Il destino di Seve: perché riuscì a vincere il Masters “solo” due volte?
Quarant’anni fa il giovane e talentoso Ballesteros indossava per la seconda volta in tre anni la giacca verde. Adorava L’Augusta National e si esaltava sui suoi fairway.
Perché allora quella fu la sua ultima vittoria nel major georgiano?
Quarant’anni fa, nel 1983, Severiano Ballesteros conquistò per la seconda volta in carriera il Masters, tre anni dopo il suo primo storico trionfo. Aveva appena compiuto 26 anni.
Tutti erano d’accordo sul fatto che il percorso dell’Augusta National sembrava fosse stato disegnato apposta per lui.
Chiunque allora avrebbe scommesso che, a quella seconda Giacca Verde, ne sarebbero seguite certamente altre. Invece, dopo quel successo del 1983, Seve non vinse mai più il primo major dell’anno. Per quale motivo?
Cerchiamo di capirlo a distanza di quarant’anni. A parte nel 1984, quando mancò il taglio, e nel 1988, quando finì sette colpi dietro a Sandy Lyle, Seve avrebbe potuto rivendicare tranquillamente altre quattro Giacche Verdi prima della fine di quel decennio.
La storia di Seve al Masters
A partire dal 1985, quando giocò nel giro finale con Bernhard Langer, nel flight davanti al leader, Curtis Strange.
L’americano finì in acqua alla 13 e alla 15 e Ballesteros era lì, pronto a cogliere l’attimo. In quelle ultime 18 buche Seve era in campo fianco a fianco al tedesco, che solo sei mesi prima aveva definito il suo atteggiamento “molto intimidatorio”.
A conti fatti Ballesteros aveva del resto vinto sino ad allora quattro major, Langer nessuno. Ma quel giorno i birdie di Seve non arrivarono e quando Langer infilò quello alla 17 tutto era praticamente già deciso. Mentre si avvicinavano al tee della 18, Seve diede una pacca sulla spalla a Langer e disse: “Ben fatto. Questa è la tua settimana, è tutto tuo”. Stranamente magnanimo per chi lo ha conosciuto, ma di sicuro lo spagnolo sapeva che avrebbe avuto molte altre chance in futuro per indossare nuovamente l’amata Giacca Verde.
L’aprile successivo, nel 1986, giunse al Masters non certo in condizioni ideali: aveva giocato solo nove giri dall’inizio dell’anno e il suo cuore e la sua mente erano in tumulto dopo la recente morte del padre.
Non l’avresti mai detto considerando che, la domenica pomeriggio, lo spagnolo era invece in testa di due colpi con quattro buche da giocare. Alla 15, dopo un drive perfetto, aveva solo un ferro medio per prendere in due il par 5. Dovette aspettare ben cinque minuti prima di eseguire quel colpo, esattamente nello stesso momento in cui Jack Nicklaus, alla 16, aveva già dimezzato il vantaggio di Seve a un solo colpo.
Quando è arrivato il momento di giocare, lo spagnolo ha tirato il peggior colpo della sua vita: un brutto ferro 4 che ovviamente non oltrepassò l’ostacolo d’acqua. Bogey e tutto pari con l’Orso d’Oro, a otto colpi sotto il par. Ma non per molto. Il birdie di Nicklaus alla 17 portava l’americano davanti.
Circostanze avverse, ovvero cercare di battere una leggenda del golf che a 46 anni stava letteralmente mandando in visibilio il pubblico di casa che voleva a tutti i costi il suo sesto successo al Masters.
Troppo anche per uno come Seve. Altro bogey anche alla 17 e quarto posto finale, due colpi dietro all’Orso d’Oro portato in trionfo. “Sono convinto che se quel colpo alla 15 fosse finito in green anziché in acqua avrei vinto in carriera sei Masters come Nicklaus” disse Seve a bocce ferme molti anni dopo. Un pensiero questo che si è portato con sé tutta la vita, sino al 2011, quando un male incurabile ce lo ha portato via per sempre.
Dodici mesi dopo la storia si ripete.
Ballesteros è ancora una volta in contention dopo 72 buche. Gioca un playoff a tre con Greg Norman, altra leggenda contemporanea e campione in carica dell’Open Championship, e Larry Mize, 28enne pro americano non certo di prima fascia nato nientemeno che ad Augusta.
Tutti avrebbero scommesso che la vittoria sarebbe stata una questione tra lo spagnolo e l’australiano. Si sbagliavano. Ballesteros fu il primo a cadere, tre putt alla prima buca extra, la 10, e altra Giacca Verde sfumata.
Mentre risaliva il fairway della 10 in lacrime verso la club house, Mize e Norman giocarono la 11, chiusa con un clamoroso approccio imbucato da 40 metri per il birdie dell’americano, che vinse così incredibilmente quell’edizione.
Non avrebbe mai più conquistato un altro major in carriera. Norman invece sollevò un’altra Claret Jug, così come Ballesteros nel 1988, il che significava che sarebbe tornato l’anno dopo ad Augusta da vincitore di major in carica.
L’ultimo giro del Masters nel 1989 cadeva nel giorno del suo compleanno, il 9 aprile. A causa del maltempo del pomeriggio precedente, il terzo giro si chiuse al mattino della domenica. Ballesteros gioca cinque buche che gli erano rimaste per finire tre sotto il par, poi inizia il quarto giro fortissimo, imbucando dal bunker alla 2 per il birdie, e alla 4 e alla 5 da oltre dieci metri.
A questo si aggiunge il birdie della 9, per un totale di 31. In testa al giro di boa, gli sarebbe bastato chiudere le seconde in 36 per un altro playoff. Termina le ultime decisive 9 in 38, facendo birdie solo alla 18, quando ormai era troppo tardi.
Qualche minuto dopo, Scott Hoch manca un corto putt alla prima buca di playoff per vincere, ma esce invece sconfitto a quella successiva da Nick Faldo. Faldo difese con successo il titolo nel 1990, con Seve che chiuse otto colpi dietro all’inglese, settimo.
Fu la sua ultima Top Ten al Masters. Ne vanta ben otto, con due titoli. Nell’Open Championship, altro torneo che amava, è stato sette volte tra i primi dieci, con tre successi.
Colpa del destino o solo sfortunato? Per il grande Seve il detto “Non c’è due senza tre” ad Augusta proprio non ha voluto funzionare.