Sconsolato all’aeroporto di Atlanta, guardo le ultime buche dell’86° Masters da un bar al primo piano del terminal E, in attesa del volo che mi riporti in Italia.
Assito però con gioia all’exploit di quello che non meno di 24 ore fa avevo identificato come l’unico giocatore del field che poteva ancora regalare emozioni vere in questo 4° giro all’Augusta National.
Rory McIlroy si è ripreso finalmente la scena, portandosi sul tee della 18 a -7 di giornata a soli 4 colpi dal leader e numero 1 del mondo, Scottie Scheffler.
Difficile che Rory possa vincere, molto complicato. Un attimo… ha appena imbucato l’uscita dal bunker alla 18 per finire con un fantastico 64 di giornata, -7 per il torneo!
Cameron Smith, l’eccentrico talento australiano, si è momentaneamente tirato fuori dai giochi con la palla in acqua alla 12 e un triplo bogey sullo score.
A quel punto solo un attacco di colite avrebbe potuto fermare il leader, anche se il putt sbagliato alla 13 poteva sembrare un piccolo presagio.
Alla fine non è stato così, Scheffler è arrivato alla 18 con un vantaggio tale (6 colpi) da permettergli di sbagliare addirittura due corti tap-in, chiudendo il torneo con un doppio bogey ma indossando la sua prima meritatissima Giacca Verde.
Parlare ora di rimpianti per Rory McIlroy, soprattutto nelle prime 36 buche, sarebbe riduttivo e forse scontato. Ma, come detto, sono in uno piccolo pub davanti al finger quindi ho tutto il diritto di pensare a voce alta: che Masters sarebbe stato se Rory avesse risparmiato 3/4 colpi nelle prime tre giornate?
Ma questo sport è fatto così e sono convinto che a un’azione corrisponde sempre una reazione, tutto è collegato e correlato.
Sono veramente felice e mi sento un privilegiato ad aver assistito di persona sabato al giro di McIlroy e sono sempre più convinto che sia lui l’unico vero personaggio che potrebbe (o dovrebbe) prendersi la scena del golf mondiale in questo momento.
Sto vedendo e rivedendo l’urlo incontenibile di gioia di Rory dopo l’uscita alla 18: lo guardo e lo riguardo con i miei nuovi amici americani seduti vicino a me e non posso che pensarla in questo modo.
In quell’urlo c’è tutta la liberazione di un campione ritrovato, la consapevolezza che con questo giro si è forse riperso quel ruolo di assoluto protagonista che davvero merita, e la convinzione che, attraverso le sue gesta, il golf potrà continuare a brillare anche con un Tiger Woods al 50%.
Welcome back Rory!