Per Silvio Grappasonni, la nomina di Bradley come capitano del team statunitense di Ryder Cup nel 2025 ha meravigliato tutto il mondo del golf.

Ma bisogna fare attenzione a non sottovalutarlo.

Parto con il dire che il futuro capitano degli Stati Uniti non mi sta particolarmente simpatico e ammetto che sarà difficile commentare la Ryder Cup l’anno prossimo, spero di non rompere qualche schermo…

Scherzi a parte, che la sua nomina arrivi come sorta di fulmine a ciel sereno e risuoni come premio di consolazione per la mancata convocazione al Marco Simone dello scorso anno, poco importa.

Alla luce di quanto successo a Roma e del disastro che ha fatto Zach Johnson convocando la sua cricca di amici, direi che la scelta di Bradley potrebbe non essere poi così sbagliata.

A Bethpage ci sarà bisogno di un sergente di ferro che non sta simpatico a nessuno ma che, contro tutto e tutti, prenderà di petto i giocatori e farà quello che decide lui. In fondo, il team USA è talmente forte che potrebbe funzionare. 

Keegan: capitano o capitano-giocatore?

E poi ricordiamoci che Keegan ha un conto in sospeso con la Ryder Cup. Basti pensare che la sua valigia dell’edizione di Medinah è ancora intonsa in cantina.

Non l’ha mai svuotata tornato a casa da quella disfatta subita nel 2012, quindi arriverà all’appuntamento con il coltello tra i denti.

Sicuramente mi ha fatto ridere la sua dichiarazione di voler provare anche a giocarla la prossima Ryder. Una frase quella uscita dalla bocca dell’americano non certo saggia.

Non ha idea di cosa lo aspetti, ci sono troppe incombenze tutte insieme.

Ormai una cosa del genere non può stare in piedi, sa di vecchio, forse funzionava trent’anni fa ma oggi sarebbe impossibile tra appuntamenti istituzionali, viaggi, incontri con il board e visite ai giocatori.

O si fa il capitano, un lavoro a tempo pieno, o ci si allena per qualificarsi ed entrare in squadra, non si può tenere un piede in due scarpe.

Se davvero volesse provare ad entrare nella rosa dei dodici deve rinunciare alla nomina.

Non dimentichiamoci che si giocherà in America dove i fattori temperamento e carattere saranno cruciali.

I pronostici di Silvio Grappasonni sulla Ryder Cup 2025

Ecco, in questo credo che Bradley potrebbe riservarci delle sorprese perché, al di là della simpatia o antipatia, è indubbio che abbia una fortissima personalità e competenza.

È sul circuito da vent’anni, conosce tutti, si sa muovere e ha già giocato questa manifestazione, conosce tutte le sue dinamiche.

Nella storia della Ryder ci sono capitani che, contro ogni pronostico, hanno dimostrato di essere dei grandi condottieri.

Volendo fare dei nomi, sul fronte europeo vi dico un Thomas Bjørn, alla vigilia non gli davo un euro e guardate cos’ha fatto a Le National nel 2018, così come Ian Woosnam, rivelatasi un’altra grande figura.

E il team europeo?

Arrivando a Luke Donald, azzeccatissima la riconferma anche per il 2025. L’inglese ha saputo creare un team di lavoro unito e affiatato, un sistema ben collaudato con Edoardo Molinari, pilastro fondamentale per le statistiche.

A noi però viene più facile fare squadra, ce l’abbiamo nel DNA, sappiamo stare insieme, creare gruppo, supportarci.

Sul PGA Tour sembra quasi che più che colleghi spesso si è nemici e questo è sempre stato il vero handicap della compagine a stelle e strisce.

L’anno prossimo noi europei arriveremo a New York con una squadra che sulla carta è ancora più forte rispetto a quella del Marco Simone.

Al di là delle certezze e delle bandiere come Rory McIlroy, potremmo avere entrambi i gemelli Højgaard che stanno facendo molto bene, Ludvig Åberg, che avrà due anni in più di esperienza sulle spalle, così come gli inossidabili Fleetwood e Hatton.

Ma la componente personalità sarà la carta che Donald dovrà giocarsi e, nel caso, cercare nelle sue scelte finali.

A parità di posizione in classifica, io prediligerei l’esperienza perché in America tra giocatori e pubblico avversario ce ne sarà ampiamente bisogno.

silvio.graps@gmail.com