Vedere di persona l’Augusta National è un’esperienza unica che va vissuta almeno una volta nella vita. Dal vivo si apprezzano molti aspetti che non si riescono a cogliere in televisione. I dislivelli sono più ripidi, le buche più larghe. Il manto erboso è così solido e uniforme che ti viene voglia di strappare un filo d’erba per verificare se sia vero.
Gli occhi più attenti si fissano sui celebri green e sulla natura eclettica delle loro dimensioni, forme e caratteristiche
Visti dal vivo, le pendenze e i dislivelli sono scultorei, imperiosi. A.W. Tillinghast, celebre architetto di campi da golf dell’inizio del 900 (suoi sono capolavori quali Baltusrol, Winged Foot e Bethpage Black Course) disse che i green sono come i volti, i migliori sono indimenticabili: “Con profili distinti e fuori dal comune”.
All’Augusta National, i green dominano sulle rispettive buche come fossero 18 divinità minacciose
Dal volto sottile e pudico del green della 12, al narcisismo colossale di quello della 14 di 3.000 metri quadrati, pochi appaiono correlati tra loro. Ma all’interno di queste differenze è possibile raggrupparli in tre distinte categorie, che richiedono ciascuna una specifica strategia, un approccio tattico e un modo diverso di puttare.
Le tre tipologie di green e il modo in cui si collegano al loro intorno permettono di posizionare la buca in una varietà quasi infinita di punti, che alterano come e da dove i green devono essere presi (e quindi dove bisogna far atterrare il drive). Ma ogni tipologia lo fa in un modo unico. Chiamiamo queste tre tipi a piano inclinato, a gradini e oceanico.
Green a piano inclinato
Lo stile più comune di green ad Augusta è quello “a piano inclinato”, un termine che ho sentito usare per la prima volta dall’architetto Jeff Brauer.
Questa tipologia denota un green con una superficie lunga e piatta, angolata da davanti a dietro o da lato a lato, spesso con una pendenza a schiena d’asino che farà scivolare la palla in due direzioni diverse. La sottile metà anteriore del green della 8, ad esempio, si assottiglia e si inclina verso il fairway, mentre il lobo posteriore più largo è inclinato da destra a sinistra. Quello della 10 è un altro esempio, appeso come un bersaglio storto dal pendio della collina.
Nel 1938 Maxwell spostò il green dalla sua collocazione originale accanto al bunker decorativo di MacKenzie nel fairway, fino al terreno più alto e asciutto. L’orientamento da destra a sinistra del green appollaiato sopra le profonde depressioni, una corta e l’altra a sinistra, significa che non ha bisogno di ulteriore verve. I colpi al green che puntano a rimanere lontani dalla discesa a sinistra rischiano di lasciare la palla sopra la buca, e quando la bandiera è corta, si mette in gioco il falso fronte con discese altrettanto maligne per quelle palline che passano la buca.
Il contrasto tra i green a piani inclinati e quelli oceanici o a gradino è sorprendente e le loro molteplici sfaccettature sarebbero considerate una pecca in qualsiasi altro campo.
Ma nel golf professionistico ad alto livello la varietà di forme dei green presente ad Augusta è un punto di forza. Il green al corto par 4 della 3 si inclina fortemente da destra a sinistra a partire dal fianco di una collinetta. Quando la buca è in fondo a destra i giocatori possono tirare un drive lungo nella conca davanti al green, lasciandosi poi un pitch a correre a fermarsi vicino al bordo destro. Quando la buca viene posizionata sulla penisola anteriore corta a sinistra, dalla stessa posizione, potrebbero non essere nemmeno in grado di prendere il green.
Al par 5 della 2 la tradizionale asta della domenica, sopra il bunker di destra è accessibile solo con un secondo colpo che atterra nella parte centrale del green per poi assecondare la pendenza intorno e dietro la buca. Se la buca, invece, si trova sul lato in alto a sinistra, essere anche all’estrema destra del bunker destro non è male, mentre trovarsi a sinistra o nel bunker dello stesso lato non lascia praticamente alcuna possibilità di birdie.
Il green del par 4 della 11 ha anch’esso molteplici possibili posizioni dove mettere l’asta, ma questa buca è la prima o la seconda più difficile (solo il 40% dei giocatori ha preso il green con i colpi regolamentari da quando, nel 2006, la buca è diventata 460 metri). L’intera superficie del green si inclina verso lo stagno che protegge il fianco sinistro del green, il che significa che chi cerca di giocare in sicurezza sulla destra deve passare sopra una collinetta in discesa verso l’acqua. I giocatori che giocano in draw hanno problemi con le aste posizionate sul lato destro, quelli che giocano in fade o che la tirano diritta trovano problematiche le aste messe sul lato sinistro, in particolare le bandiere in fondo a sinistra.
“Non ti senti mai di avere una buona angolazione alla 11 – ci ricorda Davis Love III, che di Masters in carriera ne ha giocati 20, con due secondi posti -. Se sei a sinistra, manchi il green a destra o lungo, e se sei in fondo a destra la palla scappa via verso l’acqua. Non sono mai riuscito a giocarla in modo sereno”.
Il green ampio e poco profondo della 15 non sembra molto difficile ma è uno dei più terribili da prendere per il colpo al green e il modo in cui il terreno intorno ad esso si inclina verso lo stagno di fronte e scappa dietro. “La 15 è una di quelle buche a cui pensi di notte – ci ricorda Tom Lehman, 13 apparizioni al Masters con un secondo e un terzo posto -. Quando il green è duro non c’è niente da fare. Non so quante volte ho mirato al bunker di destra e ho cercato di tirare un draw verso la parte centrale del lato destro del green, per poi cercare di fare due putt ovunque fosse l’asta.
Non vuoi andare lungo e nemmeno corto speri solo di aver azzeccato la distanza”. Avere green diversi significa che i giocatori sono costretti a giocare differenti tipi di putt da buca a buca. Quelli oceanici e a gradini possono lasciare colpi con pendenze estreme, così forti che i giocatori potrebbero dover iniziare con le spalle alla buca, come alla 9 alla 14. I putt in discesa sono “toccata e spera”. I green a piano inclinato pongono un’altra serie di problemi, di solito putt lunghi e ad arco, difficili da calcolare.
Green a gradini
Sono definiti da livelli più alti e più bassi, con passaggi tra l’uno e l’altro molto ripidi.
Un colpo che non raggiunge il livello prescelto rotolerà ben lontano dalla buca, anche se, nel caso dei green a gradini, ogni livello è generalmente più piatto e con più spazio per far atterrare la palla.
Gli esempi più visibili sono quelli della 9 e della 18, il primo con tre aree di atterraggio ben definite e il secondo con sezioni alte e basse pronunciate.
Non tutti sono stati progettati per essere così. La lingua del green della 4 oggi ha un gradino più pronunciato dove mettere l’asta di quanto non fosse in passato.
Robert Trent Jones smussò il notevole gradino della 18 per volere di Bobby Jones che ritenne che il green fosse ingiusto dopo aver visto Ben Hogan fare tre putt da sopra nel 1946 e perdere contro Herman Keiser di un colpo. Il green della 9 di Alister MacKenzie, originariamente a forma di ferro di cavallo, iniziò a mutare negli anni ‘30, da benevolo green piatto alla versione verticale che i giocatori affrontano ora.
Far arrivare la palla sul livello corretto è fondamentale sui green a gradini
Rimanere corti lascerà dei putt mostruosi dato che le palle vengono allontanate dalla forza di gravità, anche se le pendenze possono agire come “rete di protezione” quando la buca è situata in determinate posizioni. Questi green diventano ancora più difficili quando sono orientati ad angolo rispetto al colpo al green.
L’esempio migliore è il green del par 3 della 16, disegnato da Robert Trent Jones alla fine degli anni ‘40, con un elevato livello posteriore che va da destra a sinistra in direzione opposta rispetto al battitore.
Le aste posizionate sul gradino superiore richiedono dei colpi al green molto complicati perché i giocatori, preoccupati di finire nei bunker dietro al green da dove poi è difficile fermare la palla vicino alla buca, preferiranno sbagliare rimanendo corti, lasciandosi di conseguenza un putt di 12 metri in salita.
Quando le bandiere sono posizionate nel bacino inferiore, la stessa pendenza avvicinerà i colpi dal tee al lato sinistro del green. Il green al par 5 della 13 funziona allo stesso modo, ma sull’asse opposto, e spesso viene raggiunto con un bastone più lungo da un lie non sempre in piano.
Le superfici dei green a gradini spesso forniscono risultati più netti per quanto riguarda i colpi al green. Sui green oceanici le palle scivolano e si muovono nelle conche e nelle vallette, mentre i green a gradini respingono violentemente i colpi sbagliati. O azzeccate l’atterraggio oppure no. Ciò significa che i giocatori non hanno altra scelta se non quella di attaccare alcune aste, come il gradino più alto alla buca 6, il pezzetto di green posteriore alla 9 o il retro del green alla 18, rischiando di andare lunghi. Ma, dice Love III: “Se riesci a fermarla sopra senti di aver dato un senso alla tua giornata, sia che tu sia un giocatore di circolo o un professionista”.
Green Oceanici
Non hanno una forma fissa e sono definiti da onde, depressioni e falsi bordi. Un altro modo per definirli potrebbe essere “i green alla Maxwell” in onore di Perry Maxwell, che venne assunto alla fine del 1930 per iniziare il primo ciclo di modifiche significative al disegno del campo.
Maxwell prediligeva i green grandi, con un’ondulazione interna elevata, che favoriscono il rotolamento della palla, e rimodellò ciascuno di questi green, incluso il nuovo green della 7, in modo che assecondassero il suo stile preferito.
Il principesco green della 1, ad esempio, risiede alto, con un dosso a mo’ di poggiapiedi imbottito in basso a sinistra, a destra e di fronte.
Il green della 5 è costruito come un paracadute catturato che svolazza verso terra, congelato in movimento. Si innalza ripidamente dal fairway, arroccato in alto a sinistra ed è definito da una lunga onda fluida che percorre diagonalmente la metà posteriore. È uno dei green dove si fanno più volte tre putt.
Quello della 17 è simile, collocato come un altare, con sezioni arcuate che scendono verso l’avant-green accuratamente rasato. Ciascuno di questi, ad eccezione di quello della 7, è stato progettato per essere preso con un colpo basso.
Paradossalmente la loro difficoltà è aumentata in proporzione al fatto che il golf è diventato un gioco in gran parte aereo
Per raggiungere i punti desiderati del green vengono richiesti gradi perfetti di altezza e spin.
In base alla posizione dell’asta la stessa buca può diventare una da birdie, quando la bandiera viene messa nelle parti conche del green dove le palle si raccolgono, come l’asta corta a destra, alla 7, e quella in fondo a destra, alla 14; o una buca da bogey, quando viene messa sulle montagnette dove c’è poco spazio per sbagliare.
La forma e le pendenze dei green oceanici, dove piccoli errori possono portare a lunghi putt pieni di salite e discese e fare up-and-down da determinate aree richiede una precisione millimetrica (come da sinistra, alla buca 1, o da dietro, alla buca 17), consentono all’Augusta National di manipolare quasi scientificamente gli score in base a dove vengono posizionate le aste.
Il circolo può facilmente mettere a punto un’equazione matematica (in base al par) di aste facili, medie e molto difficili.
Questa è la bellezza delle tre tipologie di green dell’Augusta. Il tipo e la quantità di pendenza più la modifica della posizione dell’asta da birdie a bogey costringono i giocatori ad attaccare in modo aggressivo la buca se vogliono ottenere un buon risultato.
Il gioco passivo o cauto si traduce solo in delicate situazioni di gioco corto. Anche puttare richiede un livello di coraggio non indifferente. Il modo in cui devono essere affrontati rendono questi green i più interessanti e rispettati del golf professionistico mondiale.
All’Augusta National i green non sono solo il volto del campo da golf ma anche il suo cuore.
Derek Duncan