Se n’è andato così, in punta di piedi, con l’eleganza e la signorilità che da sempre lo hanno contraddistinto, quasi a non voler disturbare nessuno, nemmeno i suoi amici di una vita e i collaboratori più stretti.

Il golf italiano ha perso improvvisamente l’uomo che negli ultimi 22 anni ne ha cambiato per sempre il destino, contribuendo con la sua innata lungimiranza a ottenere risultati che sono già nei libri di storia del nostro sport.

Ci sono persone che nel corso della nostra esistenza hanno la capacità di segnare indelebilmente anche il nostro di percorso. Il Professor Franco Chimenti era uno di questi. Conosceva tutti, nessuno escluso. E tutti lo conoscevano. Dalle più alte sfere politiche e imprenditoriali del nostro paese al personale di ogni singolo circolo di golf, che non mancava di visitare nei suoi interminabili spostamenti lungo la nostra penisola.

Bastavano poche battute per capire di che pasta era fatto: il suo sguardo, vispo e brillante, era lo specchio di una personalità fuori dall’ordinario, di chi è in grado di assaporare appieno il gusto della vita e di esaltarsi di fronte a ogni singola sfida. Là dove c’erano ostacoli lui vedeva soltanto soluzioni, idee, nuove opportunità. A dimostrarlo c’è il suo percorso, quello di un uomo che ha lasciato il segno ovunque abbia operato e che le sfide, anche quelle più ardue, nella sua vita le ha superate tutte, nessun esclusa.

Ricordo ancora adesso perfettamente gli albori della sua più grande vittoria, la Ryder Cup. Luglio 2014, l’Open Championship si gioca a Liverpool e, come ha sempre fatto sino all’ultimo giorno della sua vita, il Presidente è a seguire in prima linea i nostri ragazzi impegnati nel major britannico.

Una settimana intensa anche fuori dal campo, a contatto con tutti i vertici del golf mondiale e in cui Chimenti incontra George O’Grady, CEO dell’European Tour, con un pensiero ben chiaro in testa: “Voglio la Ryder a Roma, ne farò l’evento più bello di sempre”. Un’idea che a molti fece storcere il naso, irrisa e ritenuta impossibile, una scalata a qualcosa di inafferrabile.

Non per chi come lui aveva una qualità unica, quella di vedere sempre al di là dell’ostacolo, illuminato da una visione globale che aveva già perfettamente inquadrato. Il resto è storia, quella del più grande successo mediatico e di pubblico mai ottenuto dalla Ryder Cup nelle edizioni giocate in suolo europeo.

Ho incrociato il suo sguardo al Marco Simone durante la Ryder, mi ha abbracciato e mi ha sussurrato: “Ho un’adrenalina in corpo che non riesco a stare fermo, oggi coroniamo qualcosa di immenso che rimarrà per sempre, a dispetto di chi non lo credeva possibile”.

Chimenti era questo, un eccezionale e per molti versi unico uomo di sport con un dono speciale, quello di avere una mente che viaggiava ad un’altra velocità, in grado di trasformare il dubbio in certezza, il timore in coraggio.

Il destino ha voluto che se ne andasse proprio a un anno esatto dal suo capolavoro, l’amata Ryder, e, ancora più beffardo, a poche settimane dall’ultima battaglia vinta, quella per la presidenza della Federgolf, che avrebbe guidato ancora per il quadriennio 2025-2028.

Fino all’ultimo giorno ha combattuto come un leone, con la forza, la passione e l’intensità di un ragazzino. Ha percorso l’Italia intera per non far mancare la sua parola a nessuno, per continuare con ancora più rinnovata passione ed entusiasmo il suo cammino alla guida della Federgolf.

A fermarlo non è stato un avversario o una sfida impossibile ma il naturale corso della vita, quella che lui, sino al suo ultimo respiro, ci ha insegnato come deve essere affrontata: buttando sempre il cuore e l’anima oltre ogni ostacolo e difficoltà.

Grazie Presidente.


Il numero di ottobre di Golf & Turismo, in distribuzione in questi giorni, contiene al suo interno una doppia pagina dedicata al rinnovo delle cariche federali tenutesi a Roma il 16 settembre scorso. Purtroppo i tempi di stampa non ci hanno permesso di intervenire dopo l’improvvisa scomparsa del Presidente Franco Chimenti, avvenuta il giorno 3 ottobre.