Quali sono le qualità più importanti che un giocatore deve avere per poter vincere The Open?
Sicuramente saper uscire dagli schemi quotidiani e leggere gli inconsueti colpi che sarà chiamato ad eseguire.
Finalmente si torna in Europa
Dopo i tre major americani ci si sposta finalmente in Europa per disputare la 151esima edizione del torneo più vecchio e affascinante del mondo, l’Open Championship.
Attualmente il Vecchio Continente non gode certo di buona salute dal punto di vista golfistico, negli ultimi anni ha fatto molta fatica a progredire in ogni singolo aspetto agonistico di questo meraviglioso sport.
La vittoria di Jon Rahm al Masters è considerata un successo europeo ma in realtà è stata ottenuta da un giocatore cresciuto golfisticamente negli Stati Uniti. Se lo spagnolo fosse rimasto in Europa a studiare non sarebbe certamente diventato il numero uno del mondo in così poco tempo.
La situazione del golf nel Vecchio Continente
I nostri giovani sono infatti costretti a emigrare dall’altra parte dell’Oceano per poter continuare a giocare a golf e i nostri professionisti più forti, appena possono, vanno a cercar fortuna negli States o scappano sul LIV.
Il Challenge Tour, che dovrebbe essere la nostra ‘fabbrica di talenti’, offre troppe opportunità agli stranieri, ossia i non europei, e non protegge i nostri giovani emergenti che rappresentano il futuro del nostro sport.
Per assurdo, chi si è guadagnato la carta in maniera regolare e molto onerosa passando i vari stage dell’interminabile Qualifying School o lottando in uno dei circuiti inferiori, a inizio anno non riesce a giocare perché i tornei si disputano fuori dall’Europa e il suo posto è quindi occupato da giocatori che non hanno mai messo piede nel Vecchio Continente. Male, molto male!
Non ci resta che sperare in un meraviglioso Open Championship e in una vittoria nella tanto attesa Ryder Cup di Roma per far capire a tutto il mondo che il golf agonistico in Europa è ancora vivo.
Rory McIlroy è senza dubbio il grande favorito di questa edizione. È il giocatore più forte al mondo degli ultimi 15 anni e sta provando in tutti modi ad alzare nuovamente la coppa di un torneo del Grande Slam.
E quale migliore occasione potrebbe mai avere a disposizione il campione nordirlandese per coronare la sua lunga attesa e tornare a vincere un major dopo nove anni di digiuno?
La sede del prossimo Open Championship
La sede di quest’anno sarà proprio il Royal Liverpool, dove nel 2014 Rory alzò la sua tanto amata e desiderata Claret Jug.
Quell’Open Championship fu davvero fantastico, il giovane talento irlandese si presentò al top della forma e dominò le prime 54 buche, accumulando ben sei colpi di vantaggio sui diretti inseguitori, Rickie Fowler e Sergio Garcia.
Il giro finale fu davvero emozionante: i tre “enfant prodiges” si diedero battaglia tenendo con il fiato sospeso tutti gli spettatori fino alla 72esima buca.
La notizia positiva di questa 151esima edizione è che il carismatico Rickie Fowler sta attraversando un ottimo stato di forma e non mi sorprenderebbe vederlo nuovamente duellare con McIlroy fino all’ultima buca anche quest’anno.
La mia esperienza come caddie di Manassero nel 2014
Nel 2014 ebbi il piacere di fare da caddie a Matteo Manassero che giocò un ottimo torneo e terminò 19° partendo per il giro finale a ridosso del podio.
Conosco quindi bene il campo di Hoylake ma non è facile descrivere la difficoltà delle singole buche di un percorso links perché, come ben sapete, dipende tutto dalla direzione e dall’intensità del vento con il quale stai affrontando il giro.
Nei links le buche più semplici si possono in un attimo trasformare in impossibili.
Le buche e le insidie del Royal Liverpool
Ricordo che i par 3 del Royal Liverpool sono sicuramente molto impegnativi e con green delicati, ma la particolarità di questo splendido percorso è sicuramente rappresentata dalle buche finali che danno la possibilità a chi insegue il leader di attaccare e provare ad accorciare le distanze.
Il par 5 della 15 (la 16 nell’ultimo Open a Hoylake) e il lungo par 4 della 16 sono due buche parallele che si scambiano di identità a seconda del vento.
La nuova 15 ora misura oltre 550 metri e rimette in gioco i bunker che nel 2014 venivano volati, con due nuovi bunker sul lato destro.
Quindi sarà molto più un vero par 5 di quanto forse lo fosse nove anni fa e nel 2006 quando vinse Tiger. Se il vento verrà da est, diventerà una buca molto impegnativa.
La nuova 17, chiamata Little Eye, è un par 3 delicatissimo di soli 128 metri in cui, a seconda del vento, si può passare dal gap wedge al ferro 5.
La 18 è un par 5 molto particolare, un secco dog leg verso destra che ha il suo angolo di curvatura oltre i 330 metri e costringe quindi i giocatori che vogliono tirare al green a tagliare l’angolo e tirare sopra il fuori limite che costeggia la parte destra del fairway.
Chi vuole tentare di avvicinarsi all’asta con il secondo colpo deve infatti sfidare il limite del campo e far volare la palla sopra all’out per almeno 90 metri, prima di farla ritornare nello spazio aereo amico e atterrare dalle parti del green.
Insomma, un finale thriller che farà sicuramente stare attaccati alla poltrona milioni di spettatori.
La mia speranza è che dopo questi anni di siccità, rough secchi e leggere e calde brezze, si ritorni a giocare questo splendido major in condizioni difficili, con almeno un paio di giornate di vento intorno ai 30 km/h.
È vero, ci sono stati anche anni nei quali abbiamo a tratti assistito a climi infernali, dove si è velocemente passati dalla calma piatta a sessioni di gioco estreme, al limite della regolarità.
Ma questo è quello che il pubblico vuole vedere, la lotta per la sopravvivenza molto spesso interessa più delle ormai classiche battaglie a suon di birdie. È innegabile che a tutti noi scarsi golfisti piace vedere che anche questi campioni vadano qualche volta in difficoltà!
In condizioni estreme vince chi riesce ad inventarsi colpi ad effetto per domare Eolo e a contrastare le sue forti folate. Nelle giornate di vento, quando giochi sui link, dove il terreno è velocissimo e diventa difficile controllare la distanza, non bisogna mai perdere la calma, si deve saper accettare il fatto che può succedere di tutto in qualsiasi momento, sia nel bene che nel male ovviamente.
Quali sono quindi le qualità più importanti che un giocatore deve avere per poter vincere The Open? Sicuramente deve saper uscire dagli schemi quotidiani e saper leggere gli inconsueti colpi che sarà chiamato ad eseguire. Avere il pieno controllo degli effetti e dell’altezza di volo diventa quindi fondamentale per non rischiare di essere spazzati via dal vento.
In queste condizioni capita spesso di tirare un wedge da 180 metri e pochi minuti dopo un ferro 4 da 120, e quando il vento cambia direzione rispetto alla giornata precedente ti sembra di giocare su di un campo mai visto in precedenza e capisci il perché del posizionamento di alcuni bunker che nei giri di prova ti erano sembrati completamente fuori gioco.
Non ci resta che aspettare e vedere cosa ci offrirà il Royal Liverpool.