Grazie al supporto di una mental coach e con un nuovo putter in sacca, il 34enne pugliese negli ultimi tre mesi della stagione ha cambiato letteralmente marcia, conquistandosi con merito un posto tra i migliori giocatori del DP World Tour

Nel gennaio del 2020 mi trovavo con la mia famiglia in vacanza a Dubai e, proprio in quei giorni, andava in scena uno dei tornei più importanti di inzio stagione, il Dubai Desert Classic. Catapultato per la prima volta in una delle città più futuristiche e all’avanguardia del pianeta, ci dirigemmo all’Emirates Golf Club, nel cuore della city.

In campo pratica ci stava aspettando proprio lui, Francesco Laporta, in attesa di conoscere il field definitivo del torneo.

Purtroppo per lui non entrò, ma fu anche la nostra fortuna, perché il giorno dopo decidemmo di giocare tutti insieme all’Els Club di Dubai.

Un emozione difficile da descrivere quella di giocare fianco a fianco con Lapo, per molti aspetti indimenticabile.

Da quel giorno, come ci racconta il 34enne pugliese, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia. Dopo alcune stagioni tra DP World e Challenge Tour, il 2024 è stata finalmente la stagione della svolta. E pensare che fino ad agosto non è che fosse stata memorabile, anzi…

Poi però qualcosa è improvvisamente cambiato. Ne parliamo a bocce ferme proprio insieme a Laporta.

Innanzitutto complimenti per l’ottimo finale di stagione. Qual è stata la chiave di questo eccezionale sprint che ti ha portato fino a Dubai a giocare il DP World Tour Championship?

Sicuramente il primo aspetto che ho cambiato è stato a livello tecnico. Dopo anni che giocavo con un putter blade 33 pollici ho voluto cambiare drasticamente e ho iniziato a utilizzare un mallet 38 pollici con impugnatura reverse. Devo dire che mi sono trovato a mio agio fin da subito, tanto che dal torneo in Repubblica Ceca di metà agosto ho mancato un solo taglio in occasione dell’Irish Open a settembre. 

A livello di preparazione cosa ti ha aiutato a performare così bene?

Un secondo aspetto chiave è stato il fatto di aver iniziato a lavorare a livello mentale con Nicoletta Romanazzi, mental coach di numerosi sportivi tra cui il portiere della Nazionale Gianluigi Donnarumma e il campione olimpico dei 100 metri e della 4×100 a Tokyo, Marcel Jacobs. Con lei per adesso lavoriamo da remoto. Fin dall’inizio della nostra collaborazione ci sentivamo dopo ogni singola giornata di gara, ora con una frequenza meno assidua visti i tanti appuntamenti uno dopo l’altro, ma conto e spero di riuscire a incontrarla quanto prima per programmare la nuova stagione che è già partita.

Com’è composto il tuo staff di lavoro?

Dall’anno scorso, a livello tecnico e per il mio swing mi segue Alain Vergari, grazie al quale nell’ultimo periodo sono cresciuto molto, soprattutto per quanto riguarda il putting. Quando sono a casa in Puglia e nel mio circolo, il San Domenico Golf, vengo seguito dal mio coach di sempre, Pietro Cosenza, con cui lavoriamo a stretto contatto per consolidare alcuni aspetti del gioco. Per la mia preparazione fisica da anni mi affido a Luigi Angelini, mentre per quanto riguarda alcuni aspetti del gioco corto in passato e fino all’anno scorso mi seguiva uno specialista del settore, Matthew Tipper. 

Su cosa hai lavorato principalmente nell’ultimo periodo e quali aspetti della tua preparazione hai modificato?

Detto del mio cambio di putter e del lavoro mentale, quello che ho notato nell’ultimo periodo è che finalmente tanti pezzettini del puzzle si stanno finalmente unendo e sto raggiungendo quell’idea di swing e di feeling che ho sempre cercato. Inoltre, nell’ultimo anno devo dire che ho dato sempre maggiore importanza alla qualità del mio lavoro rispetto alla quantità. Prima mi allenavo per tantissimo tempo, ora preferisco diversificare senza esagerare. Questa impostazione mi ha aiutato ad arrivare lucido e non stremato, a differenza di alcuni colleghi, agli appuntamenti di fine stagione, dove sono riuscito a performare al massimo e di conseguenza a raggiungere un traguardo per me storico come il DP World Tour Championship.

Ripensando a quando ci siamo incontrati proprio a Dubai quattro anni fa, come descriveresti questi ultimi anni della tua vita?

Per prima cosa in quel periodo non ero ancora diventato papà. Avere una famiglia è stato un vero e proprio turning point della mia vita. Da allora sono cambiate molte cose, e come spesso capita, anche a me ha aiutato a mettere a fuoco i reali obiettivi e priorità. Oltretutto sapere di non potermi permettere facili distrazioni mi aiuta ad avere la giusta serenità e tranquillità mentale per affrontare al meglio il lavoro quotidiano, in gara e in allenamento. Sono sempre stato un ragazzo che ha trovato dentro di sé la forza per superare le difficoltà e gli ostacoli che avevo di fronte.

Parlando di sfide passate e di turning point, nel 2010 per seguire il tuo sogno di diventare un pro sei andato in Sudafrica. Cosa ti ha insegnato quella esperienza e cosa consiglieresti a un giovane che vuole intraprendere la carriera da professionista?

La mia esperienza in Sudafrica è stata abbastanza atipica. Prima di partire non è che fossero tutti d’accordo con questa mia scelta. Io però sentivo che quella era la strada giusta. Un consiglio che mi sento di dare ai giovani di oggi è quello di seguire e crearsi sempre un proprio percorso. Io l’ho fatto ed è andata bene. Fondamentale poi è ascoltare i consigli delle persone giuste. Non sempre un percorso che va bene per tanti funziona per tutti. Un altro consiglio è quello di cercare di fare più esperienze possibili, eventualmente anche all’estero, provando a uscire dalla propria comfort zone. È importante misurarsi con nuove sfide. E poi non abbattersi mai, basta guardare cosa ha fatto Matteo Manassero… 

Cosa ti aspetti dal 2025?

Prima di tutto vorrei tanto giocare il mio primo major in carriera e farò di tutto affinché questo accada. In secondo luogo, dopo la mancata qualificazione ai Giochi Olimpici di questa estate, vorrei far parte del team italiano alle prossime Olimpiadi di Los Angeles nel 2028. E poi, perché no, vincere la mia prima gara sul DP World Tour e rientrare nuovamente nei primi 50 del ranking europeo.