Gregory Molteni, prometti di raccontare tutta la verità?
Gregory, ti fa niente se in questa intervista diciamo tutta la verità, nient’altro che la verità?
Ovvio, sono qui solo per questo. Dico sempre quello che penso, sarò schietto e sincero.
Prima di tutto perché Gregory con la Y?
Mamma e papà si sono conosciuti quando mio padre stava giocando il South African Open. Tra il pubblico c’era il nonno materno che era solito organizzare cene tra italiani per fare gruppo, lui era emigrato dall’Italia in Sudafrica durante la guerra. Ovviamente a quella cena è scattato l’amore. Ti dirò poi che Gregory con la Y secondo me era per darmi un nome un po’ diverso da tutti i Molteni della mia zona.
Vado alla domanda scottante, è vero che sei il più rompiscatole del circuito?
Io cerco di fare sempre gli interessi miei e dei colleghi e dicendo quello che penso talvolta risulto “troppo diretto”. Non sono uno che ha paura di mettersi in prima linea.
Sei anche l’unico che ha sempre avuto il caddie, il fedelissimo Mauro Picchioni. Come mai?
È stato il caddie di mio padre, ed oltre ad essere un’ottima spalla in campo, è uno straordinario compagno di viaggio. Lui dice che si ricorda di avermi portato sulle spalle mentre gli tiravo con forza i capelli. Direi che siamo uniti da sempre, se questo è il suo primo ricordo.
Fedele con il caddie equivale a fedele con amici, fidanzate…
Diciamo fedele con gli amici, anche quelli più insidiosi visto che mi piace il confronto. Per le fidanzate ci sto lavorando ma passiamo alla domanda successiva, in fretta.
Hai appena vinto sull’Alps Tour. Che effetto fa a 37 anni e cosa hai fatto bene e cosa meno in carriera?
Ho dedicato la vittoria a mio papà Pietro Molteni. Era il giorno del suo compleanno e devo a lui tutto quello che ho fatto nel golf. Non ho mai pensato di smettere di giocare, anche nei momenti più bui; qualche volta è difficile guardare avanti in questo sport. Cosa ho sbagliato? Forse il mio carattere troppo impulsivo, non ho saputo gestire la grinta quando sono stato leader dopo 9 buche. Ma la vecchiaia porta calma e saggezza.
Sei il giocatore più ambito in Italia per le Pro-Am, il segreto è giocare bene o insegnare i trucchi ai dilettanti?
C’è molta concorrenza anche li sai? Si è alzato il livello ultimamente perché alcuni giocatori di torneo frequentano di più queste gare. Giocare bene rimane fondamentale, i dilettanti vogliono fare 18 buche di qualità, però i rapporti umani sono importanti e la condivisione fuori e dentro il campo è un tocco in più che non guasta mai.
Marco Crespi, Lorenzo Gagli, continua tu i nomi di professionisti fortissimi con i quali hai una grande amicizia ed hai condiviso green importanti
Continuo con Alessandro Tadini, Joon Kim, Lorenzo Scotto e tanti altri che ci sono dall’inizio della mia carriera. Mi piace fare gruppo e cercare di far capire ai giocatori professionisti che insieme si può crescere in qualità sotto tutti gli aspetti.
È vero che hai fatto 9 Hole in One?
Verissimo, ti ricordi in Tunisia? (ride) Ho vinto la Jaguar e abbiamo fatto un video per farlo sapere a tutta l’Italia. Anche mio padre ne ha fatte molte: “i Molteni” con i ferri ai green vanno forte.
Qual è il tuo segreto per giocare bene a golf? Più mentale o di tecnica?
Ti sembrerà strano ma dico tecnica. Ormai ho il mio carattere e lo accetto, ma senza lo swing non sarei andato da nessuna parte. Non sono meccanico del tutto nel mio gioco ma la ripetitività ha sempre ripagato.
Da pochi mesi ti dedichi a trasferire la tua esperienza a forti giocatori dilettanti. Come si vestono i panni da guru con allieve come Emilie Paltrinieri?
Do ut Des. A dir la verità sto rubando più segreti io a loro che il contrario. Con Enrico Trentin e Marco Crespi stiamo cercando di trasferire tutta l’esperienza ai ragazzi. Mi impressionano, giocano già tutti bene ma ovviamente non hanno ancora i chilometri sui green che abbiamo fatto noi. 16-18 anni è l’età giusta per fare il salto di qualità, noi ci siamo.
Durante le trasferte, quando ti incontro, non sbagli mai ristorante. Hai mai pensato di fondare una Greg Food Guide? Una sorta di GolfAdvisor, se mi paghi qualche cena entro in società…
Sono amante dei dolci e mi alleno in palestra solo per permettermi qualcosa in più a tavola. Non scelgo solo io i ristoranti, il gruppo di amici è molto esigente a tavola. Spesso affittiamo case e cuciniamo, si spende meno ma ci si vizia come si vuole.
Quali sono i tuoi campi preferiti e dove un golfista deve assolutamente andare…
In Sudafrica, e non lo dico per questioni di cuore. In Italia mi piace il Nazionale, Biella dove ho bei ricordi dei Campionati Italiani e Acaya. Morale: adoro i campi difficili.
Quale sarebbe la “ricetta Molteni” per il Golf Italiano, sia per avere giocatori sempre più forti che per averne di più?
Abbiamo un asso nella manica, il Sud Italia. I ragazzi hanno voglia di qualcosa di nuovo e sarebbero grandi lottatori. E poi il golf deve andare a pari passo con il turismo e noi abbiamo una terra bellissima dove investire. Parola di chi ha girato il mondo.
Cosa pensi però dei tuoi colleghi sul Tour, tutti caratteri diversi o qualcosa accomuna i campioni?
Caratterialmente sono tutti diversi… e meno male. Ciò che accomuna i campioni sono le basi, dal grip alla posizione sulla palla. Senza i fondamentali nello sport non si va da nessuna parte.
Visto che giochiamo da quando siamo piccoli abbandoniamo le domande serie. Ti ricordi quanto ero più forte di te nel 1995?
A golf dici? (ride) Mi ricordo solo che cercavi il numero di telefono delle ragazze e poi sei entrato in Marina Militare per mettere la divisa da Ufficiale e Gentiluomo. Continuo?
No, aspetta, fammi chiudere in bellezza. Vuoi mettere la testa a posto o devo rubarti la rubrica del telefono? Guarda che tua mamma ci legge, pensaci bene….
Mia mamma ha la pelle dura, leggerà e si farà una risata. Comunque non ti rispondo.
Greg, in bocca al lupo per tutto. Vedere vincere qualcuno con il quale ho condiviso le gare giovanili mi ha emozionato. Ad Acaya ho pianto con il tuo caddie…
Ecco vedi, io vivo per queste cose. Gli amici, gli addetti ai lavori, chi sta dietro le quinte. Se sento questo tifo vuol dire che ho fatto bene. Ad Acaya ho capito che stavate tifando per me. Grazie.
Ok, mi dai il 10% della vittoria adesso?
Non sono Francesco Molinari, sei sicuro?
La scheda
Gregory Molteni nasce a Como il 3 Marzo del 1982.
Passa al professionismo nel 2003 e conquista l’Omnium poco dopo nel 2005. Numerose le top ten nel circuito Alps Tour dove è sempre stato considerato maestro di regolarità.
Dal 2008 al 2011 calpesta i green di Challenge Tour ed European Tour dove si posiziona 30° nell’Alfred Dunhill Championship in Sudafrica.
Quest’anno, all’Acaya Open in Puglia, conquista il suo primo titolo sul circuito Internazionale dopo essersi dedicato all’insegnamento tattico/strategico di alcuni forti dilettanti italiani.