I soldi stanno davvero rovinando l’essenza del gioco del golf e dello sport in generale, basato sullo spirito competitivo e sulla continua ricerca dell’eccellenza assoluta? Proviamo a scoprirlo analizzando alcuni dei grandi campioni oggi protagonisti sul PGA Tour e sul LIV Golf, su tutti Jon Rahm.
Quando Jon Rahm alla fine dello scorso anno, annunciò il suo passaggio al LIV per una cifra di oltre mezzo miliardo di dollari non si può certo dire che fece una mossa del tutto sbagliata.
In fondo, lo spagnolo divenne con quell’assegno il secondo sportivo più pagato al mondo dopo Cristiano Ronaldo.
Sembrava anche che presto o tardi avrebbe riavuto l’opportunità, persa passando alla lega araba, di confrontarsi ancora con i migliori sui principali palcoscenici mondiali, major a parte.
La spinta emotiva di Rahm
La spinta emotiva di Rahm a volere essere il migliore di tutti è ciò che aveva reso il ventinovenne spagnolo una figura autorevole e affascinante per fan e media di tutto il mondo.
Tuttavia, quella sua mossa a sorpresa risultò a molti una vera e propria coltellata alle spalle.
Rahm aveva costruito la sua reputazione sul continuum storico fornito dal PGA Tour, al quale aveva dichiarato senza mezzi termini fedeltà assoluta.
In un’intervista a inizio 2023 disse: “Il nostro stile di vita cambierebbe se ottenessimo 400 milioni di dollari? No di certo.”
Una posizione trasformata radicalmente a dicembre, quando annunciò il suo trasferimento al LIV nello stupore generale.
Rahm e il LIV Golf
Anteponendo i soldi a quella che era sempre sembrata la sua ferrea ricerca della grandezza sportiva, Rahm, in un momento decisivo per il golf professionistico, aveva compiuto ciò che tre leggende quali Arnold Palmer, Jack Nicklaus e Tiger Woods si erano sempre rifiutati di fare.
Molti hanno definito Rahm la rappresentazione di un’epoca di egoismo in rapida ascesa, un punto di rottura rispetto ai grandi giocatori del passato.
Quest’immagine ha pesato su Rahm, che ha iniziato a perdere visibilità, fama e certezze.
La sua aura di superstar è a poco a poco svanita, una situazione che in parte ha ricordato quella di Phil Mickelson e di altri campioni oggi sul LIV, spariti dai radar del grande pubblico.
Rahm si è lasciato andare ad alcuni commenti che racchiudevano una sorta di nostalgia per il PGA Tour.
A marzo si è lamentato del fatto che la sua sospensione dal PGA Tour non gli avesse permesso di difendere tre tornei che aveva vinto nel 2023, il Sentry, l’American Express e il Genesis.
Le parole di Rahm
“Non esserci è stato difficile – ha ammesso con un velo di tristezza -. È una decisione che ho preso e mi sento a mio agio”. Ma non abbastanza da aggiungere: “Spero un giorno di poter tornare”.
In un’intervista alla BBC ad aprile, Rahm ha dichiarato di aver fatto pressioni sul LIV per cambiare il format da 54 a 72 buche. “Più riusciamo a far sì che il LIV introduca alcune modifiche meglio è per tutti” – disse senza tanti giri di parole.
Il resto è storia di questa stagione: la maggior parte del suo 2024 non è stata certo entusiasmante.
Sul LIV gli è venuta meno la sua ferrea determinazione, ottenendo solo due terzi posti nei primi dieci tornei.
Peggio nei major, dove ha chiuso 45° il Masters, ha mancato il taglio al PGA Championship e si è ritirato allo U.S. Open per un infortunio. Unica nota positiva il 7° posto all’Open Championship.
Qualcosa chiaramente non stava andando come prima.
“Non è più il giocatore straordinario dello scorso anno – ha commentato l’ex capitano europeo di Ryder Cup, Paul McGinley -.
Le sue prestazioni nei major lo dimostrano. Non penso che sia in un posto che lo renda davvero felice. E sul campo non ha più la stessa gioia di prima”.
Un veterano del tour, che ha preferito restare anonimo, ha confidato di essere certo che lo spagnolo stia provando in questo momento un profondo rammarico per la situazione attuale.
“Sono sicuro al 100% che se Jon potesse restituire i soldi ai sauditi e tornare sul PGA Tour, lo farebbe adesso.
Quando ha firmato con il LIV evidentemente pensava che la sua visibilità e peso nel golf sarebbe rimasta la stessa, un grave errore di valutazione”.
La situazione era però destinata a cambiare quando a settembre il basco ha vinto la League Individual Championship, titolo individuale del LIV Golf 2024.
Non solo ha mostrato un gioco pressoché perfetto ma ha anche intascato un bonus di 22 milioni di dollari che sommati ai montepremi della stagione fanno 38 milioni in più sul suo conto corrente.
La carriera di Rahm
Rahm era destinato a raggiungere la gloria eterna sul PGA Tour a fronte degli eccezionali successi che aveva messo insieme sino a quel momento.
Una stella in rapida ascesa, al punto da scomodare persino il ricordo di Seve Ballesteros.
Aveva fama, il rispetto dei colleghi, l’ammirazione del mondo e più di 70 milioni di dollari di guadagni tra PGA e DP World Tour.
A 28 anni aveva già vinto Masters (2023) e U.S. Open (2021), per un totale di undici titoli sul PGA Tour e otto sul DP World Tour.
È stato numero 1 del mondo per 52 settimane e il suo gioco e il suo tocco sopraffino erano accompagnati da un amore incondizionato per le competizioni.
Il 6 giugno scorso, quando il PGA Tour ha comunicato che sarebbe stato disposto a lavorare con il PIF, il fondo proprietario della superlega, su un accordo quadro, Rahm disse: “Questa decisione di fatto conferma la mia scelta.
Vengo pagato di più per praticare lo stesso sport e avere più tempo da passare con i miei cari.
Non so cosa ne pensino la maggior parte delle persone ma a me sembra fantastico”.
Lasciato il PGA Tour, Rahm ha iniziato a vedere la sua partenza come un passaggio chiave verso l’unificazione delle due realtà golfistiche.
“Potrei essere l’inizio di un punto di svolta storico per il nostro sport”.
Dichiarazioni che di certo non sono piaciute a molti dei suoi ex colleghi.
Rahm: una dichiarazione che ha fatto scalpore
Secondo l’anonimo pro sentito molti giocatori del PGA Tour sono risentiti con Rahm perché erano convinti che la sua defezione, avvenuta quando PIF e PGA Tour avevano concordato di cessare il reclutamento durante le negoziazioni, abbia di fatto ampliato lo scisma e prolungato il percorso verso una soluzione.
I giocatori erano rimasti uniti decidendo di rimanere fermi mentre si stava cercando un accordo tra le parti, e Rahm con il suo improvviso passaggio al LIV, avrebbe rovinato tutto.
Nella conferenza stampa pre PGA Championship a Valhalla, lo spagnolo ha dichiarato di vedersi ancora come un membro del circuito americano nonostante la sua sospensione, e che se il PGA Tour glielo avesse permesso, avrebbe giocato di nuovo nei suoi tornei.
Una dichiarazione che ha suscitato una forte reazione da parte dell’ex tour pro Arron Oberholser, oggi commentatore di Golf Channel:
“Ogni giocatore del PGA Tour dovrebbe essere indignato da quanto ha detto”.
Le azioni di Rahm in questi mesi, più di qualsiasi precedente giocatore che abbia firmato per il LIV, hanno confermato alcune dure verità.
L’idea che la salute economica e il futuro del PGA Tour venga prima dei guadagni dei migliori giocatori del mondo è finita, così come la certezza che un top player, nel suo periodo migliore, dia priorità prima ai risultati sportivi che ai soldi.
Perché questo aspetto è importante?
Le imprese della storia
Perché le pagine più significative della storia del nostro sport sono scritte attraverso le imprese dei grandi giocatori.
Quando questi sono al meglio, il gioco del golf mostra il suo lato migliore.
La ricerca della grandezza sportiva da parte dei giocatori è il miglior produttore di nuove pagine di storia.
Il Grande Slam di Bobby Jones, le undici vittorie consecutive di Byron Nelson, i sei trionfi di Ben Hogan nei major dopo un incidente automobilistico quasi mortale, gli anni carismatici di dominio di Arnold Palmer, Jack Nicklaus e Tiger Woods sono stati esempi lampanti della grandezza del golf.
Con offerte economiche smisurate che hanno destabilizzato il golf professionistico, il LIV ha ridotto l’importanza storica dei tornei settimanali dei vari circuiti e ha prosciugato lo sport di parte di quella passione e intensità sportiva essenziali per una disciplina che ha dinamiche lente come il nostro.
ll LIV lo ha capito.
Come si è messo il LIV Golf in questo scenario?
Nonostante i suoi sforzi per attirare l’attenzione e la sua immagine più disinibita, non riesce a proiettare energia e rimane antitetica alla pura essenza della competizione.
Il comico Jerry Seinfeld avrebbe potuto mettere in guardia il golf professionistico quando di recente si è chiesto:
“Cosa diavolo è successo che i soldi sono diventati tutto? Negli anni ‘70 era: ‘Quanto è bello il tuo lavoro? Quanto è bello quello che fai? Se il tuo lavoro è più bello del mio, mi hai battuto’. Se il tuo lavoro non è appagante, non lo saranno neanche i soldi”.
Il parere degli ex campioni
Nessuno potrebbe accusare Gary Player di essere stato insoddisfatto del proprio lavoro.
La leggenda sudafricana si è sempre comportata come se facesse il mestiere più bello del mondo.
A 88 anni è ancora motivato, continua a tirare il drive dai back tee e ha ancora fame di sfide.
“Non puoi fare dei soldi il tuo primo obiettivo ed essere allo stesso tempo una superstar, che per me è qualcuno che vince sei major o più, anche se mi chiedo chi ci riuscirà ancora – dice Player -.
Devi desiderare qualcosa di più profondo. Mi sono abituato alle avversità perché ho capito che non puoi evitarle.
Ero così pazzo da essere un campione, un atteggiamento molto più difficile da applicare oggi perché il gioco è incentrato sui soldi come mai prima d’ora”.
Nick Faldo afferma che i soldi possono essere un motivatore indiretto quando sono necessari, un impedimento quando non lo sono più.
Le dichiarazioni di Nick Faldo
“Quando ero al culmine della mia carriera, giocando contro giovani come Ballesteros e Norman, sapevo che dovevo vincere per cambiare il mio stile di vita: comprare una bella macchina, volare in prima classe, una casa vicino a Wentworth – racconta -.
Ho provato con tutte le mie forze a vincere, sapendo che i soldi sarebbero arrivati con quello sforzo, ma è più difficile essere grandi se non hai bisogno di vincere, e per quanto giocassi per mettermi alla prova contro i migliori, questa è diventata una sfida per me man mano che crescevo.
I giovani oggi ricevono enormi quantità di soldi dai grandi sport e hanno tutto ciò che vogliono, per questo non hanno lo stesso atteggiamento che avevamo noi”.
Persino Jack Nicklaus, che è rimasto ai vertici più a lungo di chiunque altro, ha confessato la preoccupazione che i soldi facili possano oggi avere un effetto smorzante sul valore sportivo delle competizioni.
“Penso che sia solo la natura umana che possa influenzare la motivazione e le prestazioni”. Anche altri fattori potrebbero influire su questa tendenza.
Il parere della scienza
La nuova enfasi sul miglioramento della salute mentale tra gli atleti d’élite ha toccato anche il golf, in particolare dopo il suicidio di Grayson Murray a maggio.
Il PGA Tour ha comunicato di voler fornire consulenza per affrontare nuovi fattori da stress da social media, e il dottor Michael Lardon sta preparando un programma sulla salute mentale sul modello di quello creato per il fitness nel 1985.
Rory McIlroy ha rimarcato il piacere di giocare e l’adrenalina delle competizioni quando è tornato in campo allo Scottish Open un mese dopo la sua dolorosa sconfitta allo U.S. Open a Pinehurst, parlando di un soggiorno rivitalizzante a New York City come parte di un nuovo approccio.
“Devo fare un passo indietro e apprezzare ciò che ho fatto sino ad oggi nella mia carriera e godermi il successo.
Non l’ho fatto molto, direi che non lo faccio ormai da cinque anni. Mi impegnerò a divertirmi di più in futuro”.
Interrogato su quali siano le differenze tra i giovani giocatori di oggi e quelli del passato, lo psicologo sportivo Gio Valiante ha citato una frase del 1983 di Hogan, un uomo maniacale cresciuto in povertà che all’età di nove anni ha assistito al suicidio del padre.
“Mi dispiace per i ragazzi ricchi di oggi, davvero, perché non avranno mai le stesse opportunità che ho avuto io.
Io ho conosciuto le cose difficili, ho avuto una giornata dura per tutta la vita e so come gestire le situazioni complicate, loro no”.
Valiante afferma: “Oggi molti più giocatori rispetto a prima provengono da contesti più educativi, il che tende a generare meno ossessione per la ricerca della grandezza sportiva.
Il problema di far parte di un certo contesto sociale e cercare comunque di prevalere sportivamente è che a un certo punto sorge la domanda: “Perché diavolo lo sto facendo?”
Se la risposta non è chiara, quel viaggio finirà”.
L’importanza dell’aspetto mentale oggi
Gli osservatori del PGA Tour hanno anche notato un grado maggiore di convivialità tra i giocatori, sia perché sono più consapevoli dello stress della vita competitiva del tour, sia semplicemente perché sono più a loro agio.
“Oggi tutti sono più rilassati e amichevoli – afferma un caddie veterano -.
Probabilmente è un approccio alla vita più sano ma favorisce anche il desiderio di diventare il migliore sportivamente parlando?
Tiger era solito essere molto distaccato.
Non era disprezzo personale ma voleva dimostrare di essere superiore e spesso si offendeva quando qualcuno dichiarava di poterlo battere.
Era uno dei grandi vantaggi che aveva sugli altri”.
Forse Woods ha fissato lo standard di grandezza così in alto da aver oggi abbassato notevolmente la convinzione che possa essere avvicinato, per non parlare di eguagliato.
Solo Brooks Koepka, con cinque major, è sempre stato chiaro in termini di convinzione.
Nel 2021 disse: “Penso seriamente di poterlo raggiungere nei major”.
L’opinione autorevole di Deane Beman
Deane Beman, commissario del PGA Tour dal 1974 al 1994, rimane un visionario all’età di 86 anni.
Ironicamente, l’uomo che nel 1980 sviluppò il Senior Tour in parte per allungare gli anni di guadagno dei suoi membri ritiene che le carriere nel PGA Tour si accorceranno sempre più, e non solo a causa dei soldi in circolazione.
Beman espone questa sequenza di ragioni: i giocatori sono al top fin da giovani.
L’ultimo esempio è Nick Dunlap, 20 anni, che è diventato il primo a vincere sul PGA Tour sia da dilettante che professionista nello stesso anno.
Parte di questa precocità deriva dal gioco potente, sempre più facile grazie all’attrezzatura e a velocità di swing più elevate.
Poiché il decremento naturale della velocità di swing di un giocatore diventerà con l’età uno svantaggio competitivo sempre maggiore, questi invecchieranno sportivamente prima.
Le carriere più brevi si tradurranno quindi in un minor numero di giocatori che potranno ottenere risultati straordinari per un lungo periodo. “Sarà più difficile diventare una superstar – afferma Beman -. Ci saranno meno giocatori di quella categoria, non vinceranno tanto quanto i loro predecessori e non saranno in circolazione così a lungo: più buon golf ma meno eccellenze”.
Naturalmente, alcuni rari giocatori avranno il talento e il DNA tali per distinguersi dal gruppo, non importa quanto cambi il mondo.
Il duo che domina sul PGA Tour
Attualmente a dominare la scena sono il duo Scottie Scheffler/Xander Schauffele.
Entrambi sono intelligenti, gentili, discreti e palesemente non materialisti. Entrambi possiedono un fuoco interiore e grande sicurezza nei loro mezzi. Scheffler, che ha recentemente superato Faldo al quinto posto nelle settimane in carriera da numero 1 del mondo, negli ultimi due anni ha fatto registrare alcune statistiche che superano persino il migliore Tiger Woods.
A 28 anni ha vinto due degli ultimi tre Masters, e se non fosse per il suo putt che a volte lo ha tradito, avrebbe probabilmente già messo le mani sugli altri tre major.
Ha chiuso un 2024 straordinario, con sette titoli e la medagli olimpica, L’ultimo a vincere tanto in una stagione del PGA Tour fu proprio Tiger, nel 2017.
Quanto a Schauffele, le sue due grandi vittorie di quest’anno, PGA e The Open, dopo una lunga serie di piazzamenti tra i primi nei precedenti major, hanno indicato al trentenne e al suo gioco completo la strada per completare il ‘Career Grand Slam’ prima di altri colleghi che lo stanno sognando da diversi anni, Spieth, McIlroy e Mickelson.
Chris Como, coach di Schauffele, afferma che Xander è nel mezzo di un viaggio per scoprire quanto può diventare forte.
“Sa di avere questa attitudine per il golf – afferma – ed è diventata la sua missione”.
Un altro duo piuttosto diverso è Brooks Koepka e Bryson DeChambeau.
Bryson DeChambeau e Brooks Koepka
Sebbene la maggior parte dei top player passati al LIV abbiano visto le loro prestazioni nei major peggiorare, Koepka e DeChambeau, entrambi con una vittoria e un secondo posto negli Slam da quando giocano la super lega, hanno smentito il fatto che un circuito meno impegnativo e soldi facili possano far perdere il fuoco agonistico e la fame di vittorie.
Koepka è passato al LIV a causa dell’incerto stato del suo ginocchio che minacciava di porre fine alla sua carriera.
Il ginocchio è migliorato, ma proprio come faceva nei tornei della stagione regolare del PGA Tour, non sembra particolarmente motivato nemmeno da quelli del LIV, sebbene ne abbia vinti quattro in tre anni. Indipendentemente dalla lega per cui gioca, Koepka è focalizzato maggiormente sui major, credendo di avere il gioco e la mentalità perfetta per prevalere quando le condizioni sono più difficili.
Tuttavia, quest’anno, il suo miglior piazzamento in uno Slam è stato il 26° posto sia al PGA Championship che allo U.S. Open, dando corpo alla tesi secondo cui l’ambiente del LIV non sia proprio ideale per preparare i grandi tornei.
Bryson DeChambeau è l’esempio opposto
Anticonformista di natura, grazie al minor numero di gare del LIV può assecondare la sua ossessione per l’autonomia totale, lasciandogli un sacco di tempo per andare in campo pratica e dedicarsi a sessioni di lavoro infinite o per alimentare il suo canale YouTube.
Ha dichiarato che il format a squadre del LIV ha avuto su di lui un impatto positivo, a differenza della solitudine che viveva sul PGA Tour.
Oltre alla vittoria allo U.S. Open di Pinehurst, DeChambeau ha chiuso sesto il Masters e secondo il PGA Championship, prima di mancare il taglio all’Open Championship a Troon.
Ha detto di dover lavorare ancora molto per rendere il suo gioco più vario nel major britannico, una sorta di controtendenza rispetto al suo diktat.
A modo suo, alternando la ricerca di attenzione attraverso i social e l’isolamento assoluto nelle sessioni di lavoro con il suo launch monitor, DeChambeau insegue di fatto la grandezza sportiva assoluta.
Dove si colloca in tutto questo Jon Rahm?
La sua seconda metà di stagione è migliorata con il settimo posto a Troon.
Il suo ultimo giro chiuso in 68 è iniziato con tre birdie che lo hanno messo a tiro dei leader, prima di perdersi nel resto delle buche del campo scozzese chiuse in par.
Una settimana dopo ha ottenuto la sua prima vittoria sul LIV in Inghilterra.
La sua reazione, commossa, è stata senza dubbio una liberazione dopo mesi di stress per il passaggio alla super lega.
È arrivato alle Olimpiadi di Parigi con l’obiettivo di vincere l’oro per la Spagna, ma anche determinato a dimostrare, su un grande palcoscenico, che era ancora il Rahm del 2023, e che il suo fuoco sportivo non si era spento.
Ed è stato sulla buona strada per riuscirci.
A pari merito con Schauffele all’inizio dell’ultimo giro, lo spagnolo ha girato le prime nove quattro sotto e poi ha fatto birdie alla 10, prendendo un vantaggio di quattro colpi.
Ma poi ha giocato le ultime otto buche cinque sopra, non solo perdendo la medaglia d’oro contro Scheffler, che ha recuperato ben dieci colpi su Rahm nelle ultime nove, ma non riuscendo nemmeno a mettersi al collo quella di bronzo.
Si può discutere se la sua incapacità di chiudere la pratica medaglia debba essere attribuita a una minor determinazione mentale o se sia stato tradito di un carico di aspettative troppo elevato.
L’amaro delle ultime Olimpiadi di Parigi per Jon Rahm
Ma non c’è dubbio che questa esperienza abbia lasciato Rahm distrutto.
“Non ricordo l’ultima volta che ho giocato un torneo e ho provato una sensazione simile – ha dichiarato al termine -.
Perdendo oggi mi sono reso conto di ciò che questo torneo significhi per me. Immagino che mi servirà come ulteriore motivazione per il futuro.
Ma in questo momento, è più doloroso di ogni altra cosa mai vissuta”.
La passione e il dolore di Rahm hanno confermato che il PGA Tour ha perso in fondo un giocatore che vive ancora con l’obiettivo di prevalere sportivamente.
Più che dimostrare che giocare nel LIV non ha smorzato il suo ardore agonistico, Rahm voleva quella medaglia d’oro al collo per la gloria e la grandezza che ha sempre cercato sin da ragazzino.
Il futuro di Jon Rahm
Nel 2025 avrà altre cinque opportunità di riprendere quella caccia: i quattro major e la Ryder Cup.
È possibile che Rahm trascorrerà ancora molti anni come membro del LIV, ma nella sua testa rimarrà uno scomodo pensiero: “E se…” che, alla lunga, potrebbe pesare sul suo personale bilancio sportivo.
Se così sarà, potrà solo fare una cosa: vincere tornei sul LIV, aspettare i major e, come ha detto firmando per la super lega, fare della famiglia la sua priorità.
Questo è il redditizio limbo del golf professionistico attuale, un equilibrio tra competizione e ricerca della felicità.
Ma, in fondo, sempre più lontano dalla vera essenza dello sport, la ferrea ricerca del successo e della gloria.