi scoperto che sotto il letame c’era uno strato di pura sabbia bianca e zuccherina, così, per trarne vantaggio, ha deciso di invertire i due strati: scavare tutto il letame, metterlo da parte, scavare tutta la sabbia, metterla da parte e poi sostituirli, prima il letame e poi la sabbia.
Come ci si poteva aspettare, man mano che la squadra scavava, la cavità diventava sempre più profonda e più ampia, soprattutto nell’area intorno alla buca 17.
Ad aggravare il problema c’era la richiesta di Beman di realizzare grandi e alte collinette per gli spettatori lungo le ultime tre buche.
La maggior parte del letame scavato è stato a quel punto utilizzato per creare queste collinette.
A quel punto non rimaneva nulla per riempire l’enorme cavità intorno alla 17.
L’intervento provvidenziale della moglie di Pete Dye
Fu allora che la moglie di Dye, Alice, propose a Pete di mantenere il green dove era stato originariamente proposto, ma di renderlo un’isola.
Ma per Alice non bastava.
Quando Pete disegnò il nuovo green a isola, temeva che una buca così corta sarebbe stata troppo facile.
La buca 17 del TPC Sawgrass, in fase di costruzione, mostra tutto il fango e la sabbia che circondano il green ad isola, oltre alle alte collinette per gli spettatori (Credit Golf Digest)
L’attuale buca 17 del TPC di Sawgrass
“Pete non pensava che la buca sarebbe stata così difficile per i professionisti, così ha inclinato il green verso il fondo”, racconta Whitten.
Alice a quel punto ha detto: “Ora posso vedere immaginarmi la telecronaca mentre l’annunciatore si esalta: Signore e signori, il primo gruppo è ancora sul tee della 17. Nessuno è riuscito a rimanere sul green. Potremmo non finire questo torneo”.
Pete accettò il suggerimento di Alice e alzò la parte posteriore del green, creando la famosa versione che conosciamo oggi.
Quindi, quando domenica al Players Championship il leader si avvicinerà alla 17, chissà se maledirà o ringrazierà Alice Dye. Forse entrambe le cose.
Fonte Golf Digest