Pochi possono dire di avere giocato a golf con Diego Armando Maradona. E uno di quei pochi ci ha inviato questo ricordo bello e vivace di quegli incredibili tre giorni, passati con el Pibe de Oro sui fairway dell’Adriatic Club di Cervia.

“Ho giocato a golf con Maradona. ‘El Profesor’, così mi aveva battezzato quasi subito. Gli amici del golf, saputa la cosa, pensarono che quel soprannome mi fosse stato attribuito per la mania, non sempre opportuna, di dare consigli tecnici mentre si gioca. Invece, per lui era semplicemente il modo di sfottermi sulla serietà in campo. Lui cantava e ballava. Il Maradona di cui parlo era un lontano ricordo dell’atleta capace di funamboliche gesta con la palla al piede: era semplicemente il senso del ritmo. Quello sì, quello ce l’aveva sempre addosso.

Il golf era quello di Cervia e quasi sicuramente l’allora presidente Andrea Magnani mi chiamò perché ero uno degli handicap più bassi presenti quel giorno al circolo. Nel flight, Maradona, Massimo Bonini (ex giocatore della Juventus), Ugo Bolognesi (amico di tutti noi e ospite per il circolo) e il sottoscritto. Seguivano, su alcune buche, Salvatore Bagni, giocatore e amico che ospitava Maradona nella sua casa di Cesenatico, e Magnani, preoccupato che non ci fossero ‘disturbi’ lungo il percorso.

Non sono mai stato un grande amante del calcio. Di Maradona quello che mi arrivava era più la strafottenza dell’impunito che la qualità dell’ex campione. Detto questo, capivo che comunque era un enorme privilegio essere lì quel giorno. Purtroppo, il grande fuoriclasse che tutto il mondo aveva acclamato faceva quasi fatica anche a salire e scendere dal cart.

In partenza, Bagni ci raggiunse per portare con affetto a Diego una bottiglietta d’acqua e una banana. E lui? Scese dal cart e incominciò a palleggiare con la banana, con una leggerezza e una destrezza da lasciare tutti i presenti a bocca aperta. Una banana: impossibile! Rideva, parlava in un italiano spagnoleggiato, una sorta di esperanto napoletano. Ma, porca miseria, era davvero simpatico.

Prese il driver e tirò. Una palla dritta, uno swing inguardabile ma un senso della palla e del suo controllo incredibile. Nel golf di Maradona non c’era movimento da imbrigliare ma, credete, che tempo nel colpire la palla! Attento al gioco, ma sempre con tono leggero. Piano piano ci è entrato dentro, come lui sapeva fare, ridendo, scherzando per godere di quella bella giornata tra amici, cominciando a raccontare storie e aneddoti sulle sue serate brave. Aveva una passione per l’allegria e lo scherzo senza limiti.

Comunque arrivammo alla fine del giro. Giro dignitoso anche per lui se l’handicap fosse stato quello reale, che non conosceremo mai. Dichiarava 15 di gioco e francamente mi sembrò corretto. Maradona non faceva le gare di circolo e considerato il personaggio era comunque un bene che gli piacesse il golf. Al termine di quel pomeriggio mi lasciò con la promessa che sarei stato disponibile per il giro del giorno dopo. Strette di mano, pacche sulle spalle.

Diego Maradona con Massimo Bonini e Salvatore Bagni su un green dell'Adriatic Golf di Cervia
Diego Maradona con Massimo Bonini e Salvatore Bagni su un green dell’Adriatic Golf di Cervia

Il domattina doveva essere alle 9 ma Diego non c’era. Arrivò Bonini: ‘Tranquilli, sarà in ritardo ma arriva.’ Si presentò verso le 10. Niente campo pratica, pronto per il flight e partenza. Nel frattempo però la voce evidentemente si era sparsa. Era un giorno infrasettimanale estivo, ma soci che non si vedevano mai improvvisamente comparvero. Fuori dal circolo c’erano anche i carabinieri e ci avvisarono che nella pineta a ridosso del percorso erano forse stati avvistati dei ‘paparazzi’ appollaiati sugli alberi. Mentre nella giornata precedente eravamo quasi soli in campo, un flight di soci ci seguiva incollato come in una gara sovraffollata della domenica.

Però quel giorno non girava, Diego raccontò di ore piccole con amici e il suo talento ne risentiva. Ci mise lo stesso impegno ma i colpi erano più appannati. Certamente però non il suo buon umore. E, già più in confidenza, cominciò ad andare sul personale, sul suo ruolo difficile nella vita, da numero uno del mondo che tutti vogliono e tutti invidiano.

Alla 4 Rossa di Cervia, stavamo uscendo dal green. Un giocatore del flight dietro tirava l’approccio, ma il colpo si aprì e come a volte succede andò a sbattere contro il cart di Maradona. Di colpo, Diego si rotolò a terra con le mani chiuse sul volto, urlando come un pazzo. Ci guardammoi in faccia, eravamo sbigottiti. Niente lo aveva colpito, ma ancora non realizzavamo. Sempre urlando, con le mani sul volto, aprì uno spiraglio e sussurrò: “Dite che hanno colpito Maradona”. Eseguimmo subito fedelmente: ‘Avete colpito Maradona! Avete colpito Maradona!”

Le scene che successero dopo hanno dell’incredibile. Gente in campo che urlava, ci sembrava persino di vedere un certo movimento tra gli alberi della pineta dei famosi ‘paparazzi’. Lui intanto era sempre lì, già pronto alla burla finale. Finì ovviamente in niente: finte scuse, sorrisi veri. Tutti i curiosi (oggi si direbbe follower) furono messi in realtà in forte imbarazzo per stare così addosso, così curiosi.

Alla 9, Diego si scusò . Mentre palleggiava con qualunque cosa gli capitasse a tiro, dichiarò che aveva dormito poco e voleva smettere. Però promise di essere puntuale il giorno dopo, per fare tutte le 18 buche.

L’indomani Ugo Bolognesi lasciò il posto ad Andrea, suo figlio, che poi diventò giocatore professionista. Era una giornata limpida, di garbino, un vento locale forte che soffia da terra. Tutto più difficile ma divertente. Diego non lo pativa, ma era chiaro che del punteggio non gli importava niente. Una partita in cui cominciammo subito a scherzare, perché con lui era sempre più facile. 

Alla 2 Blu, la partenza era riparata dal vento ma oltre il muretto il vento generava una sorta di schiaffo. Spostò verso destra la palla di Maradona, con una traiettoria imprevedibile. Diego non fece una piega e con fare scanzonato mise il driver appoggiato dalla parte del manico sul suo mento, tenendolo in equilibrio. Come se niente fosse, cominciò a camminare nel vento per 50 metri, solo per il nostro divertimento.

Andreino, nuovo al nostro flight, fu sbalordito dalla prodezza di Maradona. Restai anch’io senza parole, ma non fui sorpreso. Ormai mi aspettavo qualsiasi cosa da Diego.

Il ricordo di quei momenti finisce con lui che danza con il driver in equilibrio sul mento. I giornali locali  parlarono a lungo di quei tre giorni, ma solo i presenti furono a conoscenza degli episodi raccontati .

Mentre giocavamo, Diego parlava, parlava sempre. Voleva sapere chi eri, qualcosa della tua vita, con quella ingenua curiosità di chi ti dà davvero l’impressione di essere interessato a te. Questa, forse, è stata la vera forza di un uomo che non appartiene all’Argentina, non appartiene a Napoli o a chissà chi. Apparterrà sempre al mondo intero, secondo un’epica umana che supera le morali. Vaya con Dios, Dieguito.”

Dario Bartolini