La hole in one è il sogno di ogni golfista. C’è chi non proverà mai il piacere una soddisfazione del genere e chi invece, oltre ad essere bravo, viene baciato dalla fortuna più volte su un par 3. Ci si può riuscire anche su un par 4, ma questa gioia è davvero limitata a pochi. Vediamo alcuni casi singolari, trovati spulciando su Wikipedia.
Sapete perfettamente che “birdie” e “eagle” significano uno e due colpi in meno della buca (in pratica, una normale hole in one è proprio un eagle). Qualcuno in meno invece è a conoscenza del fatto che tre colpi in meno del par 4 (altra “buca in uno”) vengano etichettati come “albatross” (o double eagle). E infine crediamo che la platea si assottigli ancora molto quando parliamo di una hole in one su un par 5.
Per continuare con l’etichettatura ornitologica, avete mai sentito nominare il “condor”? Probabile, perché si tratta di un evento a dir poco rarissimo. In più questo incredibile risultato non è mai stato ottenuto in un torneo di rilievo. Chiudere una buca da 5 con quattro colpi sotto il par è un avvenimento da contare sulle dita di una mano. Al momento sono quattro in totale, nella storia del golf, i condor di cui si ha notizia ufficiale. Sono tutti stati ottenuti su par 5 con dogleg “tagliabili”, con forte vento a favore e quasi sempre in discesa. In aggiunta, tanta, tantissima fortuna.
Le buche in uno storiche
Una hole in one memorabile è quella realizzata all’Open Championship del 1973 dal grande Gene Sarazen, fuoriclasse americano di origini italiane. Il motivo? Gene riuscì nell’impresa all’età di 71 anni. Il primato per il golfista più anziano autore di due buche in uno consecutive spetta invece a un 78enne di Memphis, nel Tennessee, Earl Dietering.
Altro record esclusivo e difficilmente eguagliabile quello del pro inglese John Hudson. Il Martini International è stata un’importante competizione disputata dal 1961 al 1983, con vincitori quali Norman, Ballesteros, Faldo e Torrance. Nell’edizione 1971, Hudson riuscì a realizzare due hole in one consecutive. Fondamentale ricordare che la seconda buca in uno fu ottenuta su un par 4, la 12 del Royal Norwich (circa 290 metri in discesa).
Sei le hole in one realizzate in Ryder Cup, Indimenticabile per noi quella di Costantino Rocca (1995 a Oak Hills). La prima nella storia fu invece quella di Peter Butler (1973 a Muirflied) e ci vollero altri 20 anni per ottenere il bis. Arrivò da Sir Nick Faldo (1993 a The Belfry), mentre due anni dopo Howard Clark fece compagnia a Rocca, per la prima accoppiata in una stessa edizione della Ryder Cup. Dopo altri 11 anni, ancora un duetto fra Paul Casey e Scott Verplank (2006 al K Club). Vedremo se, a fine settembre, sul difficilissimo percorso di americano di Whistling Straits, si riuscirà a raggiungere quota sette.
Hole in one con i cinque cerchi
Altra buca in uno da consegnare alla storia quella entrata nell’albo d’oro di Justin Rose. Il 39enne fuoriclasse inglese (nato però a Johannesburg) l’ha segnata nel suo score nientedimeno che alle Olimpiadi di Rio del 2016. Viene considerata la prima e per il momento unica realizzata nel Giochi con i cinque cerchi, visto anche che finora sono state solo tre le edizioni in cui il golf è stato presente: 1900, 1904 e, appunto, 2016. Per la cronaca Justin, che poi vinse l’oro con due colpi di vantaggio su Stenson e tre su Kuchar, la ottenne infilando la buca 4, par 3 da 189 yarde (173 metri), con un ferro 7.
Per finire, nei grandi tornei, chi centra una hole in one porta a casa un gran bel premio. Spesso si tratta di una supercar o, in competizioni allestite proprio con lo scopo di realizzare una buca in uno, il premio può essere in denaro. Il record di montepremi? Quattro milioni di dollari, naturalmente assicurati da chi organizza una gara. Statisticamente, un golfista medio può sperare di centrare la sua hole in one in 12.500 tentativi. Per un pro, invece, ne bastano 2.500.