Nel 1975 un afroamericano riuscì in un’impresa che fino a pochi anni prima sembrava inimmaginabile: giocare il Masters nel tempio sacro del golf, l’Augusta National.
Il suo nome è Lee Elder, oggi ha 86 anni e l’8 di aprile tirerà il primo drive come nuovo ‘honorary starter’ accanto a Jack Nicklaus e Gary Player.
A differenza dei suoi due colleghi, la vita di Elder fu tutt’altro che facile. Player e Nicklaus hanno formato i “Big Three” insieme a un’altra leggenda, Arnold Palmer, hanno costruito imperi attorno alla loro immagine e ai loro marchi diventando famosi in tutto il mondo.
Lee Elder non ha mai avuto la stessa fortuna, non è mai stato acclamato dalla stampa e, all’inizio della sua carriera, ha dovuto affrontare alcune battute d’arresto finanziarie. In 17 stagioni sul PGA Tour e quattro vittorie, Elder ha guadagnato in totale meno di quanto un giocatore di oggi riceve per una singola vittoria. “Dico alle persone che non ho molti soldi – racconta Elder – ma ho molto amore, il mio bene più prezioso”.
Nonostante i diversi ostacoli incontrati lungo il suo percorso professionistico non si è mai crogiolato nella sua sfortuna. Dopo la sua prima apparizione al Masters del ’75 e le annesse difficoltà attorno a quell’avvenimento, ha continuato a giocare rompendo barriere insormontabili per un uomo della sua carnagione.
Fu il primo giocatore di colore a qualificarsi per la Ryder Cup nel 1979 e il primo a ricevere il Bobby Jones Award, la più alta onorificenza assegnata dalla USGA.
Nel corso della sua carriera è stato uno dei principali sostenitori della giustizia sociale. Ha fondato nel 1974 insieme alla moglie il Lee Elder Scholarship Fund, un istituto nato per offrire aiuti monetari e supporti a giovani ragazzi e ragazze per iscriversi all’università.
Nel 1990 si è schierato contro i Country Club che ancora non permettevano agli afroamericani di associarsi in questi determinati circoli. Ha promosso attivamente i programmi di sviluppo del golf giovanile, ha raccolto fondi per lo United Negro College Fund, l’ente filantropico che finanzia borse di studio per studenti di colore e fatto parte del comitato di Goodwill Industries, organizzazione che fornisce formazione professionale e servizi di collocamento.
Il pioniere del golf ha sempre tenuto un profilo basso, non si è mai considerato un campione del golf, non si è mai atteggiato a tale. Ha sempre dichiarato di sentirsi molto più a suo agio con i caddie che con giocatori della sua levatura, primo tra tutti Gary Player, suo grande amico.
Il campione sudafricano è stato uno dei suoi più importanti sostenitori sia all’epoca che oggi. È stato lui uno dei primi a consigliare al board dell’Augusta National il nome di Elder tra i nuovi candidati come honorary starter. Ed è stato uno dei pochi a supportarlo dandogli sempre una spalla sulla quale appoggiarsi nei tanti anni di Tour.
Nel 1971 Elder accettò l’invito dell’amico e volò in Sud Africa per partecipare al PGA Championship a Johannesburg. Un evento che segnò la storia del Paese ancora in lotta con le politiche di Apartheid in vigore.
Nello stesso anno, Elder giocò altri tornei in Africa vincendo il Nigerian Open.
Poi arrivò il 10 aprile del 1975, giunse l’invito a varcare i cancelli della Magnolia Lane e a cambiare per sempre la storia del circolo più esclusivo del mondo.
Il giocatore di Dallas era riuscito ad arrivare ad Augusta dopo aver vinto il Monsanto Open l’anno precedente, ma il suo torneo fu costellato di ostacoli e pressioni.
Ricevette minacce di morte al punto da dover affittare due diverse abitazioni in modo da non fare sapere a nessuno dove dormisse. Sul tee della 1 aveva gli occhi di tutti puntati su di sé. Sguardi abituati a vedere uomini dalla pelle scura ma solo con indosso una tuta bianca, non certo con il driver in mano.
Elder fece da apripista alla nuova generazione di giocatori e sportivi di colore, abbattendo i muri di pregiudizi e discriminazioni. Perché Tiger Woods avesse successo doveva esserci stato Lee Elder.
Quando Tiger indossò la sua prima Giacca Verde nel 1997 diventando il primo giocatore di colore a vincere il Masters, dedicò proprio a Lee Elder un discorso emozionante. “Sono il primo membro di una minoranza a vincere qui ad Augusta ma non sono il primo a giocare a disputare il torneo. Prima di me c’è stato Lee Elder e ora mi tolgo il cappello e rivolgo un ringraziamento a quest’uomo che siede davanti a me. Caro Lee con il tuo coraggio e la tua determinazione hai permesso che oggi io possa fare questo discorso. Grazie per tutto quello che hai fatto. Tu insieme a Charlie Sifford e Ted Rhodes avete reso possibile tutto questo”.
Il lieto fine di questa vita straordinaria si avrà giovedì 8 aprile quando milioni di persone vedranno per la prima volta Lee Elder, 86 anni, tirare il primo drive dell’85esima edizione del Masters.
Lo swing non sarà elastico e dinamico come quello di 40 anni fa ma poco importa.