Vi portiamo alla scoperta di Myrtle Beach, meta vacanziera situata sulla costa atlantica della Carolina del Sud, centro del Grand Strand, una striscia di spiagge lunga 60 miglia. Ad attendervi ci sono una novantina di campi di grande livello, una mecca imperdibile per qualsiasi appassionato.

Se la chiamano la capitale mondiale del golf un motivo ci sarà. Per esempio, che lungo il Grand Strand, la lunga costa atlantica che si sviluppa dal confine con la North Carolina fino a Sud per circa 60 chilometri, ci sono una novantina di campi che aspettano turisti da ogni angolo della terra per farli divertire.

Percorsi che portano la firma di tutti i più grandi architetti e designer del mondo. Così Myrtle Beach, in questo angolino a Nord Est della Carolina del Sud, si è meritata la palma di ‘Golf Destination’ numero uno d’America. E probabilmente del mondo.

Con un’offerta di tracciati così vasta, restare disorientati è un attimo.

Per questo, se si sceglie di fare una vacanza quaggiù e bene informarsi e venire preparati, in modo da non disperdere energie e concentrarsi sui posti che conviene vedere e sui campi che meritano di essere giocati.

E qui entriamo in gioco noi, che da più di vent’anni frequentiamo quest’angolo della costa atlantica.

Primo consiglio per chi decide di venirsi a divertire, sacca al seguito, a Myrtle Beach. Scegliere una zona ben precisa e concentrarsi sui campi lì intorno.

I resort che ospitano tre o addirittura quattro percorsi non sono l’eccezione e garantiscono tariffe agevolate per chi risiede al loro interno.

I percorsi del Barefoot Resort & Golf

L’esempio migliore viene dal Barefoot Resort & Golf che ospita ben quattro percorsi firmati niente di meno che da Greg Norman, Pete Dye, Tom Fazio e Davis Love III. Il gotha del golf insomma.

Il resort, situato a Nord di Myrtle Beach, è un vero e proprio paradiso per il golfista: spazi immensi, due club house meravigliose, una struttura di pratica enorme (che si raggiunge con una navetta in pochi minuti) con annessa golf academy.

E, come dicevamo, ben quattro campi uno più bello dell’altro. Cominciamo dal percorso disegnato da Tom Fazio. Par 72, 6.249 metri dai tee di campionato, questo campo si snoda fra colline e percorsi d’acqua sapientemente inseriti all’interno di buche altamente spettacolari. 

Già l’approccio con il percorso, con la buca 1, lascia intendere a cosa si andrà incontro.

Un par 4 dogleg a destra con acqua sulla sinistra a punire i ganci e bunker sulla destra ad impedire di tagliare verso il green se non si è dotati di un drive molto potente.

Ma è il finale a restare impresso: la buca 16 è un par 3 da 198 yard (circa 180 metri) costeggiato dal lago sulla destra.

La 17 un lungo par 4 con tee shot a volare sopra lo stesso lago verso un ampio fairway.

La 18 un lunghissimo par 4 stretto fra l’ostacolo d’acqua a sinistra e i pini a destra. Insomma, un vero spettacolo e tante insidie.

Il campo progettato da Greg Norman

Non meno bello è il percorso disegnato da Greg Norman, altro par 72 con una lunghezza di 6.433 metri dai tee di campionato.

Qui la particolarità sono le buche che si sviluppano lungo la Intracoastal Waterway, il lunghissimo canale navigabile che gli americani costruirono durante la Seconda guerra mondiale per permettere la navigazione al sicuro dai sottomarini tedeschi che pattugliavano la costa atlantica.

Norman ha scelto di caratterizzare il suo percorso con numerosi bunker in posizioni strategiche e l’utilizzo esteso delle waste area, zone di natura lasciate allo stato selvaggio che rappresentano ostacoli micidiali.

L’esempio più tipico viene dalla buca 13, lungo par 4 con il fairway che si stringe in prossimità del green proprio a ridosso della waste area.

Completamente diverso il percorso di Davis Love III, un par 72 di 6.443 metri, che ha un respiro più ampio e con un tocco di originalità.

Le buche 3 e 7, per esempio, hanno al loro interno delle rovine di una vecchia casa padronale di una piantagione del Sud che danno un tocco di storia all’esperienza golfistica. 

Ma la sfida certamente più impegnativa arriva dal percorso tracciato da Pete Dye. A differenza degli altri tre, questo campo è privato ed è aperto solo parzialmente agli ospiti.

Per sua natura è quindi più esclusivo e più curato (ma vi assicuriamo che anche gli altri tre non scherzano) ma anche più difficile.

Questo par 72 di 6.714 metri nasconde insidie ad ogni angolo e costringe a lunghissimi tiri dal tee per superare waste aree terribili prima di approdare ai fairway.

Scegliere bene il tee dal quale giocare è imprescindibile per non rovinare quella che potrebbe essere un’esperienza davvero unica e indimenticabile.

I tracciati da campionato del TPC di Myrtle Beach

Volendo cambiare radicalmente tipo di campo, e volendosi spostare in una zona più centrale, la scelta non può non cadere sul TPC di Myrtle Beach.

Qui siamo nella crema della crema del golf, su un percorso che mette regolarmente alla prova i professionisti e che per i dilettanti rappresenta una sfida non indifferente.

Così come non è indifferente la bellezza di un percorso lunghissimo che si snoda all’interno di una pineta. Con tutti i pericoli che ne conseguono.

Nell’affrontare questo par 72 di 6.355 metri di lunghezza, bisogna ricordarsi che è stato costruito per i professionisti e, pur essendo aperto a tutti (e ad un prezzo nemmeno eccessivo per la qualità del prodotto offerto visto che i green fee si aggirano attorno ai 100 dollari) non si può dire che sia per tutti.

Non per niente ha ospitato numerosi Senior Open della PGA ed è l’unico campo che si merita le 5 stelle di Golf Digest.

Al di là della lunghezza delle buche (ostacolo facilmente aggirabile partendo dai tee avanzati) le insidie arrivano dai numerosi ostacoli d’acqua e dall’altissima pineta che incombe su tutti i fairway punendo ogni colpo che non sia più che dritto.

Memorabile, al proposito, la buca 18. Un lungo par 5 che riporta verso la club house costeggiato a sinistra dall’ostacolo d’acqua e a destra dalla pineta.

True Blue e Caledonia

Volendo cambiare ancora tipo di campo e zona di interesse, vi consigliamo di spingervi più a Sud per provare i campi gemelli True Blue e Caledonia.

Si tratta di due percorsi altamente spettacolari che finiscono immancabilmente nella top 100 dei campi pubblici più belli degli Stati Uniti. E non per caso.

True Blue è stato il quarto campo disegnato da Mike Strantz, aperto nel 1998, quattro anni dopo l’apertura del suo gemello, il Caledonia, disegnato anch’esso da Strantz.

Si tratta di due veri e propri gioielli che appagano l’occhio tanto quanto il piacere del gioco. Caledonia, in particolare, vanta una “coreografia floreale” da far invidia a un giardino botanico.

True Blue è forse più tecnico e le sue buche si susseguono regalando sorprese una dietro l’altra.

Qui, più che gli ostacoli d’acqua, a far paura sono i bunker, alcuni veramente immensi, che rendono necessario un piazzamento di palla molto accurato.

L’esempio più clamoroso viene dalla buca 13, lungo par 4 con enormi ostacoli di sabbia che si allungano lungo tutto il fairway sia a destra che a sinistra e con un altro insidiosissimo bunker proprio davanti al green che diventa imprescindibile prendere di volo.

Sul Caledonia, invece, è l’acqua a farla da padrona (non per niente il circolo si chiama Caledonia Golf & Fish Club).

Quella che un tempo era una piantagione di riso è stata trasformata in un percorso di una bellezza più unica che rara, in cui ogni buca sembra appartenere ad un mondo tutto suo destinata a non ripetersi mai. 

Strantz ha riservato il meglio per la fine, con una buca 18 che ha pochi uguali. Un par 4 di 350 metri con il fairway che si sviluppa in diagonale verso sinistra lasciando spazio, sulla destra, ad un ampio lago.

Ma i veri problemi arrivano sul secondo colpo: il green, infatti, è sulla sponda opposta dell’ostacolo d’acqua, proprio sotto la splendida club house. 

Sarete abbastanza coraggiosi da tentare il colpo o vi affiderete a un più prudente lay up? 

A voi la risposta.