Da poche ore è terminato lo U.S. Open. Francesco Molinari ha lasciato la California e, dopo il volo che lo ha portato dall’altra parte degli Stati Uniti, sta raggiungendo in auto il TPC River Highlands, teatro del Travelers Championship. Lo abbiamo raggiungiamo telefonicamente a un anno dall’ultima chiacchierata. 365 giorni di grandi cambiamenti. Il più grande sicuramente il trasloco transoceanico che lo ha portato, insieme alla moglie Valentina e ai figli Tommaso ed Emma, da Londra a Los Angeles.
Come procede l’ambientamento a Los Angeles?
❱ Tutto bene, ci siamo sistemati. Ci sentiamo come a casa, siamo tornati alle nostre abitudini quotidiane. Permangono alcune difficoltà legate ai viaggi per l’Europa e questo limita le visite alle nostre famiglie, che ci mancano. A parte questo per il resto ci siamo adattati. Emma ha terminato l’anno all’asilo e inizierà a settembre la scuola con Tommaso.
Ci sono altri italiani che frequentate?
❱ Ci sono altri nostri connazionali ma per ora non li frequentiamo ancora. C’è Alex Del Piero, suo figlio è compagno di classe di Tommaso e sono amici. Ogni tanto l’ho visto ma siamo entrambi parecchio impegnati. Abbiamo giocato insieme al Riviera Country Club, il circolo dove mi alleno.
Sei più famoso tu o lui?
❱ Direi entrambi.
Pensavo te, visto la diffusione del ‘soccer’ negli States…
❱ Beh, non è popolare come il basket ma Del Piero lo conoscono tutti!
Ti fermano per la strada a Los Angeles e ti chiedono selfie come a Londra?
❱ Sì, capita spesso.
Per assurdo il posto più tranquillo dove puoi andare in giro senza essere fermato è l’Italia…
❱ (Ride) Effettivamente è così!
Come stai?
❱ Meglio. Quando sono arrivato allo U.S. Open avevo ancora qualche punto interrogativo. La schiena e il fisico hanno reagito bene. Mi è spiaciuto dover rinunciare al PGA Championship e al Memorial Tournament. Proprio non ero in grado di giocare. Con fisioterapia e riabilitazione spero di aver risolto definitivamente la questione.
Che tipo di problema hai avuto?
❱ Uno stiramento e una contrattura nella zona lombare. La causa è lo swing, che sappiamo può provocare disturbi di questo genere.
Che U.S. Open è stato quello di Torrey Pines?
❱ È stato un bel evento. Tra gli U.S. Open ai quali ho preso parte uno dei più belli. Torrey Pines mi piace molto perché premia chi gioca meglio. Nessuno fa score senza esprimere un livello alto di gioco. L’organizzazione è stata fantastica. Il motivo è che la USGA ha migliorato tanto negli ultimi 7/8 anni. Hanno assunto a tempo pieno ex Tour Player che fanno da tramite tra organizzazione e giocatori. Sono stati cambiamenti importanti che hanno reso la nostra vita più semplice.
E il campo come lo hai trovato? Non lo hanno reso ingiocabile come da fama USGA…
❱ Torrey Pines non aveva bisogno di grandi modifiche rispetto al solito. Ho trovato un set up simile a quello di febbraio al Farmers. Green e fairway erano più duri a causa del differente periodo dell’anno e il rough un po’ più folto, ma non molto diverso dal solito. La fama nasce dal problema che, quando si disputano gare in campi con tasso tecnico basso, la USGA deve renderli più difficili e si arrangiano come possono. Quando invece vengono ospitati da campi tecnici il percorso è già pronto.
E a Torrey Pines c’era di nuovo Pello Iguaran a passarti i ferri…
❱ Il suo ritorno è stato ottimo. Quando Mark Fulcher mi ha detto che voleva provare qualcosa di diverso e le nostre strade si sono divise ho pensato subito a Pello. Sono molto contento di riaverlo al mio fianco come caddie. Abbiamo trascorso tanto tempo al telefono e ci siamo capiti e aggiornati. È stata una prova importante e ci conosciamo bene. È stato bravo ad adattarsi al gioco e siamo entrambi contenti di come le cose stanno andando.
Ma cosa differenzia un caddie da un altro? Sappiamo che non si limita a passare i bastoni e dare le distanze. Cosa rende il connubio vincente?
❱ La cosa più importante è l’intesa a livello caratteriale. Bisogna avere modo di pensare i colpi prima di giocarli e vederli in modo simile, altrimenti si crea conflitto in campo e questo distoglie l’attenzione dallo score. In poche parole il loro lavoro è mettere il giocatore nelle condizioni migliori per esprimere talento sia dal punto di vista strategico che caratteriale e psicologico. Il livello dei caddie sui tour è mediamente elevato. L’intesa fa la differenza poiché non esiste un porta bastoni ideale ma ognuno ha le proprie preferenze. In alcune coppie guida più il giocatore mentre in altre il caddie tende a prendere le decisioni, con il giocatore che le mette in pratica grazie al proprio talento.
C’è rammarico per il tuo secondo giro allo U.S. Open? Eri partito alla grande.
❱ Il rammarico lo hanno tutti quelli che non hanno vinto! Ho giocato in crescendo sul gioco lungo e puttato bene per tre giorni. Ho sbagliato qualche putt corto nel secondo giro. Quando arrivi alla fine tiri una somma e vedi che la differenza è fatta sempre da pochi colpi. Però in generale sono soddisfatto, specie pensando da dove arrivavo con alle spalle solo una decina di giri negli ultimi tre mesi, sempre per problemi fisici. Non avevo una grande aspettativa.
Tornare a vedere in campo due Molinari per noi è stato emozionante. Il pubblico americano come ha reagito?
❱ C’era curiosità nel vederci in campo insieme specie dopo il primo giorno che abbiamo terminato entrambi in buona posizione. Personalmente è stato bello rivederlo fisicamente. Era da Natale 2019 che non ci vedevamo di persona. Un’eternità!
L’altro azzurro a Torrey Pines era Guido Migliozzi. Che tipo di giocatore è?
❱ Ci avevo giocato in Turchia un paio di anni fa. È un giocatore fantastico che ha avuto un debutto straordinario. Sarà difficile migliorare un risultato così per i futuri rookie. Non è stato sorprendente perché è arrivato in California in uno stato di forma davvero eccellente. Lui stesso era convinto di poter fare bene. Lo conosco poco, è un talento assoluto e penso non abbia limiti davanti a sé. Sarà bello vederlo crescere. Lui è una spanna sopra gli altri azzurri in questo momento e mi sembra ben organizzato anche a livello di staff.
Quali errori non dovrà commettere?
❱ Credo che con la sua personalità non potrà fare molto di sbagliato. Deve continuare a essere se stesso con aggressività in campo senza fare tanto di diverso. Lo lascerei il più libero possibile.
E il sorpasso nel World Ranking? Non ti rode?
❱ Negli ultimi anni mi hanno superato in tanti! Meglio essere sorpassato da un italiano che da altri. Lui può andare in una sola direzione, io spero di tornare a giocarmela presto ma in posizioni più rilevanti di quella attuale.
Obiettivi a medio termine?
❱ Dopo il Travelers vengo in Europa e poi le Olimpiadi. A livello personale, dopo l’ultimo periodo, essere in condizione fisica al 100% il più lungo possibile è l’obiettivo principale. Rientrare nella routine e trovare il ritmo gara sarà importante.
L’Open Championship al Royal St. George’s, per te non una novità. Che ricordi hai dell’edizione del 2011?
❱ Del campo ricordo poco ma ho ancora impresso vento e pioggia. In quelle condizioni è un campo tosto. Speriamo non sia così quest’anno.
Un clima di questo tipo non agevolerà gli americani, abituati a gareggiare in estate su percorsi sempre simili.
❱ Beh, non è un caso che negli ultimi anni l’Open Championship abbia avuto più vittorie europee che statunitensi. Noi del Vecchio Continente, avendo giocato tante gare giovanili in Scozia, Inghilterra e Irlanda, abbiamo imparato a districarci nel vento. Per gli americani è più complicato.
Per inglesi The Open fa capire quello che pensano del proprio major rispetto a tutti gli altri. E per gli americani?
❱ No, è tutto diverso. Per il popolo americano l’Open Championship è alla pari degli altri major, senza dubbio. Le condizioni meteo aggiungono un grande fascino insieme alla tradizione.
Giochi Olimpici: molti nomi importanti hanno rinunciato. Tu in Brasile dissi che non ti sentivi sicuro con la Zika. Oggi la situazione Covid non sembra migliore, anzi…
❱ C’è stato un grande fraintendimento legato alla mia rinuncia in Brasile nel 2016. Tutti pensavano che fosse legato al mio timore di contagiarmi con la Zika. Il vero problema era che Tommaso non era stato bene e non me la sentivo di lasciarlo da solo. Eravamo in America insieme, non lo avrei portato in Brasile sapendo che in USA eravamo più protetti con ospedali efficienti. Alle Olimpiadi speravo di andarci lo scorso anno come tutti. Idealmente ognuno vorrebbe vivere l’esperienza de Giochi in toto. In questo momento non c’è la possibilità di farlo normalmente. Andremo in Giappone con le regole che ci sono. Sono vaccinato e mi sento protetto. Inoltre il protocollo è molto rigido: non potremo andare in nessun luogo se non al golf e in albergo. Sarà strano ma rimane un’Olimpiade e cercherò di sfruttare al meglio l’occasione per me e per il mio Paese.
E l’Open d’Italia, è nei tuoi piani?
❱ È la stessa settimana del Tour Championship quindi la mia presenza sarà legata a come andrà la FedEx Cup. Il nuovo Marco Simone mi sembra molto bello da quello che ho visto tra foto e video. L’Open d’Italia per noi azzurri è sempre speciale e per me ancora di più avendolo vinto due volte. Ci sono tanti appuntamenti importanti prima. Sarò contento di prendere parte a questa storica edizione, ma se dovessi qualificarmi per le Finals del PGA Tour penso che i tifosi capiranno e mi sosterranno ugualmente.