Da giovedì 12 novembre giocherà il suo 37° Masters e di Giacche Verdi ne ha portate a casa ben due, la prima 35 anni fa, nel 1985, la seconda nel 1993.
Stiamo parlando di Bernhard Langer, classe 1957, uno dei più grandi campioni che il golf europeo abbia mai sfornato.
Dal 1972, anno in cui passò professionista, a oggi Langer ha conquistato 117 titoli, di cui ben 42 sull’European Tour, secondo solo a Severiano Ballesteros tra i più vincenti di sempre nella storia del circuito continentale.
Il due volte campione ad Augusta e ambassador Mercedes-Benz ci accompagnerà per l’intera settimana del 84° Masters con una serie di interviste esclusive, una finestra quotidiana, diretta e privilegiata, sul major georgiano che Golf & Turismo ha il piacere di presentarvi in esclusiva per l’Italia.
Queste le prime dichiarazioni di Langer raccolte lunedì 9 novembre al suo arrivo ad Augusta.
Farai la tua 37esima apparizione al Masters questa settimana. Lo sapevi che con 63 anni sei il giocatore più anziano di questa edizione?
“No, non ne ero al corrente ma posso capirlo. Ma ricordo l’emozione di attraversare Magnolia Lane la prima volta, la stessa che ho provato oggi, come se il tempo si fosse fermato.
Questo è un luogo davvero magico. Da una parte non riesco a credere di essere davvero il giocatore più anziano a giocare questa settimana, ma dall’altro sono molto grato all’Augusta National di poter competere ancora in questo torneo unico alla mia età, non è una cosa di tutti i giorni.
Un paio di anni fa ero seduto accanto a Larry Mize alla cena dei campioni del martedì. Trent’anni fa eravamo due dei più giovani a prenderne parte: osservavamo con grande rispetto i campioni più anziani e ci dicevamo: “Passerà molto tempo prima di prendere il loro posto ed essere guardati con rispetto dai più giovani vincitori. Beh, quel tempo è volato, eccoci qui!”.
Hai debuttato al Master nel 1982, a 24 anni, e sei stato il primo giocatore di golf tedesco a conquistarlo. Ti sei sentito una sorta di outsider o ti sei semplicemente goduto la vittoria?
“Entrambe le cose. È stato molto emozionante, anche perchè a quei tempi l’unico modo per un golfista europeo di garantirsi la partecipazione al Masters era vincerlo o conquistare l’Ordine di Merito continentale l’anno precedente. È così che sono stato invitato al Masters del 1982, arrivando primo nell’Ordine di Merito dell’European Tour del 1981. È stato fantastico poter giocare finalmente ad Augusta al fianco di tutti quei grandi nomi di cui sentivamo costantemente parlare: Jack Nicklaus, Arnold Palmer, Lee Trevino, Gary Player. Ci sono stati anni in cui noi europei eravamo troppo in soggezione nei loro confronti. Poi, dopo averci giocato insieme sempre più spesso, mi sono reso conto che anche io potevo essere al loro livello se trovavo la mia settimana perfetta, e così è stato”.
Quali sono state le tue prime impressioni sull’Augusta National nel 1982?
“Mi è piaciuto subito. Il motivo principale è che i fairway erano ampi e non c’era rough – solo aghi di pino – e questo era un vantaggio per me visto che a volte non controllavo bene il drive. È un campo che premia la precisione con i ferri. È il motivo per cui non mi piaceva così tanto giocare lo U.S. Open, ma avevo immaginazione sui green ed ero un buon giocatore di ferri”.
Dopo aver mancato il taglio nel 1982 hai vinto la tua prima Giacca Verde solo tre anni dopo, nel 1985. All’epoca ti è sembrato un successo prematuro?
“Sì, assolutamente. Ad Augusta ho imparato la lezione all’esordio: ho fatto tre putt per ben 11 volte in 36 buche, mancando il taglio. Mi stavo godendo un grande anno nel 1985 e mi sentivo di poter far bene anche al Masters. Ho passato molto tempo a studiare il percorso e quell’anno penso di aver fatto tre putt solo una volta su 72 buche…”
Nell’ultimo giro del 1985 hai giocato con Seve Ballesteros. Com’è stato lo spagnolo durante quelle 18 buche decisive, gentile, intimidatorio o entrambe le cose?
“Non era una situazione comoda ma del resto eravamo abituati a giocare contro per un titolo in quegli anni visto che spesso ci trovavamo in testa alla fine del terzo giro. Nel luglio del 1984 Seve ed io facemmo coppia nell’ultimo round dell’Open Championship a St Andrews, quando Ballesteros vinse con il suo gesto di esultanza che è divenuto un’icona. Nove mesi dopo eravamo di nuovo lì, appaiati, nel penultimo gruppo della domenica pomeriggio di un major, con solo Ray Floyd e Curtis Strange dietro di noi.
Seve e io eravamo agli antipodi caratterialmente: lui esternava le emozioni, io tenevo le mie dentro – ma i risultati sono stati eccezionali per entrambi. In quel giro finale non mi sono concentrato su Seve ho solo cercato di fare il mio gioco al meglio”.
Eri consapevole di rappresentare il golf europeo in quell’occasione?
Assolutamente. Seve e io ci siamo augurati buona fortuna sul tee della 1 come abbiamo sempre fatto, poi ci siamo detti: “Riportiamo la Green Jacket in Europa”. Con Floyd e Strange alle spalle eravamo due europei contro due americani in lotta per il titolo. Tutti e quattro avevamo giocato in Ryder Cup e nell’aria c’era una sorta di rivalità proveniente anche da questo. Il mondo intero pensava che gli americani fossero migliori e noi volevamo mostrare il contrario. È stata una sfida intensa ed entusiasmante e alla fine abbiamo fatto vedere che l’Europa non era da meno”.
Hai firmato un 64 domenica scorsa nell’ultimo giro a Phoenix, in una gara del PGA Tour Champions. Arrivi quindi in ottima forma e con molta fiducia a questo tuo 37° Masters.
“Sento che il mio gioco è in un buon momento. Recentemente ho avuto giorni in cui ho puttato abbastanza bene e poi altri in cui ho fallito spesso dalla corta/media distanza. Ecco, mi piacerebbe avere questa settimana un rendimento costante sui green. In questo modo sono certo che mi divertirei ancora parecchio…”.
Hai visto le previsioni per questa settimana?
“Sembra che ci sarà un po’ di pioggia, il che renderà il campo ancora più lungo e i green più lenti. Preferirei giocare su un percorso secco: sarebbe più corto anche se decisamente complicato, ma sono le condizioni in cui mi trovo meglio. Se il campo è troppo morbido i giocatori più giovani e potenti possono fare un’enorme differenza, tirando a tutte le aste e andando fin da subito molto sotto par”.
Sei arrivato a Magnolia Lane a bordo della nuovissima Mercedes-Benz Classe S. Che impressioni hai avuto?
“Come sempre, quando Mercedes-Benz lancia una nuova vettura, in particolare la loro ammiraglia – dà vita a nuovi standard di qualità in ogni dettaglio della produzione. Al di là del design degli interni e degli esterni, che mi piacciono molto, apprezzo soprattutto le sue eccezionali innovazioni tecnologiche. La possibilità poi di conoscere tutte le sue caratteristiche rivolgendomi ad essa come se fosse il mio caddie semplicemente dicendo “Hey Mercedes” – è qualcosa di decisamente eccezionale”.