Dedicato a tutti i criticoni del golf di casa nostra, che da tempo hanno deciso di dire la loro su Manassero, sparando a caso ipotesi fantasiose ed esprimendo giudizi a dir poco superficiali sul campione veronese.
Noi italiani sappiamo di essere un popolo di allenatori, professori, commentatori, coach e psicologi. Personalmente li raggrupperei nella definizione più adatta: criticoni, per il gusto di mettersi in mostra.
Vivendo il bel paese di calcio e di tutte le sue dinamiche, siamo quotidianamente testimoni di commenti e suggerimenti che ogni “calciofilo” vorrebbe dare alla propria squadra.
Nel golf nostrano, a finire sotto la lente degli inutili criticoni, è finito anche un nostro grandissimo talento: Matteo Manassero.
Ne ho sentite di ogni in questi ultimi anni, da quando ha vinto il suo ultimo titolo a Wentworth.
Non ho mai avuto il piacere di farmi qualche buca con lui, né tantomeno di giocare sullo European Tour.
Ho trascorso ben nove anni in giro per l’Europa a fare tornei di Challenge e Alps Tour, con risultati mediocri, tanta frustrazione, momenti di ansia, e la voglia matta di tornare a casa dopo un taglio mancato e aspettare il giorno dopo per ricominciare da capo.
Quando decidi di fare il giocatore di torneo, sai che stai per siglare un patto con il diavolo.
Sei spinto dall’entusiasmo e dalla voglia di migliorarti giorno dopo giorno e di confrontarti con gli altri.
Ma inconsciamente sei consapevole della quantità di sofferenza con cui dovrai convivere per i prossimi anni.
Ecco, chi vive praticando questo sport, sa che così come il “giochetto” si rompe all’improvviso, tutto si ricompone senza preavviso.
A qualsiasi livello, non esiste distinzione, se non il fatto che per gente del calibro di Matteo un periodo “oscuro” si può trasformare in un viaggio all’inferno, con un biglietto di sola andata.
“Manassero è troppo corto”, “troppo giovane”, “l’ha rovinato la fidanzata”, “il suo allenatore non va bene”, “deve andare in America”, “non ha più la testa”, “non gli va più”.
Queste sono alcune delle tante “cazzate” che ho sentito negli ultimi mesi.
Molti di voi pensano che si debba vincere ogni settimana, piazzarsi nei top ten, avere successo in ogni torneo.
Poi però quando vanno in campo, e presentano uno score da “totocalcio”, danno la colpa al percorso, al rough troppo alto, al vento, ai compagni di gioco o al maestro reo di avergli stravolto lo swing.
Molti amateurs dimenticano facilmente i loro weekend.
Spesso coloro che criticano Matteo Manassero di non avere più le “palle” sono gli stessi che abbandonano la gara millantando una telefonata urgente, scappando a casa, tentando così di sottrarsi a quello a cui loro invece sono abituati a fare nei confronti dei campioni: esprimere giudizi.
Matteo è un talento incredibile, non si è mai nascosto, si è sempre messo in discussione.
Quello che avviene tra lui e il suo coach, Alberto Binaghi, deve restare fra di loro. Nessuno può sapere cosa si dicono ogni giorno, quali siano le loro scelte e il loro piano strategico.
Ho trovato demenziale il fatto che una fidanzata (tra l’altro molto carina, disponibile, assolutamente matura e cordiale) possa avere nuociuto a Matteo.
La maturità manifestata dal campione veronese durante i suoi primi anni vittoriosi sul Tour è la stessa che gli ha permesso di trovare e condividere la sua vita con la donna che ama.
Veramente qualcuno di voi ha pensato che un ragazzo che ha giocato Masters, Open Championship, vinto tornei in giro per il mondo, possa essere annebbiato da una storia d’amore?
Per piacere, tutti abbiamo avuto nella nostra vita professionale alti e bassi.
Non c’entra la persona con cui vivi, bensì la tua capacità nell’accettare di vivere un periodo difficile, di evoluzione e di pazienza.
Ovvio che ci siano stati casi in cui uno sportivo abbia avuto un declino, conseguente all’inizio di una nuova relazione, ma in quel caso è stata colpa dell’atleta che ha spinto il pulsante dell’autodistruzione.
Io vorrei solo ricordare quello che è successo a tanti campioni, dopo un periodo nero, e di quanti ritorni ci siano stati. Tiger docet.
Matteo Manassero appartiene a una categoria di prescelti.
Sa cosa deve fare, quanto deve (forse) ancora soffrire, ma alla fine tutto ritornerà al suo posto. E i soliti detrattori saliranno poi sul carro del vincitore.
Chi fa del golf una professione, sa di aver scelto uno sport infernale, vivendo quotidianamente nel dubbio che una mattina possa finire tutto…
Uno stato d’animo che crea forza: basta un click per farsi trovare pronti nel momento in cui serve e vincere nuovamente.