Strano mestiere il mio. Ti arrampichi su per le pagine cercando gli aggettivi più roboanti per cantare una vittoria, per esaltare un campione e le sue gesta.
Oppure, precipiti nel dramma, con articoli che lacrimano sulle note di malinconici de profundis mentre l’eroe, come San Sebastiano, finisce trafitto da centinaia di frecce. Pollice alzato o pollice verso: vie di mezzo, nel giornalismo sportivo, pare non esistano. Tutto il resto è noia e non vale una riga. Con questa logica, anche le buone prestazioni hanno sempre il sapore delle sconfitte: la penna fatica a scrivere e il lettore tende a perdersi tra le righe.
E così è stato dopo l’ultima e infausta giornata del Bmw Pga Championship a Wentworth (o dopo il Memorial, a casa di Jack Nicklaus, ndr). L’Italia dei golfisti – che per tre pomeriggi s’era esaltata davanti alla tivù, per la stupenda ed epica serie di risultati del nostro Francesco “Chicco” Molinari – alla quarta e conclusiva giornata è precipitata nel più profondo scoramento e nella delusione più nera. E s’è sentita tradita da quel povero cristo che aveva il volto sgomento di uno in croce, mentre il primo posto s’allontanava sempre di più dai suoi sogni di campione.
Molinari è crollato come un Dorando Pietri, come sono crollati centinaia di campioni nella storia di tutte le discipline, perché crollare è uno dei più scontati rischi che corrono quelli che hanno i numeri e vogliono arrivare primi. La paura di vincere la spiegano gli psichiatri, è come un tarlo che corrode la lucidità dell’atleta. Le smorfie sul viso livido di Francesco, quando è salito sul tee della prima buca, sembravano annunciare la sconfitta. Che, poi, è arrivata lentamente come una tortura.
Presa dalla delusione, la maggior parte dei golfisti italioti s’è divisa immediatamente in due partiti (cosa alla quale siamo tristemente abituati): chi ha scelto di lapidare con commenti decisamente poco sportivi lo stesso Francesco, che il giorno prima aveva esaltato; chi ha preferito rifugiarsi dietro la storica frase del povero Bartali, «è tutto sbagliato, è tutto da rifare». Entrambe le prese di posizione sono da giudicare… in fuorigioco.
Nonostante, forse anche lo stesso Molinari vorrà considerare Wentworth un torneo da dimenticare, il Molinari di cui sopra con il quinto posto – il suo miglior risultato a Wentworth – è rientrato tra i primi sessanta giocatori al mondo e addirittura 44° dopo il terzo del Memorial. Risultati ai vertici che gli permettono adesso di partecipare allo U.S. Open. Mica la coppa famiglia.
Lo stesso dicasi per la nostra “Valanga Azzurra”. Che, con troppa fretta e approssimazione, i tifosi italiani considerano sciolta. Il che non è vero proprio per nulla. Prendiamo Manassero, per fare uno degli esempi più eclatanti. Che Matteo stia attraversando un periodo difficile è sotto gli occhi di tutti. Ma pochi vanno a rileggersi i risultati e si ricordano che, nonostante sia ancora un ragazzotto – subito dopo un monumento come Costantino Rocca – è quello che ha vinto di più in Italia. Quattro successi (Spagna, Malesia, Singapore e Wentworth) sono tanta roba alla sua età. Francesco Molinari ne conta tre (Italia, WGC e Spagna), oltre a un cesto di secondi posti e top ten. E due partecipazioni vittoriose in Ryder Cup.
Ma la gente ormai ha fretta, corre e non ricorda. Se qualcuno pensa che Edoardo Molinari si sia seduto sui due Open conquistati nell’European Tour, sul Campionato del Mondo vinto con il fratello e una Ryder, dimentica che un complesso intervento chirurgico al polso gli ha fatto perdere tanto tempo, praticamente due stagioni. E che da poco è tornato a essere competitivo.
Ricordiamoci poi che sia Edoardo sia Matteo Manassero sono già qualificati per l’Open Championship a St Andrews, un’accoppiata di grande importanza per il nostro golf nella gara delle gare su suolo europeo.
Nel frattempo s’è affacciato in… Serie A anche Marco Crespi, che lo scorso anno ha vinto il suo primo Open a Cadice. Ma non è tutto. Hanno confermato la carta riconquistandola Alessandro Tadini e Andrea Pavan insieme al sorprendente “baby” Renato Paratore che è passato dalla medaglia d’oro vinta alle Olimpiadi Giovanili di Nanchino 2014 direttamente sull’European Tour. Abbiamo ben sette azzurri con la carta, quindi, andate piano, gente, a dire che la “Valanga Azzurra” non c’è più. E siamo solo a giugno. Meditate.