Abbiamo postato la notizia, con un velo di ironia, sulla pagina facebook di Golf & Turismo. Riguardava uno “scandalo”, volutamente incorniciato da virgolette, sul PGA Tour.
L’americano Kevin Kisner, poi finito ventunesimo nella classifica della FedEx Cup, era stato immortalato in campo pratica durante l’allenamento per l’atto conclusivo della stagione, il Tour Championship by Coca-Cola. Quello che gli aveva attirato gli strali della polemica su alcuni noti media americani erano stati i suoi pantaloni. In barba al dress code e all’etichetta, Kisner indossava un paio di jeans.
Mentre sulla nostra pagina facebook si scatenava un’imprevista e tumultuosa discussione, con alcune giocatrici che – ferrate in moda – decretavano si trattasse di un “cinque tasche taglio jeans” e non di un vero “denim”, siamo andati a rileggerci una pagina scritta una quindicina di anni fa da Marco Mascardi, noto giornalista e arbiter elegantiarum del nostro golf, recentemente scomparso.
“I blue-jeans sono un caso a parte. La ragione non valida per indossarli è la frase: ‘Li porta anche Agnelli.’ Gianni, detto l’Avvocato, se li mette, ma non sul campo di Golf. Umberto, suo fratello, un Agnelli anche lui, detto il Dottore, invece a Golf ci gioca e non li porta mai quanto meno dal giorno in cui ha saputo che sono stati messi al bando, se si gioca a Golf, in tutto il mondo. La condanna più viva nel mondo anglosassone non è per i blue-jeans ma per i pantaloni di ‘denim’. Il nome ci arriva dalla contrazione ‘serge de Nim’ (sargia di Nimes), che contraddistingue un robustissimo tessuto da lavoro.
L’ostracismo ai blue-jeans è stato dato dalla United States Golf Association d’accordo con il Royal and Ancient Golf Club of St Andrews perché c’era chi stava esagerando. (…) Si è deciso che l’Open degli Stati Uniti o il British Championship sono gare molto serie, ma altrettanto serie sono la Medaglia Mensile o la gara del weekend. Anzi, per non fare figli e figliastri, la regola ha bandito del tutto i blue-jeans da tutti i fairways del mondo.”
Da allora, molta acqua è passata sotto i ponti e tante palline sono entrate in buca o, purtroppo, l’hanno solo accarezzata. Le donne sono finalmente diventate socie tanto ad Augusta che al Royal & Ancient e il golf ha fatto molti passi avanti verso una progressiva apertura. In certi club, però, poco è cambiato se il Royal Troon ad esempio, parlando del divieto di utilizzo per alcuni capi, a cominciare naturalmente dai jeans, scrive testualmente così sul suo sito: “Pregasi evitare situazioni imbarazzanti seguendo il codice di abbigliamento, dato che nessun membro dello staff può permettere qualunque eccezione al codice stesso.”
Sulla nostra pagina i commenti si sono accavallati e rincorsi a decine. Si andava dal “sarebbe ora che qualcuno cominciasse a riparare i pitch invece di guardare la ‘mise’” al “ma fatemi il piacere di occuparvi di cose serie” o al “preferisco un onesto in jeans che un ladro in abbigliamento griffato”. Oppure ancora “un pro deve rispettare l’etichetta, tra un po’ si vedrà gente sempre più trasandata, con T-shirt, bermuda mimetici e infradito!” E, per concludere, “se si vuole continuare con questo grande sport bisogna capire che i tempi sono cambiati; certo un minimo di decoro è necessario ma non estremizziamo”.
A noi piace sottolineare come questa intensa polemica – peraltro crediamo non fondamentale per il golf del XXI secolo – in realtà non fa altro che mettere in evidenza due pensieri rigidamente contrapposti. E il jeans può essere ancora eletto a linea di demarcazione fra sacro e profano, fra conservatori e progressisti, fra chi vuole un golf fermo su antiche, tradizionali posizioni e chi invece preme per svecchiare il Gioco.
Noi da che parte stiamo? Senza dimenticare origini, etichetta e storia, crediamo sia il momento, su molti fronti, di voltare pagina e di aiutare il golf a evolversi, per restare al passo con i tempi. Abbiamo inoltre la fortuna di poter contare, come testimonial, su un magnifico gruppo di fuoriclasse giovani o giovanissimi, come Spieth, Day, McIlroy o Fowler. Speriamo che contribuiscano a un non facile ricambio generazionale, in campo e fuori.
E allora Kisner e i suoi jeans? La risposta in un commento dei nostri lettori: “In base ai giudizi espressi, assolto per non aver commesso il fatto!”