Dieci anni fa Graeme McDowell era al vertice della sua carriera. Aveva vinto un major imponendosi nello U.S. Open a Pebble Beach, aveva conquistato altre tre vittorie tra PGA ed European Tour e aveva concluso la stagione al numero sei della classifica mondiale.
Dopo quell’exploit, il campione nordirlandese aveva iniziato piano piano a rendere sempre meno in campo raggiungendo addirittura la posizione numero 259 nel World Ranking.
Ma c’è una qualità che G-Mac non ha mai abbandonato: la tenacia. In questi anni si è sempre aggrappato ad essa lavorando sul suo swing e ingaggiando un nuovo coach.
Certo, se gliel’avessero pronosticato quanto accaduto in questo inizio di stagione, non ci avrebbe creduto. E invece McDowell è riuscito in poco tempo a scalare il ranking mondiale e rientrare nei primi 50 del mondo. Una rincorsa iniziata l’anno scorso con la vittoria a marzo in Repubblica Dominicana in un torneo del PGA Tour e il 15° posto all’Open d’Italia. Infine, la vittoria al Saudi International dello scorso 2 febbraio che gli ha ridato il posto che gli spetta, tra i top player del golf.
Un nuovo allenatore
Uno dei motivi di questa rinascita è senza dubbio la decisione di cambiare coach. G-Mac ha più volte dichiarato di non aver rotto del tutto i rapporti con il suo allenatore storico, Pete Cowen, che lo segue da ormai 15 anni. Il vero problema era la distanza tra i due e la decisione di ingaggiare quindi un coach americano Kevin Kirk, già mentore di Patrick Reed e Lexi Thompson.
“Ho iniziato a lavorare con Kirk nell’agosto dello scorso anno e da subito è riuscito a trasmettermi una motivazione che stavo lentamente perdendo” – ha detto McDowell – “Con lui mi sono nuovamente messo alla prova, ho iniziato di nuovo a tirare la pallina come piace a me”.
Dalle stelle alle stalle e viceversa
Dopo aver attraversato il momento più difficile in carriera questa volta McDowell non si fa trovare impreparato. “Ho assaggiato il sapore della mortalità e mi sono detto che se mai avessi avuto ancora la possibilità di gareggiare con i top player del mondo avrei dovuto lavorare sodo. Appena conosciuto Kevin Kirk mi disse che non c’era assolutamente alcun motivo per cui il miglior golf della mia carriera non possa essere ancora lì davanti a me e alla mia portata. A quarant’anni non è mai troppo tardi per mettersi in discussione”.
Ora che il gioco è tornato quello di 10 anni fa, la testa di G-Mac è focalizzata verso un unico obiettivo: far parte nuovamente della squadra europea di Ryder Cup.
Dopo essere stato l’eroe alla Ryder del 2010 al Celtic Manor e aver portato il punto decisivo contro Hunter Mahan, il nordirlandese è deciso a guadagnarsi di diritto un posto in squadra a Whistling Straits senza passare per le wild card del capitano Padraig Harrington.
Quel che è certo è che questo 2020 sarà un anno importante per Graeme, che per la prima volta ospiterà il Duty Free Irish Open al Mount Juliet succedendo ad altri due illustri connazionali, Rory McIlroy e Paul McGinley.