A settembre 2021, in occasione dell’Open d’Italia, faceva il suo debutto nel mondo del professionismo. Oggi, a distanza di appena un anno, ha già ottenuto tre vittorie in carriera, ha vinto l’ordine di merito dell’Alps Tour e si è conquistato la carta per il Challenge dell’anno prossimo. Conosciamo meglio Gregorio De Leo, 22enne biellese con un passato da ottimo giocatore amateur e un futuro ancora tutto da scrivere. Una montagna di capelli ricci, viso fresco e sorriso contagioso, Gregorio ha fatto un primo assaggio di DP World Tour l’anno scorso con l’ingresso nel mondo del professionismo. Oggi, si ripresenterà sul tee della 1 del Marco Simone con una nuova consapevolezza e con la certezza di essere nel posto che gli appartiene da sempre.
Dove hai iniziato a muovere i primi passi nel golf?
Sono nato e cresciuto a Biella a pane e golf. Lì, ho preso in mano i primi ferri all’età di sei anni grazie a mia mamma e non ho più smesso.
Quando hai capito che il golf sarebbe stato il tuo futuro?
Fin da piccolo amavo questo sport, era la mia vera passione e da subito ho sempre desiderato diventare un forte giocatore. Alle elementari quando la maestra chiedeva a me ai miei compagni di classe cosa desiderassimo fare da grandi c’era chi sognava di fare il pompiere, chi l’astronauta. E poi c’ero io che dicevo di voler diventare un professionista di golf.
Dicci qualcosa che nessuno sa di te?
Sono un ottimo casalingo, lavo, stiro e cucino. Ma non chiedetemi di fare i dolci, quelli li mangio e basta…
Dove ti vedi tra dieci anni?
Spero vivamente di essere un solido giocatore del DP World Tour ed essere in contention per una vittoria in un major, magari sul green della 18 di Augusta…
Quali obiettivi ti sei posto a breve termine?
Vorrei ottenere una bella Top 15 all’Open d’Italia, concludere l’anno nei primi 300 dell’Ordine di Merito mondiale e provare a conquistare la carta per il DP World Tour attraverso la Qualifying School di ottobre. Se non dovessi riuscirci, ritenterò l’anno prossimo provando a concludere la stagione tra i primi 20 dell’ordine di merito del Challenge Tour e ottenere così l’accesso al massimo circuito europeo.
Open d’Italia: da esordiente a protagonista…
(Mi blocca) No aspetta, dire da protagonista ancora non me la sento, la stagione sta andando bene ma all’Open d’Italia ci saranno ragazzi e colleghi italiani molto più protagonisti di quello che posso essere io oggi. Diciamo che ci sto lavorando. Richiedimelo tra un paio d’anni.
Cosa ti piace di più del Marco Simone?
È un campo tecnico e delicato, sicuramente la parte più complicata sono i tee shot. È infatti importante non mancare i fairway anche nelle buche più corte. E poi i green sono un bel banco di prova. Sono molto grandi e tutto dipende dalla posizione delle bandiere. Se si sbaglia il settore del green si rischia di avere un colpo impossibile e i tre putt sono dietro l’angolo.
Nel tuo primo titolo, il Memorial Giorgio Bordoni, hai fatto un ultimo giro in -11. Dicci la verità, a un certo punto eri in apnea?
Diciamo che nelle seconde nove buche ho iniziato a realizzare cosa stava succedendo ma mi sentivo molto tranquillo. Mi sono reso conto che ogni singolo colpo che visualizzavo mi riusciva facilmente. Tutto andava nel verso giusto per non parlare del putt. Ovunque mi trovassi in green imbucavo.
Cosa si prova a vincere il primo torneo in carriera?
L’emozione e l’orgoglio sono grandi. Sono riuscito a conquistare tre vittorie a meno di un anno dal mio passaggio al professionismo. E questo va oltre le mie aspettative. Ovvio che la prima non si scorda mai e per me è stata resa ancora più speciale dalla presenza del mio coach, Alain Vergari e di mio papà. Come raccontavo è stata mia mamma a portarmi sul campo da golf ma mio padre appena può viene a seguirmi e questo mi dà una carica maggiore.
Il tuo ricordo più bello vissuto fin ad oggi sul campo da golf?
Il momento nel quale ho realizzato che avrei giocato l’Open d’Italia e avrei fatto il mio debutto nel professionismo in un evento del DP World Tour.
Ci sarà sicuramente anche il momento peggiore
Ovvio. A inizio 2019 non ho passato il taglio al Trofeo Mario Camicia con un bel 85. Quello è stato il momento peggiore ma ha segnato anche una svolta. Ho cambiato maestro e ho iniziato un nuovo percorso. Ecco, anche nei momenti difficili e nelle giornate peggiori mai e poi mai penso per un attimo di smetter di giocare, piuttosto mi taglio una gamba!