José María Olazábal: “Vorrei vedere Francesco Molinari di nuovo in Ryder”
Ancora avvolti nella magia del Masters e della vittoria del mitico Jon Rahm, diamo la parola al quarto moschettiere spagnolo di Augusta che insieme al neo vincitore Rahmbo, Sergio García e Seve Ballesteros, ha vestito la Giacca Verde (per ben due volte). Ripercorriamo con il il capitano del miracolo di Medinah la storica vittoria europea del 2012 e i suoi ricordi con alcuni dei più forti giocatori italiani. Un viaggio che finirà al Marco Simone, teatro di gara della prossima biennale sfida tra vecchio continente e Stati Uniti.
Due Giacche Verdi, 23 titoli sul Tour europeo, componente della coppia più vincente di sempre in Ryder Cup (12 punti in 15 incontri disputati con Severiano Ballesteros) e, successivamente, capitano della squadra europea protagonista del “Miracolo di Medinah” nel 2012. Bastano queste poche parole per capire che José María Olazábal, ‘Chema’ per gli amici, è una delle figure più importanti del golf europeo e mondiale. Chi meglio di lui, quindi, potrebbe introdurci al clima che si respirerà al Marco Simone a fine settembre quando, per la terza volta nella storia, la Ryder Cup verrà giocata nell’Europa continentale dopo le esperienze di Valderrama e Parigi?
Sulla base dell’esperienza di Valderrama, cosa può comportare per il golf italiano l’ospitare la Ryder Cup?
Un evento come questo in Italia sarà un esperienza fondamentale per tutta la nuova generazione di golfisti. Ma sarà anche un aiuto enorme anche per tutti coloro che si stanno avvicinando in questo momento al golf. Ci si renderà conto che giocare a golf è qualcosa di bello, di sano e che si può fare a qualunque livello. È uno dei pochi sport che permettono di far giocare insieme persone di generazioni e di abilità diverse: un nonno con suo nipote, un professionista con un dilettante alle prime armi. Negli altri sport questo è impossibile: nel basket o nel tennis un dilettante non potrebbe mai giocare con un professionista. L’attenzione mediatica che porterà la Ryder Cup metterà in evidenza tutti questi aspetti.
Lei è stato compagno di doppio di Costantino Rocca, capitano di Francesco Molinari e ha giocato spessissimo in Italia. Qual è il suo rapporto con il golf azzurro?
La relazione con gli italiani è sempre stata ottima sin dai tempi di quando ero dilettante. Ovviamente, ci sono le due figure straordinarie di Costantino e Francesco, ma ci sono stati altri professionisti come Baldovino Dassù e altri che si sono comportati molto bene sul Tour europeo. In questo, Spagna e Italia si assomigliano molto perché pur non avendo un gran numero di praticanti siamo stati capaci di generare dei campioni.
Però all’Italia, oltre alla sua, mancano negli ultimi tempi figure come quella di Severiano, Garcia e Rahm. Come mai?
Innanzitutto, non è facile vincere così tanto. La Spagna è stata fortunata nell’avere nelle ultime quattro generazioni giocatori di altissimo livello. Però il potenziale italiano è simile e non bisogna diminuire la carriera di Baldovino, di Costantino e Francesco. Ho sempre detto che vincere un major è qualcosa di estremamente difficile. Ci sono giocatori nella storia del golf che sono stati fortissimi ma che non hanno mai messo le mani su un torneo del Grande Slam. Francesco ci è riuscito e il modo in cui lo ha fatto è qualcosa di straordinario. Ha vinto su uno dei campi più difficili del mondo, in condizioni molto complicate, davanti a Tiger Woods e a tutti i più forti campioni del momento. Sono convinto che i vostri giocatori, anche i giovani che stanno crescendo ora, abbiano il carattere mediterraneo dell’artista, la sensibilità e il cuore caldo, che a volte non è un vantaggio nel golf ma che nei momenti decisivi può essere determinante.
C’è un giocatore italiano che le piacerebbe vedere nel team europeo di Ryder al Marco Simone?
Spero che Francesco possa farcela. L’ultimo periodo è stato complicato per lui ma ho ancora in mente il modo in cui ha giocato per due o tre anni, quando ha vinto l’Open Championship, la Ryder Cup ed è stato sul punto di conquistare anche il Masters. Quando giocava così era l’espressione della consistenza e della perfezione del gioco. Mi piacerebbe che Francesco abbia la possibilità di giocare davanti al suo pubblico. Per quanto riguarda i giovani, avete Guido Migliozzi che ha un potenziale enorme. Deve ancora maturare e deve farlo in fretta. Ha dimostrato di avere talento e carattere; ora deve perfezionare alcuni dettagli che gli permettano di essere più costante. È un giocatore spettacolare, che riesce a fare degli score bassissimi in alcuni giri ma che non riesce sempre a metterne quattro di fila. Se riesce a migliorarsi in questo ha ottime possibilità di entrare in squadra.
Che ricordi ha dei suoi match insieme a Costantino Rocca?
Io e Tino ci siamo sempre trovati bene assieme, c’era una chimica che ci univa. Entrambi abbiamo origini umili e avevamo questo spirito di rivalsa che ci univa: volevamo dimostrare agli americani che sapevamo giocare a golf e agli inglesi che nel team europeo c’eravamo anche noi e che potevamo essere fondamentali.
Cosa pensa del futuro del golf internazionale?
Ci aspettano anni difficili e complicati. Bisogna vedere cosa succederà dopo la decisione dei tribunali, se la spuntano il PGA e il DP World Tour sarà meglio per tutti, altrimenti il LIV Golf potrebbe creare molti problemi.
E sull’idea di cambiare il formato dei tornei? Le piacciono queste novità introdotte dal LIV?
No, io sono un uomo della tradizione. Fino ad ora la storia si fonda su un’eredità fatta dal gioco di professionisti che meritano rispetto. Il tutto costruito sulla base del merito: se vuoi tenere la carta di un Tour devi vincere, devi fare risultato e devi passare il taglio. Nella Superlega araba non c’è meritocrazia e non ci sono criteri di qualificazione. Io sono sempre per i tornei di quattro giri con il taglio a metà gara e con l’idea di premiare il più forte, sempre e comunque.
Quali sono i suoi obiettivi da giocatore adesso?
Vorrei vincere e impormi almeno una volta sul Champions Tour. È un circuito molto impegnativo nel quale bisogna lavorare duro per ottenere risultati ed essere competitivi.