Vi sveliamo come sono nati gli iconici bunker che difendono le 18 buche dell’Augusta National, vere e proprie opere d’arte di sabbia che ogni anno regalano al pubblico istanti memorabili e clamorosi colpi di scena.
La bellezza dell’Augusta National
Tra tutti i campi più rinomati al mondo per la loro bellezza, l’Augusta National è il più effimero.
Fare semplicemente il suo nome evoca immagini di un verde impeccabile che irrompe in mezzo a tonalità di rosa brillante, rosso, giallo, verde e bianco.
Si è tentati di pensare che questo sia il suo stato naturale ma in realtà il Masters è programmato per coincidere con la fioritura stagionale della sua immensa e rigogliosa flora.
Il risultato è travolgente ma va e viene velocemente ogni inizio aprile e poi scompare sino all’anno successivo.
Se giocate a novembre, febbraio o a fine aprile, la sua bellezza è più monocromatica.
Se aveste la possibilità di vederlo invece in estate, quando il circolo è chiuso, lo trovereste marrone.
I 44 bunker di Augusta
Un elemento estetico che resta invece immutato con il passare delle stagioni sono i bunker.
Anche se ne possiede meno della maggior parte dei più grandi percorsi di livello mondiale, solo 44, la loro presenza è palpabile.
Sono le statue del giardino, la loro collocazione è stata attentamente ponderata così come le forme, squisitamente modellate.
I bunker bianchi e luminosi, con i bordi ben definiti, fanno parte della nostra visione tipica di Augusta tanto quanto l’impeccabile manto erboso, i limpidi stagni blu, i pini altissimi e il caleidoscopio di colori.
Sebbene fosse intenzione dei soci fondatori mostrare la vasta gamma di alberi, arbusti e piante da fiore della proprietà, l’Augusta National in precedenza era un vivaio e il presidente Clifford Roberts accolse con entusiasmo le piante esistenti come parte integrante dell’identità del circolo.
I bunker invece non erano originariamente pensati per essere così perfetti. Il loro viaggio verso lo status iconico di oggi è stato lungo e qui ve lo raccontiamo.
1933-1946
L’architetto di Augusta, Alister MacKenzie, credeva che una buona progettazione dovesse sforzarsi di essere indistinguibile dalla natura e lavorava affinché i suoi campi si fondessero con l’ambiente circostante.
Cosa più facile da ottenere in presenza di sabbia e dune, tipiche dei percorsi links, o nelle dune di Cypress Point o nella Melbourne Sandbelt.
I terreni argillosi e duri della Georgia invecenon si prestavano allo stile di bunker eroso che potrebbe sembrare di natura indigena.
Tuttavia MacKenzie tentò di far apparire i bunker dell’Augusta National casuali e non artificiali, e li fece costruire con sponde irregolari, a rientrare, lingue d’erba e bordi scarabocchiati.
Erano anche relativamente poco profondi e a filo con il livello del terreno sottostante, poiché i bunker più profondi nei terreni argillosi e scarsamente drenanti si riempiono rapidamente di acqua durante le tempeste.
I bordi filigranati di MacKenzie svanirono negli anni ‘30, durante il periodo della Depressione a causa della manutenzione ridotta, delle alterazioni al percorso e della mancanza della sua supervisione (morì nel 1934).
Perry Maxwell, ex socio di MacKenzie, che iniziò ad apportare modifiche nel 1937 costruendo nuovi green e bunker, era noto per uno stile naturalistico ma i nuovi ostacoli che costruì in buche come la 7, la 9 e la 10 non avevano le stesse forme e bordi ornati di MacKenzie.
L’Augusta National chiuse durante la Seconda Guerra Mondiale e il Masters fu sospeso dal 1943 al 1945. In questo periodo le buche divennero incolte (la proprietà venne utilizzata per pascolare il bestiame) e quando venne riaperto furono necessari notevoli lavori per sistemare il percorso.
Ciò che rimaneva del concetto dei bunker di MacKenzie fu così in gran parte cancellato.
1947-1974
Quando il circolo riprese il normale funzionamento dopo la guerra assunse Robert Trent Jones per modernizzare il campo.
Jones era noto per la costruzione di robusti bunker a forma di trifoglio, ma quelli che costruì o rinnovò in buche come la 1, la 16 e la 18 avevano un aspetto più aperto e utilitaristico, comune nel dopoguerra per la loro relativa facilità di manutenzione.
L’architetto George Cobb divenne consulente del circolo negli anni ‘50 e continuò il progetto di ampliamento, semplificazione e spostamento dei bunker.
Quelli dietro al green della 13, ad esempio, divennero arrotondati e furono spostati più in alto, sul fianco posteriore della collina.
Riempì anche il grande bunker del fairway della 14 di MacKenzie, dalla forma intricata, e spostò un altro ostacolo, originariamente posizionato diagonalmente al centro del par 5 della 8, a destra del fairway.
Più tardi, negli anni ‘60, Cobb spostò il bunker centrale del par 5 della 2 più avanti lungo il fairway, verso l’angolo esterno del dogleg.
Durante questa epoca le forme del bunker si definirono nelle sagome che oggi riconosciamo, anche se mantennero un aspetto ruvido intorno ai bordi a causa dell’uso di falciatrici che si fermavano prima di tagliare i perimetri del bunker.
Tuttavia, erano ancora piuttosto piatti a causa dei problemi di drenaggio e del tipo di sabbia grossolana che si utilizzava.
Alla fine degli anni ‘60 le falciatrici meccaniche divennero popolari in tutto il settore e l’Augusta National fu in grado di creare bordi ben definiti intorno ai bunker.
L’effetto collaterale di usare lame metalliche rotanti per modellare i bunker era che a ogni passaggio frammenti di terra venivano tagliati via e lentamente le dimensioni degli ostacoli crebbero, man mano che i bordi gradualmente si allargavano.
1975-1981
Una delle modifiche più importanti ai bunker si verificò prima del Masters del 1975. Per decenni la sabbia era stata color bianco sporco, con granelli grossi e arrotondati (probabilmente di provenienza locale) e i giocatori dovevano spesso effettuare delle explosion quando la pallina si infossava.
Clifford Roberts notò che la sabbia nel suo circolo nella Carolina del Nord occidentale era diversa e scoprì che la stavano acquistando da una cava vicina.
Roberts fece trasportare la nuova sabbia color bianco perla all’Augusta National e la fece installare nei suoi bunker prima del torneo del 1975.
Chiamata sabbia North Carolina Spruce Pine, era fatta di quarzo (igneo piuttosto che di roccia sedimentaria) e aveva una struttura più fine e angolare.
Non solo era una superficie più solida e coerente da cui giocare (il che significava un migliore controllo del colpo), ma la forma dei granelli la rendeva in grado di restare verticalmente attaccata alle sponde dei bunker, che erano diventate gradualmente più ripide e più rialzate.
Sebbene fosse necessario molto lavoro per spingere la sabbia su per i pendii quando la pioggia la portava via, le sponde ovali, alte e bianche che si spingono verso i green, si sono radicate nel nostro immaginario come parte dell’estetica dominante.
1982-1993
Quando l’Augusta National assunse Billy Fuller come superintendent dopo il Masters del 1981, il circolo non era ancora la superpotenza che è oggi in tema di manto erboso e trattamenti.
Le strutture di manutenzione e l’impegno verso la scienza agronomica non erano molto diversi da quelle di altri circoli, ma gli anni ’80 hanno segnato un periodo di rinascita per quanto riguarda i tappeti erbosi e i trattamenti, a partire dalla conversione dei green dell’Augusta National dalla bermuda sovra-seminata con la segale a una bentgrass più dura e veloce.
Dopo un inizio complicato nel 1981, Fuller iniziò a lavorare per il Masters del 1982 e diversi anni dopo installò il primo prototipo di sistema idronico, che aiutava a controllare le temperature del suolo sotto il delicato green della 12.
Il drenaggio continuava a essere la rovina dei bunker e ogni estate la sabbia doveva essere perforata e il drenaggio riparato.
Per evitare questa dispendiosa spesa, Fuller sviluppò il primo sistema di rivestimento dei bunker.
Il restyling del 1982
Durante l’estate del 1982 lui e la sua squadra ricostruirono tutti i bunker del campo, rivestendo ciascuno con cinque centimetri di ghiaia e coprendoli con una membrana polimerica, prima di sostituire la sabbia.
Il sistema consentiva all’acqua di filtrare attraverso la sabbia e il rivestimento, quindi di defluire sotto la sabbia attraverso la ghiaia.
Dopo i temporali il 90% della sabbia continuava ad aderire alla sponda del bunker, eliminando la necessità di spalarla su per il pendio o di effettuare riparazioni annuali.
Oggi sistemi di rivestimento dei bunker come questo, che in seguito vennero chiamati “Better Billy Bunkers”, sono diventati standard in tutto il settore.
In questo periodo furono anche aggiunti gli ultimi nuovi bunker dell’Augusta National, nel 1983, quando Jack Nicklaus suggerì che quello del fairway a sinistra della buca 3 sarebbe stato un ostacolo più efficace se fosse stato suddiviso in una serie di bunker (si parlò persino di aggiungere un piccolo stagno in quel punto).
Il singolo bunker esistente fu trasformato così in quattro e da allora il numero e lo stile degli ostacoli di sabbia dell’Augusta National non sono cambiati più in modo significativo.
1994-2025
Il lavoro più impegnativo svolto all’Augusta National durante la metà degli anni ‘90 è stata l’installazione di sempre più sistemi di riscaldamento e drenaggio sotto la superficie dei green e l’aggiunta del secondo taglio di rough nel 1999.
Il circolo nominò Tom Fazio come architetto consulente, anche se, a parte i continui miglioramenti nel drenaggio in tutto il campo e le leggere alterazioni intorno ai green, fino al 2002 non furono intrapresi grandi cambiamenti.
Tra questi fu deciso di rendere “a prova di Tiger” determinate buche attraverso l’allungamento e la successiva aggiunta di nuovi pini su buche come la 11, la 15 e la 17.
Il circolo ha continuato ad allungare le buche dove possibile e occasionalmente ha fatto cambiamenti più sostanziali, come la ristrutturazione della buca 11 per il Masters del 2022.
Gli ultimi cambiamenti ad Augusta
Gli ultimi cambiamenti significativi sono stati lo spostamento di diversi bunker del fairway: alla 1 e 8, nel 2002, quando entrambi sono stati spostati 14 metri più avanti lungo il fairway; alla 18, dove i due bunker di sinistra sono stati ampliati durante l’allungamento del 2011; e al par 4 della 5, dove i due bunker di sinistra interni sono stati resi più piccoli, più profondi e spostati leggermente più vicino al battitore, dopo che la buca è stata allungata di 37 metri.
È in questi bunker che la squadra di Fazio ha lentamente portato la propria estetica. Sia il bunker del fairway della 1 che quello della 8 sono stati resi più profondi e rimodellati con un bordo più curvo e a rientrare.
Attraverso il lavoro di diversi architetti, il passare del tempo e i miglioramenti nel drenaggio, nella consistenza della sabbia e in altri progressi nella manutenzione, i bunker si sono evoluti in una serie di differenti e iconiche forme.
Alcuni sostengono che ci sia ancora un legame con quelli di MacKenzie, anche se lui stesso, se fosse qui oggi, potrebbe non essere d’accordo.
Sarebbe un sacrilego alterare questa estetica ormai radicata da oltre 50 anni, molto più a lungo dell’aspetto che avevano quando il campo venne inaugurato nel 1933.
Mentre il percorso fiorisce e appassisce intorno a loro, queste 44 forme scultoree bianche controllano in modo efficace le strategie di gioco e definiscono il modo in cui pensiamo all’Augusta National, tanto quanto qualsiasi altro elemento del suo design.
I bunker potrebbero continuare a spostarsi e a espandersi secondo necessità ma la loro presenza è finalmente passata dalla fase evolutiva all’immutabilità.