I campi dalla West alla East Coast americana cambiano molto, la differenza è addirittura superiore anche rispetto a quella tra Nord e Sud Europa. Cambiano per clima, tipo di erba e anche terreno, così come per il disegno e l’architettura che sono parecchio diversi.
In Florida sono campi con più ostacoli d’acqua, meno ondulazioni e poche piante. La differenza rispetto alla California è netta. A Jon Rahm, ad esempio, piace molto la West Coast e non è un fan della Florida. Ci sono giocatori dove la preferenza è all’ennesima potenza. Chris Kirk ad esempio ha rinunciato a giocare a Los Angeles con 20 milioni di dollari in palio per concentrarsi più sulla Florida e direi che la vittoria all’Honda Classic ha premiato la sua scelta.
Verso il Masters
Per quanto mi riguarda, storicamente ho sempre performato meglio in Florida, che per certi versi può sembrare strano poiché si gioca sulla Bermuda, erba che non c’era nei campi dove sono cresciuto. Negli ultimi anni praticando in California si era invertita la tendenza mentre quest’anno sono “tornato alle origini”. Per certi versi questo mi rende ottimista perché nelle stagioni migliori avevo giocato meglio in Florida, speriamo che sia di buon auspicio!
In Europa c’è una netta differenza di condizioni, i percorsi sono corti e stretti ed è molto difficile trovare un campo preparato come quelli del PGA Tour.
In questo numero si tratta ovviamente l’argomento Masters, torneo del quale ho ottimi ricordi, compresa l’edizione del 2019 vinta da Tiger Woods. Certo, ottenere la vittoria sarebbe stato incredibile, ma già l’essere arrivati a giocarselo la domenica è una cosa che neanche si può immaginare.
Il mio Masters
Augusta è un campo dove all’inizio ho fatto molta fatica, poi con i progressi nel gioco corto e nel putt ho imparato a interpretarlo meglio. Mi è sempre piaciuto ma le prime volte mi ha fatto venire il mal di testa!
Il percorso è difficile per più fattori: sicuramente la velocità dei green, ma anche l’erba dei fairway, “pettinata” a uscire dal green, quindi con il verso contrario rispetto al movimento del bastone, fattore che rende più difficile colpire la palla in modo pulito. Un altro elemento d’insidia sono le pendenze dei fairway, che la televisione non rende correttamente. Non si ha mai la palla in piano per approcciare e faccio fatica a trovare una sola buca nei campi dove ho giocato con pendenze pronunciate come quelle di Augusta. L’insieme di tutti questi fattori rende decisamente complicato giocare bene.
A volte si spera nella pioggia, che in parte limita le difficoltà per due motivi principali: il primo è che i green diventano più lenti e “ricettivi”, rendendo più facile mettere la palla nelle posizioni giuste. La difficoltà più grande è quando i green e il campo diventano duri, restringendo di parecchio i margini di errore. Questo ha permesso ad Augusta di non apportare grandi cambiamenti, anche se le buche 5 e 11 sono diventati due par quattro lunghi. In compenso ci sono buche dove si giocano ferri medio corti al green.
Sicuramente le buche dell’Amen Corner restano le più delicate a causa dei margini ridotti per posizionare la palla. La 12 può sembrare banale ma quando c’è vento diventa di difficile valutazione perché le piante altissime influenzano il volo di palla con raffiche a tratti. Alcuni possono pensare: “Tiro un ferro in più e non metto in gioco l’acqua”. Però il green è corto e si rischia, non solo di mettere la palla in bunker, ma di infilarsi nei cespugli dietro, che è come andare in acqua. Ci sono solo sei metri per far atterrare la palla, quelli da metà del bunker corto a metà di quello lungo. In quei sei metri può succedere di tutto. Arrivo al Masters da outsider ma con tanta voglia di fare bene.
Augusta è un campo talmente unico che è impossibile fare una preparazione ad hoc. Ci si allena in generale e poi si fa un bel lavoro di adattamento alle condizioni nei tre giorni di prova, anche se, a dire la verità, gli organizzatori fanno i furbi. La domenica prima il campo è simile alla gara, poi nei tre giorni successivi rallentano i green, facendoli tornare veloci solo nel primo giorno di gara. La cosa migliore è prepararsi mentalmente ad essere più pazienti possibili e adattarsi alle condizioni, facendo del proprio meglio senza avere grandi aspettative.