Grazie Chicco. Non c’è altro da aggiungere se non quello di alzarsi in piedi tutti insieme simbolicamente e applaudirti per quanto ci hai regalato, un Masters che difficilmente dimenticheremo.
Grazie per averci fatto sognare di sfiorare quella mitica Giacca Verde. Grazie per averci emozionato a tal punto da spingere con il cuore ogni tuo singolo colpo, con la speranza che finisse sempre nel punto giusto del fairway o in centro alla buca. Grazie per aver fatto conoscere dal vivo agli americani, e sul loro campo più celebre, di che straordinaria pasta sei fatto.
Ci hai regalato la possibilità di vivere un sogno infinito, lungo 65 buche, quelle che hai condotto con la regolarità e la precisione che ti hanno reso celebre nel mondo. Ci hai fatto saltare sul divano, soffrire ed esultare come una finale di Coppa del Mondo, hai tenuto testa a tutti: ai più forti, a bombardieri e giovani rampanti, alle insidie dell’Augusta National e al tifo di casa, e tutto senza battere ciglio, continuando a macinare il tuo gioco come solo tu sai fare, Laser Frankie.
L’Augusta National a volte è una brutta bestia: prima ti sorride, ti tende la mano, ti fa emozionare e poi, improvvisamente, ti volta le spalle. La buca 12, forse il più bel par 3 del mondo, ha una lunghissima storia di trionfi e di tragedie sportive. Lì, su quei tremendi 140 metri del Golden Bell, nomi illustri hanno lasciato sangue e lacrime, crocevia di un destino che improvvisamente decide di prendere un’altra strada.
Molti, dopo aver quasi assaporato il profumo di quella giacca, sono poi sprofondati nell’oblio golfistico. Francesco Molinari, dopo questo Masters, siamo certi che tornerà a casa con ancora più certezze, quelle di poter competere, alla pari con chiunque e su qualsiasi campo di battaglia ancora per molti anni. Non sono certo due palle finite in acqua a rovinare un torneo che ha regalato a Chicco comunque un quinto posto finale, la sua miglior prestazione di sempre ad Augusta, e l’ennesima dimostrazione delle sue straordinarie qualità.
Già, la perfezione. Quella non esiste, nemmeno i più grandi sono e saranno mai impeccabili. Esistono LEGGENDE, quelle sì, capaci di prendere il proprio destino e rivoltarlo come un guanto, cogliendo l’attimo.
Tiger Woods quel destino oggi lo ha preso per mano proprio alla buca 12 e lo ha portato dritto sulla sua strada, tornando a indossare quella giacca 14 anni dopo il suo ultimo successo.
Un miracolo sportivo che entra nella storia dalla porta principale e che non si può far altro che applaudire; sua maestà Tiger è tornata e il golf, tutto insieme, riabbraccia il più grande giocatore di tutti i tempi, ora a un solo torneo dal record di Sam Snead (82 vittorie sul PGA Tour) e a tre dai major di Jack Nicklaus.
Bentornata tigre.