Non spaventiamoci, il DP World Tour esiste ancora. Ha soltanto subito una metamorfosi importante, grazie alla quale vede ora più della metà dei suoi tornei organizzati al di fuori dei confini europei.

Per questo motivo da qualche anno si chiama DP World Tour, ovvero un circuito mondiale che ha tappe in tutti e cinque i continenti.

Sarebbe interessante intervistare i membri europei del DP World Tour per capire se sono tutti soddisfatti delle tante nuove opportunità di gioco guadagnate in seguito all’espandersi del circuito di casa in terre straniere o se, al contrario, avrebbero preferito che fosse ancora in vigore il vecchio calendario, che prevedeva una stagione agonistica più corta, con più tornei in Europa, meno viaggi lunghi e un numero decisamente inferiore di pesanti jet lag da sopportare.

Pro e contro del nuovo circuito

Difficile ipotizzare quale delle due alternative possa al momento riscuotere più consensi.

Quello che possiamo fare è cercare di individuare i pro e i contro del nuovo circuito europeo, che in questo momento sembra quasi più preoccupato nel garantire opportunità di gioco a giocatori over 40 e di altri continenti piuttosto che aiutare e favorire i giovani europei.

Come ben sapete, quando si passa al professionismo la strada per riuscire a ottenere l’ambita Carta del DP World Tour è lunga, tortuosa e molto costosa.

Dopo aver pagato una quota d’iscrizione superiore ai 3.000 euro bisogna infatti passare due prove di 72 buche, chiamate Stage 1 e Stage 2, prima di poter accedere ai sei giri finali della Qualifying School.

Solo al termine della lunga ed estenuante maratona di 108 buche verranno premiati i primi venti classificati con la tanto ambita Carta del DP World Tour. 

Si calcola che una percentuale bassissima dei giocatori iscritti allo Stage 1 riesca alla fine a ottenere la carta del tour, uno o due sui 2.000 iscritti!

L’altra alternativa per poter giocare sul tour maggiore europeo è quella di ottenere la Carta di uno dei vari circuiti inferiori, finire nei Top 5 alla chiusura della stagione per guadagnare la promozione sul Challenge e terminare poi quella successiva nei Top 20 per, finalmente, accedere al tanto desiderato DP World Tour, non certo una passeggiata.

Per questo motivo penso che tutti i giocatori che escono da queste lunghe trafile debbano per lo meno avere la possibilità di giocare il 75% dei tornei in calendario. Come abbiamo detto in precedenza, circa la metà delle gare del DP World Tour viene giocata al di fuori dell’Europa.

Le fatiche dei giocatori europei

Ovviamente tutto ciò ha un prezzo, e questo il più delle volte purtroppo viene pagato dai nostri giovani talenti che, dopo lunghi e costosi anni di rincorsa alla Carta del circuito maggiore, una volta ottenuto il meritato risultato finale si vedono scavalcati nelle liste di ammissione ai tornei da giocatori che non hanno mai messo piede in Europa…

Nel 2024 è stata infatti inserita la Categoria 17, che arriva addirittura prima, in ordine di ammissione ai tornei, rispetto a quella della Qualifying School, ovvero prima di quei giocatori che hanno fatto tutta la trafila imposta dal DP World Tour per ottenere la Carta del circuito.

Questa categoria è composta da otto giocatori provenienti da Giappone, Corea del Sud, Cina, India, Sud Africa e Australia.

Il più delle volte giocatori non molto conosciuti che non arricchiscono i nostri tornei in termini di valore e di interesse da parte del pubblico ma che tolgono posti preziosi a chi arriva dalla Qualifying School. 

Dobbiamo anche sottolineare che, nella maggior parte delle gare disputate in altri continenti, il numero di giocatori del DP World Tour ammessi è di per sé anche notevolmente inferiore, perché la metà dei posti sono riservati ai professionisti locali.

Per l’amor del cielo, che siano tutti benvenuti sul DP World Tour, a maggior ragione se parliamo di buoni giocatori, ma che lo facciano seguendo il percorso che fanno tutti i nostri giovani europei, ovvero iscrivendosi alle qualifiche.

 

Il golf a questi livelli non è un gioco, è ovviamente un lavoro molto duro e difficile

C’è da chiedersi se un giocatore europeo non possa essere più contento nell’avere un circuito con qualche gara in meno ma anche con un numero inferiore di ‘intrusi’ che possano a fine stagione levargli l’opportunità di lavorare sul tour.

Sicuramente i montepremi sono aumentati con il passare degli anni e il fatto che vi siano così tante gare, molte volte anche scomode da raggiungere, fa sì che anche i giocatori più bassi di ranking abbiano qualche possibilità in più di mettere la palla sul tee.

Molto spesso però questa possibilità arriva all’ultimo momento e crea quindi seri problemi organizzativi ai giocatori stessi, soprattutto quando la location del torneo si trova a parecchie ore di volo e con un fuso orario diverso.

Uno dei lati positivi di tutte queste gare organizzate dal principale circuito europeo in giro per il mondo è che i nostri giocatori imparano a competere su ogni tipo di erba, superficie e clima.

Esperienze molto utili a un giovane pro per sviluppare più skill e diventare più velocemente un giocatore completo e pronto a ogni evenienza.

Molto probabilmente quelli più navigati e con famiglia sarebbero più felici se il DP World Tour avesse meno gare lontane da casa e un numero inferiore di lunghe trasferte da affrontare ma in effetti è difficile accontentare chiunque, soprattutto in uno sport che vede giocatori di differenti fasce d’età competere nello stesso circuito.

Come migliorare il DP World Tour?

Certo è che se il Vecchio Continente avesse più soldi da investire nel golf il DP World Tour sarebbe molto più indipendente e potrebbe fare molte cose utili alla causa dei nostri atleti.

Di seguito vi sottopongo alcuni esempi.

Giocare di più in Europa e organizzare le gare invernali in nazioni che non ti chiedono di condividere il field, tipo gli Emirati Arabi Uniti.

Rinforzare il Challenge Tour a livello di montepremi e di qualità dei percorsi di gara, premiando ogni anno i primi trenta dell’Ordine di Merito con la promozione sul DP World Tour.

In questo circuito andrebbe anche diminuito il numero degli inviti dedicato ai giocatori del paese ospitante, per liberare più posti a favore di chi gioca a golf di mestiere.

Dare una regolata alla categoria che permette di giocare alle vecchie glorie che rientrano nei Top 40 in soldi vinti in carriera.

Questa possibilità dovrebbe poter essere utilizzata solo il primo anno in cui il giocatore perde la Carta, dopo di che, nel caso in cui il promoter voglia farli giocare, potrà semplicemente usare gli inviti che ha a disposizione.

Non credo sia giusto che un giocatore che ha giocato per tanti anni e che ha guadagnato parecchi milioni porti via un posto a un professionista a inizio carriera.

Nuove categorie per il DP World Tour?

Creare una categoria per i migliori amateur europei under 23, in modo che possano iniziare a giocare con i pro e prepararsi al meglio per la loro futura carriera.

Se vogliamo creare i nuovi fuoriclasse che  contribuiranno a breve a farci vincere le prossime Ryder Cup bisogna iniziare a programmare seriamente la crescita dei nostri giovani.

È anche vero che chi è forte viene fuori sempre e comunque, ma se lo aiuti da giovane ti sarà riconoscente a vita e rimarrà un fedele alleato del DP World Tour.

Come abbiamo già detto, con più soldi sarebbe ovviamente possibile aumentare i montepremi del DP World Tour e avere di conseguenza più punti del World Ranking ogni gara.

Sarebbe quindi anche più facile far restare i nostri fuoriclasse in Europa e non farli espatriare negli Stati Uniti, evitando una delle più grandi contraddizioni di questi ultimi anni.

Da parecchio tempo infatti ci si interroga su come riuscire a trattenere sul circuito europeo i nostri giocatori più forti.

Il PGA Tour

Peccato che in contrapposizione premiamo ogni anno i migliori dieci (non già esentati) della Race to Dubai con la Carta del PGA Tour…

Un premio stupendo, un’opportunità eccezionale per i nostri giocatori, che purtroppo andando a giocare oltre oceano, indeboliscono ancor di più il nostro circuito. 

Noi mandiamo negli Stati Uniti i nostri migliori giocatori mentre il PGA Tour ci manda chi finisce dal 126 al 200 posto nel loro Ordine di Merito, un cambio non certo molto favorevole.

Sappiamo bene quanto sia difficile trovare nuovi sponsor quando le nostre stelle non partecipano ai tornei di casa e non attirano quindi né il pubblico né i telespettatori.

Conclusione: tanta carne al fuoco e tante decisioni difficili e discutibili, ma alla fine la verità è una sola.

Al giorno d’oggi nello sport comanda chi ha più soldi da investire nelle competizioni, chi ne ha di meno può solo annuire ed obbedire.